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Si torna nell'orto, almeno in Toscana!



Cosa cambia

Con un'ordinanza la Regione Toscana, "preso atto che, soprattutto in questa fase primaverile, lo spostamento dalla propria abitazione per lo svolgimento delle attività di coltivazione del fondo agricolo può essere giustificato facendolo rientrare nelle situazioni di necessità di assoluta urgenza, in quanto il mancato svolgimento in questo periodo dell’anno di alcune pratiche agricole indifferibili può compromettere tutta la produzione, con conseguenti ricadute negative non solo per il singolo produttore ma anche con ricadute negative di carattere generale in termini di rischio idrogeologico e rischio di incendi boschivi", ha restituito ai propri cittadini il diritto di raggiungere l'orto per le esigenze indifferibili di coltivazione. 

Cosa si può fare

La Regione Toscana ha ritenuto "opportuno prevedere, in via precauzionale, che lo spostamento all'interno del proprio comune o verso altri comuni giustificato per motivi di assoluta necessità correlati allo svolgimento di attività agricole amatoriali possa essere effettuato esclusivamente alle seguenti condizioni: 
a) che avvenga non più di una volta al giorno,
b) che sia effettuato da massimo due componenti per nucleo familiare,
c) che le attività da svolgere siano limitate a quelle necessarie alla tutela delle produzioni vegetali e degli animali allevati, consistenti nelle minime, ma indispensabili operazioni colturali che la stagione impone".

Cosa fare nell'orto in questo momento

Come abbiamo appena visto, l'ordinanza consente di svolgere nell'orto le operazioni colturali essenziali e indispensabili in questo momento. Oltre a un criterio di stagionalità dei lavori, se abbiamo rispettato le disposizioni precedentemente vigenti, si deve tener conto di ciò che non abbiamo fatto fino ad ora.

Tra le cose da fare, per chi coltiva l'orto secondo tecnica tradizionale, c'è sicuramente preparare il terreno per le nuove semine e piantagioni. Che lo si faccia con attrezzi manuali vangando, zappando e rastrellando o con l'ausilio di qualche mezzo tecnico motorizzato dal punto di vista agronomico poco cambia, se non nei tempi, nello sforzo e nell'impatto ambientale delle nostre operazioni. Ricordo che la vangatura o l'aratura possono essere precedute dalla dispersione in superficie di fertilizzanti minerali o organici, inclusi gli ammendanti, quali il compost da rifiuto organico o, se avete la fortuna di disporne, del letame di stalla. Durante la lavorazione questi materiali verranno interrati a favore dell'assorbimento radicale. Ricordo anche che non tutti gli ortaggi gradiscono una concimazione organica abbondante immediatamente prima della piantagione, come accade per le cipolle.

Una volta preparato il letto di semina, si procede con i trapianti delle piante già disponibili e con la semina delle altre. Tra le semine direttamente a dimora possibili d'ora in poi ricordo le angurie, i poponi, il basilico, le bietole, le carote, i fagioli e altri legumi primaverili - estivi, i ravanelli, le lattughe da taglio, le zucche e le zucchine, il prezzemolo e molti altri ortaggi. E', inoltre, possibile trapiantare vari tipi cavoli, le cipolle, i porri, le lattughe e varie "insalate"  e, man mano che cresceranno le temperature notturne o in presenza di adeguate protezioni dal freddo, ortaggi primaverili - estivi, quali pomodori, peperoni e melanzane.

Per chi, nel rispetto delle norme di lockdown, ancora non lo avesse fatto, è possibile procedere alla piantagione delle patate. In questo caso, nel terreno precedentemente lavorato si praticano dei solchi in cui si distribuiscono i tuberi eventualmente tagliati in due o più parti.

Per chi intende sperimentare un po' o ne ha già l'abitudine, questo è il momento buono per seminare il mais, incluso quello da pop-corn, e il girasole. Col consolidarsi delle temperature primaverili potremo seminare anche le arachidi e piantare il topinambur.

Tra le altre attività da svolgere, figurano la raccolta di ciò che rimane di produttivo dell'orto invernale e l'inizio della lotta alle piante indesiderate che cominciano anche nella loro versione primaverile. Sarchiature e scerbature cominciano, quindi, a rendersi necessarie dove non siano state utilizzate idonee pacciamature. La stagione incredibilmente arida che stiamo vivendo nel lockdown può richiedere, soprattutto nei terreni più drenanti, interventi di irrigazione, sia per piante appena messe a dimora o seminate, sia per quelle derivanti dalla coltivazione invernale. In tutti i casi, è bene ricordare che a dover essere inumidito è il terreno, non la pianta. Le bagnature fogliari potrebbero, infatti favorire lo sviluppo di malattie. Proprio per prevenire queste ultime, per chi ha voglia di cambiare un po', potrebbe essere utile ricorrere a consociazioni, cioè ad abbinamenti di piante, che sfavoriscono la diffusione di patogeni e parassiti. In tempi più tranquilli di questi, in tal senso, potrebbe essere utile ispirare il nostro coltivare ai principi dell'orto sinergico.

Gioverà ricordare che l'abbruciamento dei residui colturali in questo momento è vietato per l'elevato rischio legato agli incendi e sconsigliabile perché si tratta di una pratica dannosa per la conservazione della sostanza organica nei terreni. Per fugare il timore di perpetuare delle malattie nell'orto, è possibile farne un cumulo e compostarli.

