tag:blogger.com,1999:blog-17543004670976808272024-03-13T10:28:55.455+01:00emilio bertonciniAgronomo, guida ambientale, tecnico dell'animazione socio - educativa, formatore e atelierista educativo: il professionista degli interventi socio-educativi mediati dalla naturaEmilio Bertoncinihttp://www.blogger.com/profile/01203336544196143315noreply@blogger.comBlogger72125tag:blogger.com,1999:blog-1754300467097680827.post-34646398247933647412024-02-10T15:59:00.004+01:002024-02-10T15:59:44.528+01:00Al via il corso "Didattica scolastica all'aperto e con gli elementi di natura"<p> </p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiOVcsEQM0HR0Ga0GWjMbeJJEa9XHN0wCzCYdeBAXSpSMuvLLK22qOp7cwUv6RFgf3_DfGXEK8QPFvdo-beYQq7opGh8ubsNFsEpbSSZn3fVlMrF_mPMFWzxPAjBoYxzIoVWhSfC9JyOMW7AWoSfWj2C-u7nuE_PfIO1OVnxlDJtrLzr9wKfj2ZPu6w-GE/s1024/a.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="1024" data-original-width="768" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiOVcsEQM0HR0Ga0GWjMbeJJEa9XHN0wCzCYdeBAXSpSMuvLLK22qOp7cwUv6RFgf3_DfGXEK8QPFvdo-beYQq7opGh8ubsNFsEpbSSZn3fVlMrF_mPMFWzxPAjBoYxzIoVWhSfC9JyOMW7AWoSfWj2C-u7nuE_PfIO1OVnxlDJtrLzr9wKfj2ZPu6w-GE/s320/a.jpg" width="240" /></a></div><p></p><p></p><h3><span style="color: #93c47d;">Al via il corso "Didattica scolastica all'aperto e con gli elementi di natura" in formula ibrida on-line con esercitazioni pratiche guidate da tutorial. Il corso si svolge nelle mattine del sabato a partire dal 9 di marzo.</span></h3><p></p><p style="line-height: 24px; margin-bottom: 0cm;">Saranno trattati i seguenti <b>argomenti</b>:</p><p style="line-height: 24px; margin-bottom: 0cm;">- da un'idea originale di natura lo stimolo per andare oltre la soglia e per valorizzare il chilometro zero educativo,</p><p style="line-height: 24px; margin-bottom: 0cm;">- progettare la didattica all'aperto nella scuola,</p><p style="line-height: 24px; margin-bottom: 0cm;">- l'uso dei materiali naturali nella scuola,</p><p style="line-height: 24px; margin-bottom: 0cm;">- una passeggiata come occasione di apprendimento,</p><p style="line-height: 24px; margin-bottom: 0cm;">- orto e giardino educativo: uno sguardo pedagogico,</p><p style="line-height: 24px; margin-bottom: 0cm;">- orticoltura didattica a scuola: un inquadramento generale.</p><p style="line-height: 24px; margin-bottom: 0cm;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj4v8Yoigyn9w3aAX_0MJvCf-Hua9N2ptPuj37Vg8cY3hiQtlmhGfzCwLbuMd6l2e8oaNhafXPiB8Qwap7jbLVcK_7cwZQEviOnxytG3r-MrMjz8_pzyjzY9GRjUhoVkShFgH4G7V31R9BIqVWP0z-JQjLW26qbLLGe5cZDbFOD9ZMSeHCD6zkPZlrhECs/s2560/2014-05-09%2014.03.24.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1920" data-original-width="2560" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj4v8Yoigyn9w3aAX_0MJvCf-Hua9N2ptPuj37Vg8cY3hiQtlmhGfzCwLbuMd6l2e8oaNhafXPiB8Qwap7jbLVcK_7cwZQEviOnxytG3r-MrMjz8_pzyjzY9GRjUhoVkShFgH4G7V31R9BIqVWP0z-JQjLW26qbLLGe5cZDbFOD9ZMSeHCD6zkPZlrhECs/s320/2014-05-09%2014.03.24.jpg" width="320" /></a></div><br />L'impegno complessivo è di <b>20 ore</b> così suddivise:<p></p><p style="line-height: 24px; margin-bottom: 0cm;">- fruizione di un video introduttivo della durata di circa 30 minuti,</p><p style="line-height: 24px; margin-bottom: 0cm;">- 18 ore in sincrono su piattaforma Google-meet nelle mattine dei seguenti sabati: 09 e 23 marzo, 06 e 20 aprile, 04 e 18 maggio.</p><p style="line-height: 24px; margin-bottom: 0cm;">- 1,5 ore di esercitazione individuale guidata da tutorial e da documentare con fotografie e video per l'inserimento delle ore in attestato.</p><p style="line-height: 24px; margin-bottom: 0cm;">La quota di adesione è pari a € 160,00 (centosessanta/00) a persona. Per chi effettua la pre-iscrizione entro il 29/02/2023 la <b>quota è ridotta a € 140,00</b> (centoquaranta/00) a persona.</p><p style="line-height: 24px; margin-bottom: 0cm; text-align: left;">Per saperne di più, puoi consultare la scheda di informazioni e eventuale iscrizione disponibile al seguente indirizzo: <a href="https://forms.gle/zpjqr4KXpUZdLjB38">https://forms.gle/zpjqr4KXpUZdLjB38</a> </p>Emilio Bertoncinihttp://www.blogger.com/profile/01203336544196143315noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1754300467097680827.post-61017437054963379152023-12-29T11:51:00.007+01:002023-12-29T11:52:59.295+01:00Oltre la soglia, nell’ecotono educativo<p style="text-align: justify;"><b>"Emilio, la gente non ama leggere testi lunghi nel web". Di solito mi dicono questo e di solito rispondo che chi non ama leggere non legge. Non solo: chi non è interessato non legge. Quindi, ti dico subito che quanto segue è un capitolo di una pubblicazione in divenire desiderosa di diventare un libro. Quindi, è un testo lungo. Per di più senza immagini. Se vuoi scoprire qualcosa, procedi oltre con la lettura. Supera questa soglia. In caso contrario, chiudi subito questa pagina: io non ho niente da dirti che non sia ciò che vuoi scoprire dei miei lunghi e articolati pensieri.</b></p><p style="text-align: center;"><u>Trova di più all'indirizzo <a href="http://www.ortinellescuole.it">www.ortinellescuole.it</a></u></p><p style="text-align: center;">---------</p><p>“L’educazione è un processo che avviene in ogni momento e in
ogni luogo”. Suona più o meno così una frase che ho sentito più
volte da Antonio Di Pietro, un pedagogista ludico con cui ho avuto la
fortuna di lavorare.</p>
<p align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;"><span style="text-align: left;">Queste
parole mi inducono a indagare sulla necessità di distinguere, spesso
contrapponendole, tra educazione all’aperto e in spazi chiusi.
