Balle rurali

Il disegno di una bambina realizzato durante uno
dei laboratori di Slow Kids al Desco 2013
Criticare il lavoro degli altri non è bello, sia chiaro, ma quando l'immagine della campagna viene trasmessa con evidenti incongruenze con la realtà rischiando di compromettere l'idea che bambini e famiglie cittadine se ne possono fare, qualcosa si deve pur dire. E io dirò. Lo farò con pudore e un velato rispetto per chi, forse, ha peccato più di ignoranza e superficialità che altro e, quindi, dicendo quale sia il peccato, ma non il peccatore.

Veniamo ai fatti.

Qualche sabato fa sono entrato in una libreria con i miei bambini e sono stato attratto da un libriccino dedicato ai bambini più piccoli, quelli che ancora non leggono ma adorano libri illustrati in cui le poche frasi possono essere lette dagli adulti. Intanto a loro piace sfogliare le pagine spesse e spesso con una particolare sagoma del libro. Non nego che ad attrarmi è stata la scritta "orto" che, pur non essendo parte del titolo, campeggia sulla copertina. Non ho nemmeno sfogliato il libro: avevo già deciso di comprarlo. Per di più il prezzo non era proibitivo quindi, come dice un mio caro amico americano, la risposta all'impulso all'acquisto è stata "perché no?".

Il libro narra la storia di un simpatico orsetto che cammina per la campagna, la osserva e la descrive. Però...
Però ci sono alcuni errori madornali che danno della campagna un'immagine fuorviante e fasulla. Ad aggravare la situazione c'è il target della pubblicazione: i bambini in età prescolare e le loro famiglie. Mi perdonerete l'affondo, ma dato che può trattarsi soprattutto di famiglie che fanno vita urbana, c'è il rischio che i genitori di campagna ne sappiano quanto i figli e che leggendo il libro finiscano per convincersi che della bontà dell'immagine del mondo rurale trasmessa da quelle poche pagine.

Le prime tre pagine si salvano, ma già alla quarta iniziano le inesattezze. La pianta dei pomodori, di cui tralascio la rappresentazione lontana dalla realtà, ha i frutti maturi tutti contemporaneamente e, e qui davvero si fanno dei danni, le carote hanno la radice di colore arancio che emerge dal terreno in modo evidente. Si potrebbe pensare che sia un modo per far capire ai bambini che quelle piante sono proprio carote, ma io che faccio spesso attività educative con i bambini ci trovo il perché di una strana bizzarria: molti bambini disegnano le piante delle carote con la radice completamente fuori terra, un po' come se crescessero semplicemente adagiate sul terreno, ma poggiando sulla loro punta (che siano strane ballerine immobili).

Alle pagine cinque e sei si arriva all'apoteosi, alla consacrazione delle contraddizioni e delle demenza dell'agricoltore. Il contadino, infatti, in preda ad una strana forma di demenza ara la terra con un gigantesco trattore di colore rosso (chissà perché proprio rosso) e poi semina camminando (a piedi) per il campo e lanciando i semi a mano. Quest'ultimo è un gesto nobile ed antico, ma non certo normale per un agricoltore che abbia speso migliaia di euro, forse decine di migliaia, nel'acquisto di un trattore. All'opposto, se potesse andrebbe a far la doccia col trattore.

Sorvolerò sul fatto che la raccolta dei frutti (le classiche mele in stile Walt Disney) avvenga su alberi dalle proporzioni gigantesche e con atteggiamenti di una pericolosità inaccettabile per gli attuali standard di sicurezza, ma davvero non resisto alla tentazione di segnalare che le campagne europee non sono costellate di leprotti saltellanti. Cinghiali e caprioli sono di certo molto più comuni e sempre più invadenti, ma io tutte queste lepri che scorrazzano per le campagne non le vedo.

Andando avanti si scopre (e per me è davvero una scoperta) che le campagne in giugno sono punteggiate dai covoni del grano. Se devo esser pignolo, potrà trattarsi di paglia di grano, ma ciò che proprio mi risulta difficile da accettare è che, nella campagna degli agricoltori muniti di grandi e potenti trattori rossi, ci siano i covoni, cioè quei bei mucchi di paglia muniti di un palo centrale che ormai sono scomparsi da nostri paesaggi. Il caso più frequente oggi è quello delle rotoballe, giganteschi rotoli di paglia (o fieno) che poi vengono stivati sotto enormi tettoie.

Tralascio lo spaventapasseri, ormai decisamente fuori moda, ma sempre molto affascinante, e sul fatto che nell'azienda agricola ci sia lo stagno anziché il laghetto per le acque di irrigazione, ma sono davvero nell'impossibilità totale rispetto a chiedermi perché ad aiutare il contadino nei lavori pesanti dovrebbe essere l'asinello. Si, avete capito bene: il contadino è talmente fuori di testa che, dopo aver speso montagne di soldi nell'acquisto di un trattore, nel nostro libriccino si fa aiutare da questa simpatica bestiola per i lavori più pesanti.

Chi fosse tanto folle da avermi letto fin qui si chiederà perché uso un po' del mio tempo per questa dissertazione. Il motivo è semplice: mi considero un educatore che lavora sui temi dell'agricoltura e sono, per quanto atipico, un agronomo che ha maturato la convinzione che è anche da un errata visione del mondo agricolo che nascono alcuni dei mali della nostra società. Il rapporto ormai contraffatto tra persone e cibo, l'incapacità dei cittadini di capire le ragioni degli agricoltori e quella dei politici di scrivere politiche e leggi per il mondo rurale nascono anche da qui. Se le premesse educative sono queste, oltre a far crescere generazioni di nuovi ignoranti, avremo pianificatori e legislatori sempre più inadatti a governare il nostro territorio.

Come risolvere questo piccolo problema (è solo un libriccino per bambini!) per evitare che, come farebbe un seme, diventi grande o gigantesco? Basta chiedere a persone competenti. Oppure farsi un giro per le campagne e prendere spunto dalla realtà, anziché mescolare stereotipi e ricordi che risalgono a quando erano bambini i nonni (o i bisnonni) dei destinatari del libriccino.

Non so se questa è più una critica, un'analisi o un suggerimento e, come dice un famoso attore in un altrettanto famoso film, "francamente me ne infischio".

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