Cosa fare a casa per evitare di recarsi all'orto

Molti orticoltori hanno l'abitudine di svolgere tutte le operazioni nell'orto. Del resto, farle altrove sembra un controsenso o pone qualche difficoltà tecnica in più. Tuttavia, alcune cose possono essere fatte senza muoversi troppo da casa. 
Per esempio, se abitualmente non si ricorre all'acquisto delle piante, ma si procede con la semina in ambiente protetto, e si dispone di uno spazio domestico esterno da utilizzare come semenzaio, per alcuni ortaggi è possibile procedere alla semina in vasetti e altri contenitori. Dopo la semina li potremo mettere in un ambiente riparato dalle intemperie e dal freddo notturno e solo quando saranno pronti per il trapianto si porteranno all'orto. Dal momento che i bambini non sono a scuola, questa circostanza potrebbe essere una ghiotta occasione per coinvolgere figli e nipoti, purché conviventi, in questa fase di lavoro. Non me ne vogliano gli amici produttori e rivenditori di piante, ma questa sarebbe sia una grossa occasione di apprendimento per molti bambini, sia un'opportunità per limitare gli spostamenti sul territorio. Per chi avesse voglia di abbinare le semine utili per l'orto ad un momento di home schooling agricolo e di scambio intergenerazionale di saperi, metto qui sotto un paio di video pensati per i bambini che vanno a scuola e per quelli del nido. Ci sono anche proposte non proprio canoniche per chi fa l'orto in modo serio(so), ma sono un'opportunità di scoperta e, forse, un'occasione per riportare alla memoria qualche bella narrazione, almeno da parte dei nonni e delle nonne.


tutorial per le semine con bambin* di età fino a 6 anni


il compito green per bambin* e ragazz* di scuola primaria e secondaria



Orto o museo?

Le vacanze, si sa, sono un periodo interpretabile in molti modi. Per molti sono un momento di riposo, ma io non sono mai arrivato al loro termine riposato, anzi. Sono, però, un periodo in cui la mente riesce a distaccarsi dall'ordinario e a prestare attenzione al resto. Quest'anno le mie vacanze sono state guidate soprattutto dalla passione di mia figlia Luna per l'arte e dalla sua voglia di scoprire Amsterdam. Mi sono, così, detto che il tema portante della mia attività professionale, cioè l'orto visto in chiave educativa, didattica e sociale, avrebbe dovuto starsene alla larga dalle nostre intenzioni di visita.
E' andato tutto piuttosto bene finché non sono entrato nella reception di un albergo, per altro scelto sulla base di criteri assai lontani dal mondo degli orti. Mentre salutavo il signore che ci stava accogliendo, il mio sguardo è caduto su un volantino che ha immediatamente cambiato le successive 24 ore della vacanza. Si trattava del flyer promozionale del "Museum Garden Gaasbeek", posto a mezz'ora d'auto da Bruxelles.

L'orto/giardino in questione occupa uno spazio che già in passato ospitava i giardini del Castello di Gaasbeek, ma ciò che stupisce è la finalità per cui, qualche anno fa, è tornato a nuova vita: "This is a completely newly built garden, specially designed to suit its purpose as a museum garden". Sì, l'orto/giardino che possiamo visitare oggi è di nuova realizzazione e il suo scopo è quello di essere un museo. Un museo vivente!

Come recita il volantino, uno degli scopi del Museum Garden è quello di rendere consapevole la popolazione belga del ruolo e dell'importanza avuti dal Belgio nel campo dell'orticoltura e della coltivazione di alberi da frutto nel XIX secolo e fino alla Seconda Guerra Mondiale. Proprio per questo motivo, nel museum garden vengono coltivate varietà orticole e frutticole antiche e caratteristiche e, per gli alberi da frutto, come vedremo, le forme di allevamento sono davvero molto particolari e caratteristiche di epoche passate.

Per raggiungere i propri scopi documentativi e didattici il Museum Garden è articolato in varie aree funzionali che provo a descrivere secondo il mio percorso di visita evidenziando, caso per caso, gli aspetti che più mi hanno colpito. In tal senso, il primo e più importante elemento è il fatto che le specie orticole e frutticole sono coltivate e presentate in un contesto di vero e proprio giardino, quindi tenendo conto di aspetti estetici e di comfort, condizione che invoglia alla visita anche chi non ha un interesse specifico, come può essere il mio.

Subito dopo l'ingresso, svoltando a destra, si entra nell'ampia zona del kitchen garden. Qui troviamo in coltivazione un gran numero di ortaggi e fiori, soprattutto varietà di dalie, che sono mostrati nelle loro caratteristiche e che possiamo vedere, secondo l'epoca della visita, nella tipologia e nello stadio di sviluppo propri del momento. Questo ci parla di stagionalità di produzione, ma ci racconta anche che quando fu realizzato il giardino precedente fu fatta un'importante scelta in termini di localizzazione e sistemazione dello stesso. Il museum garden, infatti, si trova in una zona in cui le temperature invernali, a dispetto di ciò che si potrebbe pensare, sono abbastanza miti e il sito scelto ha temperature mediamente superiori di alcuni gradi alla media della zona. Inoltre, i muri perimetrali del vecchio giardino assicurano protezione dai venti e riescono a funzionare come volani termici che accumulano calore durante le ore diurne per cederlo durante la notte. Vi si trovano, così, ortaggi comuni in coltivazione anche nelle zone mediterranee, sebbene di varietà adatte alle condizioni locali. E' possibile vedere a confronto alcune tecniche di coltivazione, come quella su terreno sarchiato, cioè regolarmente sottoposto a lavorazioni per controllare le erbe infestanti e rompere la crosta superficiale, e quella con pacciamatura di paglia, cioè ricoperto per ostacolare le malerbe e trattenere l'umidità. Sono, inoltre, mostrati alcuni accorgimenti tradizionali per proteggere le piante nelle prima fasi di sviluppo, come le mini-serre che si vedono nella fotografia qui sopra.