Quest’ultima, stranamente, non etichettata con l’equivalente
anglicismo di </span><i style="text-align: left;">indoor education</i><span style="text-align: left;">.
In fondo, a discriminare tra le due c’è un elemento
architettonico, la </span><i style="text-align: left;">soglia</i><span style="text-align: left;">,
che diventa limite </span><span style="text-align: left;">e ponte
</span><span style="text-align: left;">tra due approcci educativi
che possiamo, ed è una nostra scelta, considerare complementari o
alternativi.</span></p>
<p align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;"><span style="text-align: left;">Cosa rappresenta nell’immaginario collettivo quell’elemento
architettonico? Provo a rispondere pensando a un genitore che
accompagna al nido o a scuola un figlio. È assai probabile che
entrare al nido o a scuola significhi varcare la soglia che permette
di avere un soffitto sopra la testa. Si è dentro, cioè al nido o a
scuola, quando è possibile chiudere dietro di sé una porta. Ciò,
nonostante questi due luoghi dell’educare possano avere un cortile,
un giardino e un viale che li separa alla strada, dalla piazza o dal
parcheggio. Sì, il concetto consolidato è che si impara e si è in
custodia di chi insegna quando si è dentro, con un serramento chiuso
alle spalle. Non è mia intenzione disquisire sul perché si sia
arrivati a tanto, ma prendo atto di quanto accade e provo a ragionare
su quella soglia che sottolinea la transizione o la separazione tra
fuori e dentro.</span></p>
<p align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;"><u style="text-align: left;">Adulti
e bambini oltre la soglia</u></p>
<p align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;"><span style="text-align: left;">Che
si stia da una parte o dall’altra della soglia, apparentemente
siamo sempre gli stessi. In realtà, che la nostra zona di comfort
sia di qui o di là, indifferentemente sui due lati o, addirittura,
sulla soglia, dice molto di noi, della nostra formazione, del nostro
agire educativo o di quanto abbiamo bisogno di lavorare in una
direzione o nell’altra. Personalmente sento più il bisogno di
lavorare in entrata, sebbene nel tempo mi sia avventurato e formato
sulla possibile presenza </span><i style="text-align: left;">indoor </i><span style="text-align: left;">della
mia figura professionale. Credo, però, che la generalità di coloro
che operano in educazione e a scuola abbiano bisogno di lavorare
nella direzione opposta, cercando modi per varcare la soglia diretti
verso l’esterno o modi nuovi per varcarla. Per esempio, in molte
scuole è normale andare fuori per momenti di ricreazione, ma si
tende a non usare gli spazi esterni per fare attività didattica. Il
punto, in quei casi, non è quanto ci si sente in comfort fuori, ma
quanto si riesce a provare quella sensazione facendo scuola, e non
ricreazione, fuori. In discussione, quindi, non c’è soltanto lo
spazio in cui collocare il nostro agire didattico o educativo, dentro
o fuori, ma ci siamo noi e il nostro stesso agire. È questo il
motivo per cui spesso mi interrogo con i team educativi con cui
collaboro o svolgo attività formative circa la scelta di introdurre
l’educazione all’aperto e la sua condivisione all’interno del
gruppo, ragionevolmente composto da persone con attitudini diverse da
un lato e dall’altro della soglia, quindi sull’opportunità che
sia necessario sfruttare le competenze di ognuno in modo
diversificato. Tale riflessione è, a mio modo di vedere,
fondamentale e capace di condurre a scelte molto diverse, inclusa
quella di non fare educazione all’aperto se non è nelle nostre
corde o se il team non riesce a valorizzare le attitudini dei vari
membri in tale direzione. Ciò non vuole significare che c’è
spazio per una deliberata rinuncia alle opportunità che si
presentano oltre la soglia, ma calare il progetto educativo sulle
effettive competenze di chi lo attuerà. Viceversa, quando se ne
ravvisi la necessità, è importantissimo svolgere attività di
formazione atte a sostenere un’adeguata complementarietà tra
l’azione educativa svolta fuori e dentro.</span></p>
<p align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;"><span style="text-align: left;">Un
altro degli aspetti su cui riflettere in fase progettuale e al quale
fare molta attenzione anche in fase attuativa è come i bambini si
sentano da una parte e dall’altra della soglia. Questo è, a mio
modo di vedere, addirittura prioritario rispetto ai vantaggi
riconosciuti del varcarla diretti fuori, direzione a cui tende questa
pubblicazione </span><span style="text-align: left;">e</span><span style="text-align: left;">
su cui tornerò più avanti. Per quanto l’affermazione che segue
non abbia validità generale, si può dire che nel nostro paese si
affronta una sorta di paradosso generazionale per cui, se la
generazione dei miei genitori doveva essere formata allo star dentro,
