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Con l'avvicinarsi della Pasqua torna il
tormentone della "mattanza degli agnelli" e io sto per dire
cose che urteranno qualcuno, ma che potrebbero aiutare a riflettere.
Prima di dirle faccio due premesse. La
prima è che ben raramente mangio l'agnello perché non mi piace. La
seconda è che mi batterò fino alla morte affinché tutti gli
animali allevati vedano rispettato il proprio diritto ad una vita
dignitosa e ad al massimo benessere possibile, fino al momento della
loro morte.
Detto questo mi piacerebbe chiarire che
gli agnelli non muoiono per la "mattanza pasquale", ma
VIVONO grazie ad essa. Non sfuggirà, infatti, che in un allevamento
gli animali vivono in funzione di una loro utilità. Nessun
allevatore, tranne l'eccezione di qualche capo, sostiene i costi per
tenere in vita animali che non rendono. E' una regola semplice e
antica: ti allevo perché mi servi. Del resto questa regola vale
anche per gli animali da affezione che vivono con noi perché ci
servono, anche "solo" perché ci fanno compagnia. I ratti,
per esempio, non sono ben accolti nelle nostre case perché non
servono. Al contrario cani e gatti sì e sempre perché ci servono (e
ogni tanto qualcuno se ne libera in modo poco ortodosso perché "non
servono più"). Ecco che ogni animale che vediamo in campagna
oggetto di allevamento è lì perché serve. Quel servire per alcuni
di loro si sostanzia nella morte al fine di ricavarne della carne.
Può non piacerci, ma è così.
Qualcuno obietterà che se non ce li
mangiassimo potrebbero vivere. E' falso, a meno che qualcuno non li
adotti e ne sostenga le spese per mantenerli in vita. Qualcuno
potrebbe pensare che li si potrebbe liberare. Temo che la maggior
parte delle specie che alleviamo, se liberate, avrebbero vita molto
breve finendo mangiate dai predatori, investite dalle auto, uccise
dall'uomo per una loro pericolosità o, semplicemente, perché non
adatte a vivere da sole in quella natura che sappiamo offrigli.
Tuttavia, il punto non è questo. Il
punto è che alla nascita gli animali allevati che non hanno
un'utilità non hanno altra possibilità che essere soppressi. La
loro utilità, anche espressa come arrivo su griglie e padelle,
garantisce loro qualche anno o mese di vita.
Be', si potrebbe dire che se
smettessimo tutti di mangiare carne questo terribile scenario
andrebbe a scomparire. E' vero. Peccato che la maggior parte delle
razze che alleviamo (forse tutte) non sia affatto adatta a vivere
autonomamente in natura (se di natura ne è rimasta un po') e che, in
un tempo più o meno lungo, ognuna di esse andrebbe verso
l'estinzione. Ciò determinerebbe una grave perdita di diversità
biologica, culturale e alimentare. In pratica, a non mangiarli li
faremmo scomparire per sempre dal volto della terra. Niente di nuovo:
è già successo con molte razze scomparse a partire dall'ultimo
dopoguerra perché non adatte al nuovo modello economico. Qualche
esperto potrebbe commentare questo post con un bell'elenco delle
razze di animali allevati scomparse negli ultimi 100 anni.
Si può, però, andare oltre e
concentrarsi sugli agnelli.
Essi sono una voce importante dei
ricavi degli allevatori di ovini. Molti degli allevamenti di ovini si
trovano in zone difficili dal punto di vista ambientale e nelle quali
non esistono ad oggi molte alternative ad allevare ovini. Penso
soprattutto alle zone di montagna dove l'agricoltura è da tempo
immemorabile attività silvo - pastorale, cioè legata al bosco e
all'allevamento per lo più di ovini. Smettere di mangiare gli
agnellini, interrompere "la mattanza", vorrebbe dire
privare di una quota importante del reddito persone che standosene in
montagna svolgono un enorme servizio di prevenzione e riduzione del
rischio idrogeologico che, ironia della sorte, incombe soprattutto su
noi cittadini un po' ignoranti che abitiamo a valle. Sì, sono
rimasti solo loro combattere quell'abbandono della montagna contro
cui ci scagliamo durante le alluvioni. Ci sgoliamo a dire che un
tempo la montagna era curata, che le sistemazioni di versante erano
ben mantenute e capaci di rallentare il flusso delle acque e così
via. Ma chi manteneva e chi mantiene quelle opere? Chi ci viveva e ci
vive e ha un interesse per il loro mantenimento. Non certo chi vive
in montagna e si limita a pulire il giardino e godersi l'ombra del
bosco, bensì chi ricava una parte importante del reddito (oh,
redditto, non ricchezza!) dalla coltivazione del bosco (che prevede il
taglio degli alberi!!!) e dall'allevamento. E l'allevamento non è
solo formaggio, ma anche vendita della carne.
Allora quando ci scagliamo contro "la
mattanza", curiosamente solo a Pasqua anche se l'agnello si
trova in commercio anche in altri momenti dell'anno, dovremmo
articolare meglio il nostro discorso dicendo "Stop alla mattanza degli
agnelli, anche se perderemo diversità biologica, alimentare e
culturale e se il rischio idrogeologico e le alluvioni aumenteranno a
causa della mancanza di cura delle terre montane". Potremmo anche aggiungere che non ci
arrabbieremo sentendo dire che i paesi di montagna si spopolano o
diventano borghi fantasma, che non è un problema perdere le nostre
tradizioni e che qualche famiglia disoccupata in più non è un
problema.
Potremmo, ma io non sono d'accordo.
Io penso che i nostri comportamenti
possano mutare. Per esempio, potremmo (cercare di) acquistare solo la
carne che proviene da allevamenti che dimostrano di rispettare le
regole sul benessere animale, che allevano razze locali (quelle
rimaste), che si trovano a breve distanza da casa nostra, che attuano
pratiche agronomiche e di allevamento sostenibili e così via.
Potremmo premiare chi si comporta bene
con gli animali, con le persone e con l'ambiente in generale, anziché
scagliarci contro gli ultimi allevatori che ci offrono un insieme di
servizi che mai potremo remunerare, come salvaguardare le diversità
prima citate, curare il territorio, difenderci dal rischio
idrogeologico e... (non vorrete dimenticarlo) mantenere i paesaggi
che ci piace fotografare con lo smartphone e pubblicare sui social.
Potremmo. Anzi, possiamo.
Basta volerlo.
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