Un altro aspetto che spicca nella "collezione ortiva" è la biodiversità nel mondo degli ortaggi. Essa può essere apprezzata a vari livelli. In alcuni casi, ciò richiede una certa competenza nell'individuare, anche attraverso i cartellini esplicativi presenti nell'orto, le varietà di appartenenza di ortaggi appartenenti a una singola specie. In altri casi, come quello illustrato nella fotografia a lato, il colpo d'occhio ci racconta che dietro la parola "cavolo" ci sono piante diverse, vere e proprie specie distinte, e anche varietà diverse in seno alla stessa specie. Le forme e le colorazioni di queste piante rendono molto bene l'idea. In questo modo, anche chi non ha particolari competenze può apprezzare proprio l'idea di biodiversità agraria.

I pomodori sono per lo più protetti da una struttura temporanea che li copre per ridurre le bagnature dovute alle rugiade notturne e alla pioggia. E' lì che faccio una delle scoperte della mia mattinata di visita. Mentre osservo le diverse varietà, infatti, mi imbatto in un "tomato lichi": una pianta di pomodoro con le spine! Benedico Google e scopro che si tratta di Solanum sisymbriifolium Lam., una solanaceea (famiglia botanica cui appartengono patate, peperoni, melanzane e pomodori) affine al pomodoro che matura i frutti dentro una sorta di involucro spinoso. Nonostante sia segnalata una possibile tossicità di alcune sue parti e dei suoi frutti non maturi, i motivi di interesse sono altri. Il primo è che contiene una sostanza che li protegge da alcuni parassiti e che sono coltivabili in consociazione, cioè in abbinamento, con le patate per proteggerle dai nematodi (parassiti radicali). Il secondo è che sono anche coltivati come siepe stagionale spinosa e capace, quindi, di costituire un ostacolo per alcuni animali. Non male per essere "un pomodoro"! Ma c'è un aspetto interessante sul piano didattico: si propongono alcune soluzioni tecniche, come la copertura, e un nutrito set di varietà che forniscono anche al visitatore meno preparato e attento l'idea che dietro al gesto del coltivare ci sia, anzi ci debba essere, una competenza importante che è vera e propria cultura.

Superato il kitchen garden, si entra in una nuova grande "stanza" in cui il tema dominante sono i frutti. Vi si trovano sia alberi da frutto di specie diverse, dai peri ai fichi, dalle prugne ai meli, e piante a bacca o piccoli frutti. La loro collezione riprende un tema che ci ha già accompagnati del kitchen garden, così il berry garden e il frutteto danno spettacolo con le forme di allevamento degli alberi, cioè con i modi in cui le piante sono fatte crescere e vengono conformate. E' un tripudio di sostegni, potature fatte ad arte, legature. E' vera e propria arte associata alle piante. Gli alberi da frutto sono presentati in soluzioni in cui l'estetica ha un valore assoluto dimostrando che si possono coltivare frutti donando bellezza e stupore al giardino.





I due temi, quello dei frutti e quello delle forme di allevamento, ci accompagnerà anche in altre "stanze" del museum garden, sebbene con chiavi diverse. Intanto, passando dai settori più formali del giardino a quelli che ci restituiscono il senso paesaggistico che possono assumere i frutteti, si incontra lo shadow garden, il giardino ombreggiato. Siamo nel mondo delle hosta e di altre piante adatte a spazi poco luminosi, come la pachysandra, la waldsteinia, la pulmonaria, gli ellebori e gli aconiti, e, soprattutto, il giardino assume una fisionomia e un'estetica nuova, improvvisamente piacevole e paesaggistica.

E' quasi un diversivo che ci porta agli spazi improvvisamente aperti, curati e colorati in cui agli alberi da frutto di grandi dimensioni, tra cui dei saporitissimi meli, fanno paesaggio. Colpiscono la disposizione geometrica accurata e le protezioni poste alla base degli alberi. Qui sarà davvero difficile vedere le macchine per il taglio dell'erba urtare contro i fusti e danneggiarli irrimediabilmente, come spesso accade nei giardini nostrani. Ma gli alberi da frutto, si sa, hanno bisogno di impollinatori. Allora, quasi a volerci scaraventare in un quadro di Monet, tra i filari compaiono fiori che attraggono e alimentano gli insetti pronubi (impollinatori).
Ancora una volta, sono incanto e bellezza a far da padroni, a testimonianza della capacità dell'agricoltura di produrre paesaggio di pregio estetico quando il suo obiettivo economico non è strettamente connesso al solo raccolto dei prodotti. L'Unione Europea inserisce questa capacità nella multifunzionalità dell'agricoltura (1) e molte aziende agricole che svolgono attività agrituristica e didattica potrebbero trovare ispirazione in questi spazi.

La visita non è finita e il tema degli alberi da frutto torna con prepotenza alla ribalta nella "stanza" in cui entriamo per tornare verso l'ingresso. Qui le forme di allevamento più diverse e disparate sono messe a confronto e descritte tramite un'apposita cartellonistica e, soprattutto, alle forme di allevamento tradizionali sono messe a confronto quelle più moderne, con le piante ridotte in dimensione grazie ai portinnesti nanizzanti (2) e la conformazione della pianta vocata alla riduzione dei costi di produzione. Entrare nel dettaglio tecnico, ancora una volta, richiede competenza, ma il confronto visivo diretto spiega molte cose anche a chi è in visita per godersi lo spettacolo del museum garden. Addossate al fruit shed, una sorta di capanno in cui si vede come venivano conservati in passato i frutti raccolti, campeggiano nuovamente tre piante da frutto offrendoci un nuovo spettacolo. E' difficile non pensare che mani sapienti possano guidare le piante nell'assumere le forme più disparate.