quella dei miei figli si trova nella condizione opposta, cioè di
dover essere formata allo star fuori e, soprattutto, allo star fuori
in modi e forme non totalmente organizzate dagli adulti. Andare </span><i style="text-align: left;">oltre
la soglia</i><span style="text-align: left;">, in una direzione e
nell’altra, farlo con naturalezza e agendo una complementarietà di
questi spazi in chiave educativa, costituisce una delle sfide
moderne. L’obiettivo è quello di far familiarizzare i bambini con
i diversi contesti e le loro funzioni nella nostra società. A quel
“i bambini di oggi non sanno stare fuori” che spesso mi sento
dire e che provo a tradurre in “i bambini non trovano nel fuori
un’area di comfort”, possiamo cioè sostituire un più opportuno
“dobbiamo aiutare i bambini a sentirsi in comfort da un lato e
dall’altro della soglia”. Il rischio, altrimenti, è di
confinarli in un mondo chiuso senza che abbiano avuto la possibilità
di sperimentare l’esterno. Tutto questo senza dimenticarci che quei
bambini saranno poi adulti e genitori incapaci di trasmettere ai
figli una facilità di frequentazione dei due lati della soglia. Del
resto, ogni volta che mi capita di offrire ai bambini la possibilità
di varcare la soglia, risuonano in me le parole di Lola Ottolini in
“Fuori” (</span><span style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial; text-align: left;">Ottolini,
2015</span><span style="text-align: left;">): “i bambini le
soglie le cancellano e le attraversano con facilità”. Infatti,
anche quei bambini che per abitudine sono meno avvezzi a passare da
un lato all’altro della soglia e, soprattutto, di farlo andando
fuori, trovano, se sostenuti e aiutati, una propria modalità di
familiarizzazione con ciò che prima era estraneo alla loro
esperienza. È in tale accompagnamento che agli adulti sono richieste
competenze pedagogiche e una adeguatezza al ruolo, condizione che
rafforza la necessità di una formazione in tale direzione e,
soprattutto, di natura esperienziale.</span></p>
<p align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;"><u style="text-align: left;">Molte soglie, una sola azione</u></p>
<p align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;"><span style="text-align: left;">Molto
spesso ci limitiamo a considerare la soglia che riteniamo più
importante, quella tra dentro e fuori, non a caso messi in questo
ordine. Non dobbiamo, però, trascurare che è una soglia anche
quella che divide i vari locali di un edificio, sebbene sia talvolta
sfumata fino a perdere la propria consistenza architettonica o
ridotta ad una linea sottile. In quella propensione dal dentro al
fuori che di solito ci caratterizza e ci porta a sottolineare quanto
tempo ci serve per prepararci a uscire, ma non quanto ne serva per
prepararci a rientrare, provo a suggerire che, anche quando non
evidenziate da particolari architettonici, le soglie siano molte
anche fuori.</span></p>
<p align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;">Lo
sono, per esempio, tutte le linee che separano superfici con diversa
natura. Un’area pavimentata non ha le stesse caratteristiche del
prato o del cortile inghiaiato e aree con pavimentazione diversa non
si comportano allo stesso modo, per esempio, in occasione di una
giornata di pioggia (o di sole!) o quando vi facciamo rotolare o
scivolare un oggetto. Le linee di separazione sono soglie che
dividono spazi capaci di offrire esperienze diverse. Quando arriva il
sole, un prato rimane scivoloso e bagnato più a lungo di un
marciapiedi. Lo stesso prato tende a drenare meglio l’acqua di un
terreno compattato e impermeabile. Per questo nel secondo caso è più
facile la formazione di una pozzanghera, ma questa non si formerà in
una superficie pavimentata. Far rotolare una palla è più difficile
e imprevedibile dove affiorano le radici di un albero che in un
cortile asfaltato, così come una caduta ha esiti diversi nei due
casi. Tutte situazioni diverse ai lati di soglie che spesso tendiamo
a non prendere in considerazione.</p>
<p align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;">Un’altra
soglia importante, spesso esistente anche dal punto di vista
architettonico, è quella che separa il fuori di pertinenza del
nostro edificio (giardino, cortile, ecc.) dal resto del mondo. Il
cancello è una soglia oltre la quale ci sono il borgo, la città o
la campagna. E la fuori compaiono altri limiti, così possiamo
cominciare a interpretare le soglie tra spazi di mondo che offrono
opportunità diverse, come vedremo meglio nel prossimo capitolo.</p>
<p align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;">Oltre
a queste soglie solide, ce ne sono altre meno tangibili, ma
altrettanto importanti e sono quelle temporali imposte da routine e
orari quasi sempre rigidi e invariabili. Soglie che spesso dividono
il possibile dall’impossibile generando questa seconda condizione.