Tornando verso l'ingresso, proprio quando sembra di esser giunti alla fine della visita, si viene irrimediabilmente catapultati verso il giardino all'italiana vivendo la strana sensazione di potersi trovare nella campagna toscana o laziale. La voglia di scendere le scale e di muoversi tra i ricami del giardino quasi impedisce di apprezzare l'orangerie, in cui vengono ricoverati gli agrumi. Impossibile, invece, non apprezzare l'originale vigneto sulle superfici erbose in pendio. I polmoni si riempiono d'aria mite e lo sguardo vaga all'orizzonte. La visita è finita, ma nascono i propositi. Chissà cosa ne scaturirà. Di sicuro, l'idea che questo museo sia un luogo, un orto, in cui tornare per imparare ancora.


***NOTE AL TESTO***


(1) “Oltre alla sua funzione primaria di produrre cibo e fibre, l’agricoltura può anche disegnare il paesaggio, proteggere l’ambiente e il territorio e conservare la biodiversità, gestire in maniera sostenibile le risorse, contribuire alla sopravvivenza socio-economica delle aree rurali, garantire la sicurezza alimentare. Quando l’agricoltura aggiunge al suo ruolo primario una o più di queste funzioni può essere definita multifunzionale.” (Oecd 2001).

(2) La pratica dell'innesto consiste nell'unire parti di due piante a formare un unico individuo funzionale. Una delle due piante, detta nesto, fornisce la parte che si sviluppa in altezza dà origine ai frutti. L'altra, detta portinnesto, dà luogo ad una parte del fusto e alle radici. Alcuni portinnesti, detti nanizzanti, riducono l'accrescimento del nesto inducendo un nanismo che nell'agricoltura moderna è considerato vantaggioso per le semplificazioni e i risparmi dovuti alla ridotta dimensione della pianta.


***ALCUNE FOTOGRAFIE DI PARTICOLARI CHE MI HANNO COLPITO***

Comunicare 1 - bacheca esplicativa
Comunicare 2 - cartello esplicativo

Comunicare 3 - cartello esplicativo
Comunicare 4 - cartello esplicativo multilingue girevole
Comunicare 5 - cartello esplicativo multilingue girevole
Comunicare 6 - cartello descrittivo delle forme di allevamento
Bottiglia entro cui viene fatto crescere un frutto.
L'imbiancatura serve per evitare danni da calore al frutto.
Punto di innesto di melo allevato su portinnesto nanizzante
Alcune piante suscettibili di malattie fungine sono coperte
per evitare le bagnature di rugiada e pioggia.
Protezione alla base degli alberi da frutto
Terreno lavorato alla base degli alberi da frutto
Protezioni contro gli uccelli per le piante a bacca piccola

Oblò con bacheca esplicativa che consente di affacciarsi
sullo spazio che ospita le arnie (irraggiungibili dal pubblico)





Labirinti, angoletti e "spin off"

Foto presa in prestito dal sito "Piccola Penna"
Lucca, la città da cui è iniziata l'avventura di orticoltura didattica a scuola che mi vede coinvolto in prima persona, è una splendida città d'arte dalla ricca storia. Il suo duomo ospita una statua lignea del Cristo nota col nome di "Volto Santo" che per secoli è stata oggetto di pellegrinaggio da parte di chi percorreva la Via Francigena in direzione di Roma. Proprio al passaggio dei pellegrini sembra essere legata la presenza di un labirinto inciso su una delle colonne della cattedrale. Il labirinto è integro, salvo una scalfitura che da alcuni è attribuita ad un'unghiata del diavolo. Qualunque sia il significato del labirinto (si veda in proposito il sito di "piccola penna"), esso ha un grande valore simbolico ed è stato d'ispirazione quando abbiamo deciso di creare un settore speciale dell'orto scolastico della "The bilingual school of Lucca". Quel settore accoglierà piante capaci di stimolare i sensi e avrà la forma di un labirinto. Anzi, già è così, sebbene sia ancora in fase di realizzazione.

Tutto è iniziato con una passeggiata per la città che ci ha portati proprio davanti al duomo per osservare il labirinto. Subito dopo è iniziata la progettazione del labirinto dell'orto scolastico. Noti i dati geometrici di riferimento, sostanzialmente imposti dalle dimensioni dello spazio disponibile e dalla necessità di sviluppare in esso sia spazi in cui camminare, sia delle strisce di terreno in cui posizionare piante arbustive ed erbacee, i bambini hanno elaborato progetti individuali restituiti tramite un disegno. In parallelo si è proceduto al tracciamento dei cerchi su cui avrebbe dovuto essere impostato il labirinto. Sulla base delle suggestioni lanciate dai bambini si è passati alla lavorazione del terreno per avere un vero e proprio labirinto coltivabile.

Tale lavorazione, pur iniziata con i bambini, è stata svolta durante le vacanze di Pasqua così da far trovare il labirinto pronto per le piantagioni al rientro a scuola. La lavorazione è stata svolta manualmente e ha consentito di sagomare il terreno rialzandolo un po' rispetto al prato originario, cosa che metterà alcune piante al sicuro dai ristagni d'acqua che non mancano nei periodi piovosi.
Come testimoniato dalle immagini, la costruzione del labirinto è stata anche un'occasione per studiare geometria, introducendo il raggio e il diametro, e per inventare un compasso capace di tracciare un cerchio del diametro di sei metri, oltre che di utilizzare un sistema di tracciamento di linee a terra adeguato alla situazione (abbiamo usato polvere di gesso).

Completata la preparazione del labirinto è finalmente iniziata la fase di piantagione. Per il momento il labirinto ospita soprattutto bulbi, per lo più portati direttamente dai bambini, alcune piante aromatiche (salvia, rosmarino, timi, salvia ananas, santolina, elicriso, ecc.) e qualche fragola. Il centro del labirinto è stato simbolicamente seminato con un mais ottofile marchigiano e con girasole. Lo spazio per piantare è ancora molto e l'avventura del labirinto può ben dirsi "work - in - progress".
Nonostante questo è già molto chiaro che le cose più importanti che sono state seminate si chiamano cooperazione e condivisione.

Come scritto in apertura, Lucca è stata il luogo di partenza della storia raccontata della mia avventura nel mondo degli orti scolastici. Una storia che si tinge d'orto, ma che spesso lo reinterpreta per favorirne la capacità di fornire alla scuola e ai servizi educativi opportunità in linea con la loro mission. Il fare orticoltura didattica ha assunto una declinazione assai particolare nei nidi d'infanzia del Comune di Quarrata (PT) dove  è stata inserita nelle attività del PEZ - progetto educativo zonale - rivolte ai bimbi della fascia 0-3 anni. In questo contesto l'orto è stato trasformato in esperienza manuale e sensoriale e, a seconda delle opportunità offerta dai singoli contesti, ha dato luogo alla coltivazione di ortaggi e piante aromatiche in piena terra, alla piantumazione di alberi da frutto, alla nascita di orti in cassetta e allo svolgimento di laboratori con i genitori dei bambini. In quest'ultimo caso si svolgono semine in vari tipi di contenitori che vengono poi portati a casa e lì cresceranno con la cura attenta dei bambini.

Tra queste cose se ne è inserita una che a ha assunto particolare importanza. Si tratta della nascita di un piccolo angolo destinato a raccogliere le piante portate al nido dai bambini della cui cura si faranno man mano carico le famiglie. L'angolo in questione è una porzione di prato di difficile gestione proprio per la peculiare forma geometrica. Esso è stato vangato ed è diventato le scenario di lancio di un invito alle famiglie, cioè quello a piantare o seminare qualcosa.
L'invito è stato rafforzato in occasione di due laboratori di orticoltura rivolti ai bambini con le rispettive famiglie e il successo è stato notevole: non solo sono arrivate molte piante, ma le persone sono state capaci di cooperare per la messa a dimora delle stesse.

Il risultato è che un angoletto anonimo e problematico è divenuto un luogo di cura e osservazione, anche grazie al posizionamento sul posto di alcune panchine e alla disponibilità di un annaffiatoio.
Inutile dire che questo è solo un inizio e che ci vorrà un po' di tempo per capire se il messaggio lanciato si trasformerà in buona pratica, però il tentativo è in corso e vuole essere uno stimolo per chiunque voglia rendere più attraente il fuori di un nido determinando, al contempo, forme virtuose di coinvolgimento delle famiglie.

Per rimanere in tema di messaggi forti, chiudiamo segnalando che forme di coinvolgimento e partecipazione sono già in essere e dovranno svilupparsi sempre più in un'iniziativa che nasce da quella degli orti scolastici e che emula il tentativo ben riuscito dell'Orto del Giardino della Lumaca di Pietrasanta (LU). Si tratta de "La comunità dell'orto", il progetto che mira a far nascere un community garden a Lucca. Le associazioni "Ecoland - educazione e natura" e "Quartiere San Concordio" hanno, infatti, ottenuto in concessione dal Comune di Lucca un parco pubblico e stanno avviando il percorso che porterà alla nascita del community garden. Tra i principali promotori dell'idea figura chi sta scrivendo ma, ancora una volta, il risultato più importante sembra essere la volontà di fare cose insieme stimolando il senso di comunità che troppo spesso si è affievolito. Ancora una volta si semina e si rimane in attesa di quel che sarà. Intanto il nostro progetto di orticoltura didattica, dopo quello dell'Orto della Lumaca, festeggia questo secondo "spin - off".





Orticoltura (eroica) urbana

Questo libro, oltre ad essere frutto del mio lavoro, è prima di tutto un urlo liberatorio lanciato da parte di chi, ogni giorno, cerca di migliorare questo nostro strano mondo senza gettare via ciò che ha di buono. È un inno, forse riuscito, alla consapevolezza che ognuno di noi nel suo piccolo possa fare qualcosa e che la somma di tanti piccoli “qualcosa” possa essere una rivoluzione pacifica e fondamentale: quella della riappropriazione del diritto/dovere alla capacità di produrre il proprio cibo

Il libro è scritto prima di tutto per chi non avrebbe mai pensato di leggerlo. Poi per chi è interessato al tema. Infine per chi è convinto che l'agricoltura sia legata esclusivamente al mondo rurale, cioè che abbia un senso solo quando si mette piede in campagna. Se devo aggiungere qualcuno, questo libro è scritto anche per me che, agronomo, da sempre non riesco a collocarmi in una delle tante caselle pensate per gli agronomi, sempre più costretti nei meandri della burocrazia e del commercio. Ne converrete che anch'io faccio parte, in qualche modo, di chi non avrebbe mai pensato di leggerlo, questo libro. E così, forse, si chiude il cerchio.

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Balle rurali

Il disegno di una bambina realizzato durante uno
dei laboratori di Slow Kids al Desco 2013
Criticare il lavoro degli altri non è bello, sia chiaro, ma quando l'immagine della campagna viene trasmessa con evidenti incongruenze con la realtà rischiando di compromettere l'idea che bambini e famiglie cittadine se ne possono fare, qualcosa si deve pur dire. E io dirò. Lo farò con pudore e un velato rispetto per chi, forse, ha peccato più di ignoranza e superficialità che altro e, quindi, dicendo quale sia il peccato, ma non il peccatore.