La fine dell’ora, lo scadere del tempo per un dato gruppo, il
momento della mensa, arrivano spesso ad interrompere momenti di
grande significato. Mi sovvengono certi bei racconti in giardino (le
cosiddette restituzioni spontanee) interrotti da una voce che
proclama un indesiderato “andiamo, è tardi!”. In altri casi, una
rigida programmazione temporale li esclude proprio, spesso in nome di
una sorta di “democrazia dell’apprendimento” (<span style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial;">Bertoncini,
2015)</span> che di democratico ha soprattutto la generalizzata
perdita di opportunità. Il tutto mentre routine e orari rimangono
invariati da ottobre a giugno, come se il mondo là fuori fosse
sempre uguale, come se le 9.30 del mattino di gennaio e di giugno
fossero equivalenti, anche solo in termini comfort ed esperienze
realizzabili. Eppure anche questa soglia separa degli spazi, seppur
concettuali: quello delle opportunità educative da quello della
buona logistica.</p>
<p align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;">Mentre
scrivo mi chiedo perché stia continuando a dire che le soglie
separano spazi. Se lo facessero, sarebbe impossibile andare da uno
all’altro e per questo tipo di azione l’elemento architettonico
più funzionale è il muro. In effetti, non è come ho detto fino ad
ora: le soglie non separano, ma connettono spazi diversi e ci
consentono, secondo regole che ci diamo e che possono tradursi in
fatti architettonici (una porta, un cancello, ecc.), di passare da un
ambiente all’altro. L’azione di una soglia è, quindi, quella di
collegare, di mettere in comunicazione. Che lo faccia o meno dipende
da noi e da altri tipi di soglie e limiti che possiamo metterci in
condizione di attraversare mentre ci spostiamo tra spazi che offrono
opportunità educative diverse.</p>
<p align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;"><u style="text-align: left;">Non
solo soglie fisiche</u></p>
<p align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;"><span style="text-align: left;">Quali
altre soglie collegano le esperienze educative che possiamo svolgere
in ambienti diversi? Ovvero, quali limiti varchiamo superando la
soglia in una direzione o nell’altra? Io ne vedo almeno tre,
fortemente interconnessi: quelli culturali, quelli giuridici e quelli
psicologici. Ammetto di aver cambiato l’ordine più volte, come per
attribuire un’importanza diversa a ciascuno di loro e di non essere
ancora soddisfatto.</span></p>
<p align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;"><span style="text-align: left;">Che
vi siano soglie culturali è reso evidente dai numerosi movimenti di
opinione e associazioni che negli ultimi hanno lavorato sul tema
dell’outdoor education e dalla stessa attenzione che il mondo
accademico ha posto su questo tema ideando anche percorsi formativi
mirati</span><sup style="text-align: left;"><a class="sdfootnoteanc" href="#sdfootnote1sym" name="sdfootnote1anc"><sup>1</sup></a></sup><span style="text-align: left;">,
ma anche dall’attenzione con cui i media trattano l’argomento o,
semplicemente, dal diverso grado di stupore che genera la vista di
studenti per le strade di borghi e città solitamente non
destinazione del turismo scolastico. Ricordo ancora le persone che si
affacciavano da case e negozi quando nel lontano 2013 le dieci classi
della Scuola Primaria Pascoli di Pietrasanta (LU) attraversarono la
cittadina, una dopo l’altra, per far nascere l’</span><i style="text-align: left;">Orto del
Giardino della Lumaca</i><span style="text-align: left;">. Fu un vero e proprio evento. Eppure si
trattava degli stessi bambini che nel pomeriggio avrebbero invaso le
vie in cerca di una gelateria. Agli occhi delle persone, per quanto
era consolidata l’idea che gli studenti dovessero stare dentro la
scuola, sembrava in atto una vera e propria evasione.</span></p>
<p align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;">Le
resistenze o le pressioni dei genitori affinché a scuola o al nido
si vada fuori sono un indicatore di una richiesta di attività
all’aperto crescente, ma non sempre condivisa nella nostra società.
Spesso l’appiglio sanitario diventa determinante con opposte
fazioni di genitori, ma anche di insegnanti e educatrici, che
sostengono tanto che ad andare fuori ci si possa ammalare di più,
quanto l’esatto contrario.</p>
<p align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;">Un
altro segnale consiste nel fatto che, dopo decenni in cui il giardino
della scuola è stato uno spazio trascurato o, al più, trattato alla
stessa stregua di un comune parco pubblico, molte amministrazioni
comunali e scuole stanno facendo importanti lavori di riprogettazione
e miglioramento tesi ad aumentarne la funzione didattica. Tutto
questo è, per chi come me crede nell’importanza di un’adeguata
integrazione tra le pratiche educative svolte da un lato e dell’altro
della soglia, incoraggiante. Credo, però, che finché avremo bisogno
di distinguere l’outdoor education dalle altre modalità, ci sarà
molta strada da percorrere.</p>
<p align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;"><span style="text-align: left;">È
innegabile che ci siano delle soglie di natura giuridica che possono
unire spazi educativi diversi, sia in senso assoluto (e contingente),
sia in funzione di alcuni fattori culturali.</span></p>
<p align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;">Una
di queste è soglia che separa tutto ciò che è scuola dal resto del
mondo e stabilisce un confine tra giurisdizioni e regole. Per
esempio, il “Regolamento di Istituto” si applica all’interno
della scuola e a chiunque vi acceda, ma non fuori da essa, salvo che
per gli aspetti che regolamentano le uscite didattiche. Per queste è
solitamente prevista una specifica autorizzazione dei genitori,
mentre per andare nel giardino essa non è necessaria perché si è
ancora a scuola. La presa in custodia degli studenti avviene al
superamento di una soglia ben individuata, così come il passaggio
della loro custodia a terzi. Lo stesso vale per i servizi educativi.