Veniamo ai fatti.

Qualche sabato fa sono entrato in una libreria con i miei bambini e sono stato attratto da un libriccino dedicato ai bambini più piccoli, quelli che ancora non leggono ma adorano libri illustrati in cui le poche frasi possono essere lette dagli adulti. Intanto a loro piace sfogliare le pagine spesse e spesso con una particolare sagoma del libro. Non nego che ad attrarmi è stata la scritta "orto" che, pur non essendo parte del titolo, campeggia sulla copertina. Non ho nemmeno sfogliato il libro: avevo già deciso di comprarlo. Per di più il prezzo non era proibitivo quindi, come dice un mio caro amico americano, la risposta all'impulso all'acquisto è stata "perché no?".

Il libro narra la storia di un simpatico orsetto che cammina per la campagna, la osserva e la descrive. Però...
Però ci sono alcuni errori madornali che danno della campagna un'immagine fuorviante e fasulla. Ad aggravare la situazione c'è il target della pubblicazione: i bambini in età prescolare e le loro famiglie. Mi perdonerete l'affondo, ma dato che può trattarsi soprattutto di famiglie che fanno vita urbana, c'è il rischio che i genitori di campagna ne sappiano quanto i figli e che leggendo il libro finiscano per convincersi che della bontà dell'immagine del mondo rurale trasmessa da quelle poche pagine.

Le prime tre pagine si salvano, ma già alla quarta iniziano le inesattezze. La pianta dei pomodori, di cui tralascio la rappresentazione lontana dalla realtà, ha i frutti maturi tutti contemporaneamente e, e qui davvero si fanno dei danni, le carote hanno la radice di colore arancio che emerge dal terreno in modo evidente. Si potrebbe pensare che sia un modo per far capire ai bambini che quelle piante sono proprio carote, ma io che faccio spesso attività educative con i bambini ci trovo il perché di una strana bizzarria: molti bambini disegnano le piante delle carote con la radice completamente fuori terra, un po' come se crescessero semplicemente adagiate sul terreno, ma poggiando sulla loro punta (che siano strane ballerine immobili).

Alle pagine cinque e sei si arriva all'apoteosi, alla consacrazione delle contraddizioni e delle demenza dell'agricoltore. Il contadino, infatti, in preda ad una strana forma di demenza ara la terra con un gigantesco trattore di colore rosso (chissà perché proprio rosso) e poi semina camminando (a piedi) per il campo e lanciando i semi a mano. Quest'ultimo è un gesto nobile ed antico, ma non certo normale per un agricoltore che abbia speso migliaia di euro, forse decine di migliaia, nel'acquisto di un trattore. All'opposto, se potesse andrebbe a far la doccia col trattore.

Sorvolerò sul fatto che la raccolta dei frutti (le classiche mele in stile Walt Disney) avvenga su alberi dalle proporzioni gigantesche e con atteggiamenti di una pericolosità inaccettabile per gli attuali standard di sicurezza, ma davvero non resisto alla tentazione di segnalare che le campagne europee non sono costellate di leprotti saltellanti. Cinghiali e caprioli sono di certo molto più comuni e sempre più invadenti, ma io tutte queste lepri che scorrazzano per le campagne non le vedo.

Andando avanti si scopre (e per me è davvero una scoperta) che le campagne in giugno sono punteggiate dai covoni del grano. Se devo esser pignolo, potrà trattarsi di paglia di grano, ma ciò che proprio mi risulta difficile da accettare è che, nella campagna degli agricoltori muniti di grandi e potenti trattori rossi, ci siano i covoni, cioè quei bei mucchi di paglia muniti di un palo centrale che ormai sono scomparsi da nostri paesaggi. Il caso più frequente oggi è quello delle rotoballe, giganteschi rotoli di paglia (o fieno) che poi vengono stivati sotto enormi tettoie.

Tralascio lo spaventapasseri, ormai decisamente fuori moda, ma sempre molto affascinante, e sul fatto che nell'azienda agricola ci sia lo stagno anziché il laghetto per le acque di irrigazione, ma sono davvero nell'impossibilità totale rispetto a chiedermi perché ad aiutare il contadino nei lavori pesanti dovrebbe essere l'asinello. Si, avete capito bene: il contadino è talmente fuori di testa che, dopo aver speso montagne di soldi nell'acquisto di un trattore, nel nostro libriccino si fa aiutare da questa simpatica bestiola per i lavori più pesanti.

Chi fosse tanto folle da avermi letto fin qui si chiederà perché uso un po' del mio tempo per questa dissertazione. Il motivo è semplice: mi considero un educatore che lavora sui temi dell'agricoltura e sono, per quanto atipico, un agronomo che ha maturato la convinzione che è anche da un errata visione del mondo agricolo che nascono alcuni dei mali della nostra società. Il rapporto ormai contraffatto tra persone e cibo, l'incapacità dei cittadini di capire le ragioni degli agricoltori e quella dei politici di scrivere politiche e leggi per il mondo rurale nascono anche da qui. Se le premesse educative sono queste, oltre a far crescere generazioni di nuovi ignoranti, avremo pianificatori e legislatori sempre più inadatti a governare il nostro territorio.

Come risolvere questo piccolo problema (è solo un libriccino per bambini!) per evitare che, come farebbe un seme, diventi grande o gigantesco? Basta chiedere a persone competenti. Oppure farsi un giro per le campagne e prendere spunto dalla realtà, anziché mescolare stereotipi e ricordi che risalgono a quando erano bambini i nonni (o i bisnonni) dei destinatari del libriccino.

Non so se questa è più una critica, un'analisi o un suggerimento e, come dice un famoso attore in un altrettanto famoso film, "francamente me ne infischio".

3 parole sospese tra orto e giardino

Ci sono parole che risolvono, che celano e ci donano segreti, che possono discriminare tra successo e insuccesso, tanto nel giardino quanto nell'orto.

Sfemminellatura è una di queste. Ne possiamo parlare per varie piante ma in queste settimane è indispensabile nella maggior parte delle varietà di pomodoro. Si esegue manualmente, ma possiamo anche aiutarci con delle forbici, ed è una potatura verde consistente nell'eliminazione dei germogli che si formano all'ascella delle foglie. Per esser più chiari dobbiamo sottolineare che dove le foglie del pomodoro si inseriscono sul fusto si formano spesso nuovi germogli detti "femminelle". La loro rimozione si chiama sfemminellatura e serve a mantenere equilibrio tra la produzione di nuova vegetazione e produzione di frutti.

Cimatura, invece, ci aiuta a spaziare tra orto e giardino. In tutti i casi è la rimozione di qualcosa che sta "in cima" e, di questi tempi, si fa a mano come potatura verde (di nuovo). Se ne parla per il basilico: quando si formano le infiorescenze, esse vengono rimosse per consentire alla pianta il lussureggiamento vegetativo, cioè la produzione di nuove foglie. Mantenere i fiori vorrebbe dire assecondare il ciclo biologico della pianta, ma anche ridurre la produzione. Le cimature si fanno anche in giardino (io l'ho fatta qualche giorno fa su di un viburno) per favorire l'accestimento, cioè l'infoltimento della vegetazione, grazie alla perdita di dominanza apicale.

Irrigazione, come tutti sanno, significa dare acqua alle piante. Durante l'estate nell'area mediterranea le temperature sono alte e le precipitazioni ridotte. Questo può mettere in crisi alcune piante ed è tradizione dare acqua. Che si tratti di piante del giardino o dell'orto sono valide alcune regole. Tra queste ricordiamo che è sempre meglio bagnare il terreno (o il prato) ma non direttamente la pianta e che irrigare al mattino è meglio che irrigare la sera. Quest'ultimo accorgimento evita che eventuali bagnature delle foglie o dei frutti favoriscano l'insorgere di malattie dovute ai funghi. Da evitare le irrigazioni in pieno sole, sopratutto con acque di pozzo o derivate da corsi d'acqua che possono risultare molto più fredde delle piante irrigate. Fanno eccezione le irrigazioni effettuate per attenuare la canicola. Infine, meglio dare molta acqua per ogni irrigazione e fare un numero di irrigazioni limitato rispetto a irrigazioni frequenti con scarsa bagnatura del terreno.

Sono tre parole, niente di più...


La settimana delle emozioni (da www.ortiscolastici.it)

30.05.2013 - 06.06.2013... non due date ma una settimana difficile da dimenticare per il progetto degli orti scolastici: la settimana delle emozioni.

Forse non c'è altro modo per raccontarla che fare una cronaca, magari cercando di non celare più di tanto i picchi emozionali vissuti in momenti tra loro diversi ma densi di significati particolari e di nascondere il fatto che, in realtà, si tratta di otto giorni.

Proviamo, così, a partire da giovedì 30 maggio quando, col naso costantemente rivolto all'insù per capire se avremmo avuto sole o l'ennesima pioggia indesiderata, alla Scuola Primaria Forli di Vallecchia (Pietrasanta - LU) abbiamo raccolto le patate. I bambini schierati sulle scale come sulla più importante delle tribune sulle prima hanno temuto che quel loro orto mobile spostatosi come per magia da uno spazio all'altro della scuola offrisse un buon raccolto di sole foglie. Quando abbiamo cominciato a tirare con forza le piante ed è stata estratta la prima non ci sono stati dubbi: le nuove patate c'erano per davvero!!!
E' cominciata la conta per poi arrivare a risolvere un problema di matematica: quante nuove patate si sono ottenute da ogni patata piantata? Tra qualche indugio è arrivata la risposta di chi ha la fortuna di muoversi meglio nel mondo delle divisioni: 17 nuove patate col resto di 3. Una buona resa, non c'è che dire, e un bell'applauso.

Arriva venerdì 31 maggio. E' primo mattino quando alla Scuola Mutti di Strettoia (Pietrasanta - LU) inizia un analogo raccolto che, però, qui ha un significato particolare. Ci troviamo in una scuola senza suolo, cioè priva di una spazio, anche piccolo, nel quale poter coltivare in piena terra. Come se non bastasse, una massiccia invasione di formiche ha prodotto seri danni alle piante quando tutto sembrava andare per il meglio. Vederle erodere i fusticini fino a spezzarli è stata un'occasione per imparare qualcosa ma anche un momento in cui si è temuto il peggio.
Tra qualche timore si comincia a "cavare" le patate dal contenitore in cui le abbiamo coltivate e... sospiro di sollievo: anche qui è andata bene. Sono persino più grandi di quanto ci aspettassimo! Uno dei bambini della scuola ha un'idea che si rivelerà azzeccata e dice "questa portatela con voi domani: vi porterà fortuna!".

Come resistere all'invito? E' così che sabato primo giugno partiamo di buon'ora con destinazione Torino per la premiazione dell'Agricoltura Civica Award 2013. Noi non lo sappiamo perché non c'è stato modo di leggere la posta elettronica prima di partire, ma siamo vincitori del premio "Promozione digitale – Per la miglior comunicazione" assegnato da Redomino, il partner tecnologico del concorso.