In un paio di esperienze condotte in due nidi toscani ho vissuto la
singolare situazione di dover attendere l’autorizzazione dei
genitori per uscire in quello che tecnicamente era il giardino del
nido, ma non risultava inserito nelle planimetrie degli spazi
autorizzati. Mentre fisicamente non facevamo altro che superare il
cancellino che metteva in comunicazione due settori dello stesso
giardino, giuridicamente stavamo uscendo dal nido, come se fossimo
andati nel parco cittadino più lontano.
</p>
<p align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;">È
del tutto evidente che le responsabilità che scaturiscono dal quadro
giuridico vigente all’interno della scuola sono completamente
diverse rispetto a quelle vigenti altrove e che all’interno della
scuola o del nido poco cambia a seconda che ci si trovi in un’aula
o nel giardino. Eppure c’è un fattore culturale che interviene a
modificare le cose. Poiché l’idea più consolidata è quella che
l’educazione e l’insegnamento si facciano dentro, la possibilità
di avere grane legali o assicurative in caso di infortunio
all’interno e all’esterno è diversa. Nessuno chiederebbe mai
conto del perché un bambino si trova in un’aula, ma del perché si
trovasse fuori nelle specifiche condizioni che hanno generato
l’infortunio sì. Cosa ci facevamo alle 10 del mattino sotto una
lieve pioggerellina tra i cassoni dell’orto? Noi lo sappiamo bene
che stavamo osservando le lumache, ma il dubbio che tra fare
psicomotricità o algebra in un caldo interno e osservare gasteropodi
in un freddo e umido esterno vi sia una differenza in termini di
sicurezza ci assale e la nostra mente corre almeno alla giusta riga
del PtOF, del progetto educativo o di un qualche documento ufficiale
che possa farci da pezza d’appoggio per la difesa. Perché accade
questo? L’orto o il giardino sono parte della scuola e un’attività
didattica curricolare, magari condita dei sacri crismi del compito di
realtà o della rigorosa applicazione pratica del metodo scientifico,
sono fare scuola. Eppure molti di noi non ce la fanno a sentirsi “a
posto”. Questo perché l’ambito culturale e quello giuridico
dialogano di continuo, ma non sempre in accordo tra loro.</p>
<p align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;"><span style="text-align: left;">Probabilmente
abbiamo già superato la terza soglia dell’elenco di apertura:
quella psicologica. Quanto pesano il quadro giuridico e il contesto
culturale nell’influenzare la nostra predisposizione a varcare le
soglie che ci consentono di integrare le opportunità offerte dai
vari ambienti di apprendimento? E questo peso non va oltre il
necessario per creare una pressione psicologica che rende il nostro
agire nei tempi formali dell’educazione e della scuola più incerto
e timoroso? Io credo di sì, almeno a giudicare da come cambia il mio
vissuto quando mi trovo all’interno del perimetro di una scuola con
gli studenti o con i miei figli e i loro amici durante una
scampagnata. Di solito, nel primo caso avverto la necessità di un
insieme di valutazioni, azioni e precauzioni che vanno al di là di
quanto sento normalmente necessario nella seconda circostanza. Non è
una questione di responsabilità, anche perché so bene che, avendo
qualche titolo in materia di accompagnamento, le responsabilità che
derivano dall’affidamento a me di figli di terzi e, in qualche
caso, anche di adulti</span><a class="sdfootnoteanc" href="#sdfootnote2sym" name="sdfootnote2anc" style="text-align: left;"><sup>2</sup></a><span style="text-align: left;">,
diventa un gravame giuridico di non poco conto. Al pari di questa
pressione, che induce ad un eccesso di cautele e ci rende più
incerti, interagire con una comunità fortemente vocata al
superamento delle soglie potrebbe produrre l’effetto esattamente
opposto, cioè renderci fin tropo sicuri e condurci a sottovalutare
qualche aspetto legato alla sicurezza. A me, per esempio, è successo
di lavorare in una scuola in cui genitori e insegnanti condividevano
l’accettazione di un livello di rischio assai superiore alla media.
Potrei dire che la “ragionevolezza del rischio” in quel contesto
era poco ragionevole per la sensibilità comune nella nostra società.
Questo incoraggiava, indubbiamente, a cogliere il valore educativo di
alcune situazioni. Tuttavia, non sono poche le circostanze in cui,
come si suol dire, “è andata bene”, almeno al mio sguardo. Ogni
volta che ci penso, mi vengono in mente le parole di un formatore di
un corso sulla sicurezza seguito alla fine degli anni ‘90, un
magistrato di cui non ricordo il nome, che diceva “ogni volta che
vi sentite di poter dire che è andata bene, annotate un infortunio
senza danno e analizzate le cose per capire che non basta sempre la
fortuna”. Ecco, in quei casi siamo stati fortunati, ma anche un po’
sciocchi perché condividere un’irragionevolezza può condurci su
un terreno altrettanto scivoloso, sia che l’uscita dalla
ragionevolezza avvenga in una direzione o nell’altra. Per spiegarmi
meglio, tra non cogliere un’opportunità educativa per evitare un
rischio e correrne uno inaccettabile per fare un’esperienza
educativa, a mio avviso, non c’è molta differenza. Lo spostarsi da
una parte all’altra della soglia tra ragionevole e irragionevole è
frutto di un fatto psicologico a sua volta influenzato dal quadro
giuridico e culturale.</span></p>
<p align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;"><span style="text-align: left;">Ciò
detto, sperando che il mio ragionamento abbia un’utilità, provo a
chiedermi perché solitamente le tre soglie in questione vertano
sulla sicurezza (e la responsabilità) e non sull’educare. Perché
il nostro sguardo sembra saper mettere a fuoco solo da vicino (“Si
faranno male i bambini?”) e non è capace di vedere lontano (“Cosa
apprenderanno i bambini per la loro futura sicurezza?”)? Non ho una
risposta, ma invito ognuno di noi a riflettere su questa domanda.</span></p>
<p align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;"><u style="text-align: left;">Le
soglie come </u><i style="text-align: left;"><u>ecotono educativo</u></i></p>
<p align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;"><span style="text-align: left;">A
questo punto della riflessione sento ancora più pressante l’invito
a discernere tra soglie e muri, tra elementi che collegano e elementi
che separano. Questo perché il rischio di sollevare le soglie per
farne muri è alto. Derivando la nozione dalle mie conoscenze
ecologiche, mi piace pensare che le tre soglie di cui ho appena
parlato, le altre già citate e quelle che ho dimenticato, in quanto
elemento di passaggio tra ambienti diversi, possano costituire un
</span><i style="text-align: left;">ecotono educativo</i><span style="text-align: left;">.</span></p>
<p align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;"><span style="text-align: left;">Ecco
la definizione di ecotono tratta da </span><span style="color: navy; text-align: left;"><span lang="zxx"><u><a href="http://www.treccani.it/">www.treccani.it</a></u></span></span><span style="text-align: left;">:
“in ecologia, zona di transizione (e di tensione) fra due o più
comunità biologiche diverse (per es., foresta e prateria, fondo
roccioso e fondo melmoso del mare, ecc.), in cui si trovano organismi
propri delle comunità confinanti, ma anche altri, esclusivi della
zona stessa”. Uno dei motivi per cui si parla molto di ecotoni è
che costituiscono ambienti di eccezionale ricchezza biologica e,
purtroppo, sottoposti a forte minaccia umana in molte parti del
pianeta. Pensiamo, per esempio, a che fine hanno fatto gli ecotoni
costieri delle nostre riviere più vocate al turismo.</span></p>
<p align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;"><span style="text-align: left;">La
definizione di </span><i style="text-align: left;">ecotono educativo</i><span style="text-align: left;">
potrebbe essere questa: </span><i style="text-align: left;">zona di transizione (e di tensione)
fra due o più ambienti fisici o pedagogici diversi (per es., dentro
e fuori, prato e cortile, giardino e mensa, propensione e diffidenza,
ecc.), in cui si possono cogliere opportunità proprie delle realtà
confinanti, ma anche altre, esclusive della zona stessa</i><span style="text-align: left;">.
Credo sia piuttosto facile comprendere l’analogia con l’econotono
biologico: anche le soglie, nel loro complesso, sono un ambiente di
eccezionale ricchezza educativa, ma sono sottoposte a forte minaccia
umana. Pensiamo, per esempio, a che fine può fare l’educazione
quando le soglie diventano muri invalicabili.</span></p>
<p align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;"><span style="text-align: left;">Se
l’ecologia ci suggerisce l’importanza e la necessità di ridurre
le pressioni che portano ad alterare, semplificare e distruggere gli
ambienti ecotonali, possiamo cogliere lo stesso suggerimento per
l’</span><i style="text-align: left;">ecotono educativo</i><span style="text-align: left;">
e cercare di valorizzarlo. Potrebbe, addirittura, diventare un nostro
osservatorio privilegiato, trasformando la soglia nella comoda seduta
o nell’intrepido trampolino da cui osservare ciò che sta da una
parte e dall’altra per poi decidere in quale direzione muoversi per
cogliere le migliori opportunità. Sarà un movimento che non conosce
la nozione di senso unico ma, piuttosto, quella di osmosi, di
graduale e utile passaggio da un ambiente all’altro, da un lato
all’altro della soglia, senza trascurare l’importanza di
abitarla.</span></p>
<p align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;"><u style="text-align: left;">Oltre la soglia, in cerca di natura con qualche appiglio
pedagogico</u></p>
<p align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;"><span style="text-align: left;">Se di osmosi dovrà trattarsi, in molte realtà educative e
scolastiche ad oggi sembra vigere o almeno prevalere un senso unico
alternato che prevede di superare la soglia per entrare
nell’edificio, svolgere l’attività educativa e didattica per lo
più all’interno e, quindi, invertire il senso unico per uscire e
tornare alla vita extrascolastica. È a fronte di tale situazione che
in questo paragrafo andrò in cerca di appigli pedagogici per il
superamento della soglia in cerca di natura, quindi in direzione del
giardino e, come suggerirò nel prossimo capitolo, di quello che c’è
oltre. Lo farò attraverso una riflessione guidata da una serie di
citazioni di chi è pedagogista o figura importante del panorama
educativo a me visibile. Mi si perdonerà se il mio sguardo non
arriva sufficientemente lontano o se, qualche volta, attingerò da
chi dice cose per me interessanti, anche se vive e lavora in altri
mondi.</span></p>
<p align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;"><span style="text-align: left;">Inizierò,
anzi, proprio da chi si occupa di ben altro, cioè con </span><span style="text-align: left;">Giuseppe