Meglio così, perché l'attesa fa crescere l'emozione mentre siamo seduti in quella prima fila. Gomito a gomito premianti e premiati, ma noi non sappiamo ancora di quale premio si tratta. Sfuma quello della categoria "orti condivisi" per la quale siamo finalisti ma su quel palco ci saliamo comunque per ricevere un premio che nasce grazie a noi e ad altri progetti che hanno dimostrato grandi capacità di diffondere nel web le buone pratiche ideate e messe in atto. C'è un motivo di orgoglio in più: siamo il progetto più votato in assoluto tra i 47 finalisti dell'award. Siamo anche gli unici a portare una patata sul palco e non manchiamo di sottolineare che mettere insieme patate e comunicazione digitale non è facile ma è possibile. Qualcuno ci suggerisce di definire il nostro lavoro di comunicazione come "OrtiScolastici2.0".

Le emozioni della giornata non sono finite: dopo la premiazione abbiamo il privilegio di ascoltare (stando a pochi passi da lui) Pierre Rabhi, contadino - filosofo fondatore del "Mouvement Colibrìs". Ci appassioniamo e ci immedesimiamo... a poco a poco ci sentiamo piccoli colibrì che negli orti scolastici si riempiono il becco d'acqua per spegnere un grande incendio, quello della dissociazione tra cibo e consapevolezza di poterlo produrre da soli.

Non basta: incontriamo anche Maria de Biase, una dirigente scolastica di frontiera che nel profondo sud del paese fa cose incredibili tra orti scolastici, cultura della terra e della legalità ed ecomerende. E' lei la protagonista del filmato che vince l'award nella categoria video.


Non c'è neanche il tempo per riprendersi che è di nuovo emozione: lunedì 3 maggio al mattino ci mettiamo al lavoro per far nascere l'orto del Giardino della Lumaca. Siamo di nuovo colibrì con un grande sogno: far nascere e vivere un orto collettivo in uno spazio dedicato alla pedagogia della lumaca e ai diritti naturali dei bimbi e delle bimbe. La partenza è travolgente e l'impegno dei bambini, anche a curare l'orto fuori dall'orario scolastico (la scuola sta per terminare le proprie attività!!!), è grande.

Ci si può fermare? No: la Scuola dell'Infanzia Genny Bibolotti Marsili (Loc. Africa, Pietrasanta - LU) nel pomeriggio festeggia con danze e balli sull'aia la fine del progetto dell'orto scolastico. C'è di nuovo la pioggia ad incombere (è successo molte volte in questo pazzo 2013) ma alla fine i bambini spuntano fuori vestiti come tante damigelle di campagna e tanti butteri per una danza sfrenata e divertente. Impossibile resistere: anche i genitori si buttano nella mischia. poi a piccoli gruppi si va nell'orto, si racconta, si fanno fotografie, ci si chiede che fine abbiano fatto insalate, agli, cipolle, ravanelli e la risposta è semplice: sono nel mercatino prontamente allestito dalla maestre per ricavare un po' di fondi per la scuola. E' questa l'anima sana della comunità che viene fuori incrociando necessità di oggi e tradizione rurale.

Inesorabile arriva il martedì, e siamo al 4 di giugno, ed è ancora un momento importante. Torna in scena la Scuola Primaria di Vallecchia e nei grandi locali della mensa riviviamo, grazie alle fotografie scattate durante l'anno scolastico, il lavoro fatto. La semina del grano, quella specie di erba" che cresce per poi donarci le spighe, le insalate, gli agli, le cipolle e, in ultimo, quelle patate che abbiamo raccolto qualche giorno prima. Arrivano messaggi dei bambini, guardiamo insieme i bei cartelloni realizzati dalle varie classi, poi ci salutiamo con la speranza di rivedersi a settembre per ripartire. Succederà? L'appuntamento minimo e trasformare in farina le cariossidi del grano che ancora deve giungere a maturazione.

Mercoledì 5 giugno: è il giorno della 2^ festa dell'orto alla Scuola Primaria Pascoli di Pietrasanta (LU). Non ci dimentichiamo, però di raccogliere le patate. Siamo in tanti e lo facciamo in due turni: anche qui la resa media è alta, anche se le patate non sono molto grandi. Forse pagano lo scotto di un po' troppa ombra e di una "semina" ritardata dalle piogge. In ogni caso, la stagione è stata intensa e a  scuola sono arrivati il grano, le patate, due turni di lattughe, erbe aromatiche, alberi da frutto e tante belle esperienze.
Giunge l'ora e... parte la festa. Qualche ringraziamento, poi due parole di spiegazione sul lavoro fatto e su quello intrapreso nell'orto del Giardino della Lumaca. Ecco il momento più importante: le dieci classi della scuola leggono i 10 diritti naturali dei bimbi e delle bimbe. Qualcuno si aiuta col microfono mentre le quinte gridano a squarciagola il proprio diritto alle sfumature, a vedere il sorgere del sole e il suo tramonto, ad ammirare, nella notte, la Luna e le stelle. Infine il rompete le righe che dà il via alla merenda con pane e pomodoro e alla pesca di beneficenza nella quale fanno capolino i prodotti dell'orto, comprese le spighe del grano sapientemente "rilegate" dalla mani delle molte mamme intervenute.

A questo punto potrebbe davvero bastare ma non c'è tempo di fermarsi: presso la The Bilingual School of Lucca deve nascere un nuovo orto. Un grande cassone di legno è arrivato da poche ore quando il 6 giugno viene posizionato e riempito di terriccio: tutto è pronto per le prime semine e i primi trapianti. Li faremo durante il summer camp 2013, quasi come auspicio per l'avvio delle attività scolastiche vere e proprie che avverrà a settembre. E' ancora emozione: nasce un nuovo orto scolastico!

Forse ci stiamo sbagliando ma ci sembra di vedere un colibrì che sorride...






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