Barbera</span><span style="text-align: left;">, docente di colture
arboree all’Università di Palermo, che scrive quanto segue: “se
osserva un albero con un maestro o un genitore attento, un bambino
apprende storie di paesi lontani, viaggia con la fantasia, ritorna
alle favole, applica nozioni di botanica, zoologia, ecologia anche
tra gli spazi di un marciapiede di cemento” (</span><span style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial; text-align: left;">Barber</span><span style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial; text-align: left;">a</span><span style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial; text-align: left;">,
2017</span><span style="text-align: left;">). In fondo,
attraversare le soglie del nostro ecotono educativo per andare fuori
in cerca di natura può voler dire creare proprio queste condizioni:
valorizzare ciò che abbiamo a disposizione, anche un marciapiede di
cemento, per offrire ai bambini l’opportunità di apprendere e per
sostenerli con grande attenzione in questo processo. Il potere
evocativo e metaforico degli alberi (</span><span style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial; text-align: left;">Pollan,
1991-2016</span><span style="text-align: left;">) incoraggia
in questa direzione, ma anche l’incontro con un filo d’erba o con
una formica valgono la pena di provarci. Angela J. Hanscom ci ricorda
che “nella natura i bambini imparano a correre dei rischi, a
superare le paure, a farsi nuovi amici, a regolare le emozioni, a
creare mondi immaginari” </span><span style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial; text-align: left;">(Hanscom,
2017</span><span style="text-align: left;">) e che il ruolo
degli adulti che offrono tempo e spazio per attività quotidiane di
gioco all’aria aperta è fondamentale.</span></p>
<p align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;"><span style="text-align: left;">Già,
tempo e spazio, due realtà talora tiranne o, come tendo a pensare,
trattate con tirannia da una società che spesso perde i riferimenti
più importanti, come il valore del tempo che si dedica a ciò che si
fa. Tutto deve essere veloce. Anzi, tutti dobbiamo imparare che
veloce è più bello, più funzionale, più non si sa bene cosa.
Stranamente, nella civiltà che si consacra alla velocità, uno degli
indicatori del benessere è la durata della nostra vita. Avere molto
tempo per vivere e fare le cose velocemente a me sembra un
controsenso e, in accordo con le parole di Franco Lorenzoni, andare
oltre la soglia può essere una buona occasione per evitare di
imitare ciò che accade nella società e, almeno nel mondo educativo
e scolastico, operare per contrasto trovandovi un luogo in cui,
mentre tutti corrono, poter andare lenti. Del resto, procedere
lentamente è un modo per aumentare le possibilità che arrivino
tutti e per incontrare davvero qualcosa. Per questo “bisogna dare
ai ragazzi il tempo di perdere tempo” (</span><span style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial; text-align: left;">Lorenzoni,
2014</span><span style="text-align: left;">) e, forse,
pensare che “il tempo perso in realtà è un tempo biologicamente
necessario” (</span><span style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial; text-align: left;">Zavalloni,
2008</span><span style="text-align: left;">). Il tempo
offerto dagli adulti ai bambini oltre la soglia, anche quando agli
occhi della società che corre veloce sembra perso, è infatti una
delle condizioni che trasforma gli spazi educativi in contesti nei
quali i bimbi possono farsi carico della propria educazione,
apprendendo per propria iniziativa, condizione peraltro tipica del
gioco libero, attività cui restituire valore anche quando si lavora
con i più grandi, e che consente apprendimenti altrimenti
impossibili (</span><span style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial; text-align: left;">Gray,
2013</span><span style="text-align: left;">).</span></p>
<p align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;"><span style="text-align: left;">Quali
sono gli spazi utili per educare </span><i style="text-align: left;">in</i><span style="text-align: left;">
e </span><i style="text-align: left;">alla</i><span style="text-align: left;"> natura? Secondo
Andrea Ceciliani (</span><span style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial; text-align: left;">i</span><span style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial; text-align: left;">n
Agostini-</span><span style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial; text-align: left;">Farné,
2014</span><span style="text-align: left;">), “l'educazione
all'aperto non richiede spazi particolari, ma una predisposizione
mentale da parte dell'adulto”. In tal senso, una delle cose da fare
è evitare di subordinare il tentativo di educare oltre la soglia
alle caratteristiche di ciò che vi si trova, cercando invece di
valorizzare il ruolo di queste ultime. Non importa, cioè, se vi
siano un prato o una pavimentazione, un albero o una pianta in vaso,
una recinzione o una siepe, un parco o un bosco, ma come gli adulti
si predispongono a sfruttare le opportunità offerte da questi
elementi, senza trascurare piccole trasformazioni da operare nel
tempo per migliorare gradualmente gli spazi, senza dover subire anche
i limiti delle ristrettezze economiche. È così che ciò che sta ai
due lati della grande soglia che divide il dentro dal fuori può
creare la privilegiata condizione per cui “l'ambiente esterno è
l'aula a cui attingere sul piano dei campi di esperienza”, mentre
lo spazio interno può costituire l'ambiente in cui “si sedimentano
e si elaborano le esperienze” (</span><span style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial; text-align: left;">Agostini-</span><span style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial; text-align: left;">Farné,
2014</span><span style="text-align: left;">). Provo ad
aggiungere un personalissimo “senza trascurare la possibilità che
i ruoli possano invertirsi”. Come scrive Alessandro Bortolotti (</span><span style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial; text-align: left;">in
</span><span style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial; text-align: left;">Agostini-</span><span style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial; text-align: left;">Farné,
2014</span><span style="text-align: left;">), l’ambiente
esterno, se popolato da adulti attenti ai loro fabbisogni, diviene
quello in cui il bambino “sperimenta la propria autonomia, che è
libertà di agire non in senso assoluto, ma nelle condizioni che
l'ambiente pone, nel rapporto concreto tra possibilità e limiti”.
Mi viene da suggerire “in un rapporto concreto con la realtà”
che metta al centro il bambino chiedendosi “non soltanto ciò che
al bambino serve oggi, ma ciò che a quel bambino di oggi servirà un
giorno” (Michela Schenetti </span><span style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial; text-align: left;">in
</span><span style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial; text-align: left;">Agostini-</span><span style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial; text-align: left;">Farné,
2014</span><span style="text-align: left;">). Questo può
costituire una svolta epocale, soprattutto per quanto riguarda
l’accettazione dei rischi che caratterizzano l’educare oltre la
soglia. Rischi non aggiuntivi, come spesso si ritiene quando si è
abituati a stare dentro, ma costitutivi, caratterizzanti e di valore
formativo proprio in prospettiva futura. Scoprire da bambini che sul
ghiaccio si scivola, che stare al sole può provocare disagio e
malessere, che alcuni insetti sono pericolosi e altri no o che
esistono piante velenose dentro le quali poter giocare e nascondersi,
costruisce un patrimonio di conoscenze e competenze che ci rendono
adolescenti e adulti capaci di vivere nel mondo, che non è un luogo
sempre protetto e sicuro, senza farci schiacciare dalla paura.</span></p>
<p align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;">Stare
fuori, nella natura che c’è oltre la soglia, non necessariamente
straordinaria, ma presente nel quotidiano, quindi capace di
insediarsi intimamente in noi, consente anche quella necessaria
immersione nell'ambiente che dà ai bambini “la possibilità di
osservare, sperimentare e attribuire un senso al contesto in cui si
trovano, quel senso che permetterà loro di decidere se e come
prendersene cura” (Schenetti in
<span style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial;">Agostini-</span><span style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial;">Farné,
2014</span>). È, infatti,
oltre la soglia, diretti all’esterno, che si può maturare,
conoscendola per come ci viene offerta, una qualche forma di rispetto
e convivenza pacifica con la natura, una percezione dell’ambiente
naturale come propria casa. A ben pensarci, oltre la soglia è più
facile scoprire che la realtà non è divisa in livelli, ma che “i
livelli in cui la scomponiamo, gli oggetti in cui la dividiamo, sono
modi in cui la natura correla in noi” e che “la separazione della
realtà in livelli è relativa al nostro modo di interagire con essa”
(<span style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial;">Rovelli,
2020</span>). Se, come
suggeriscono Monica Guerra, Claudia Ottella e Sara Vincetti, “i
bambini non pensano per discipline, ma si interrogano su un mondo
intero e non frammentato” (<span style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial;">Guerra,
2017</span>), oltre la soglia
troviamo l’opportunità di costruire modi nuovi in cui la natura
correla in noi, cogliendo anche “la possibilità di confrontarci
con il sistema complesso che sta alla base di ogni altra complessità
con la quale abbiamo a che fare nel quotidiano” (Bertolino e
Perazzone in <span style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial;">Guerra,
2017</span>). Ciò richiede
“un approccio metodologico in cui il ruolo dell'adulto (…) non è
più quello dell'insegnante che propone quesiti o dell'educatore che
indica attività, ma diventa quello dell'adulto capace di stare ad
ascoltare l'interesse e le domande spontanee dei bambini” (Guerra,
Ottella, Vincetti in <span style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial;">Guerra,
2017</span>) garantendo quel
livello di esplorazione del mondo che dona unicità e sorpresa alla
nostra esperienza, “condizione di ben altro impatto formativo che
far posto a dati accessori, estranei alle emozioni, e come tali
destinati a dissolversi in breve senza lasciare in noi alcun segno”
(Stefano Sturloni in <span style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial;">Guerra,
2017</span>). Tale approccio
richiede di accogliere anche ciò che, a volte, agli adulti non
piace, come l’apparente disinteresse dei bambini e dei ragazzi per
ciò che viene proposto. In tal senso, mentre educhiamo in e alla
natura dobbiamo tenere presente che noi umani, anche da bambini,
“siamo orientati a cogliere quello
che ci interessa comprendere, magari in un preciso momento, e a
lasciarci sfuggire ciò verso cui non siamo indirizzati o per cui non
siamo predisposti” (Bertolino e Perazzone in <span style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial;">Guerra,
2017</span>). Questo, nella
natura che “si offre all'esplorazione sia sul livello micro che sul
macro a seconda dello stile osservativo e del desiderio di relazione
individuale</p>
<p align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;">di
ciascuno” <span style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial;">(Malavasi,
</span><span style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial;">2013</span>)
determina uno scenario talora scomposto e apparentemente
disorganizzato del nostro star fuori educativo, molto disallineato da
un’idea di controllo e ordine geometrico della distribuzione dei
corpi che ereditiamo da un certo modo di fare scuola, secondo me un
po’ violento e vicino a logiche di intruppamento quasi militari.
Eppure, in un disarticolato gruppo di bambini che si muovono oltre la
soglia, nella natura che c’è, si riconosce la radicale assenza di
certezze, l’apertura al dubbio e la forza del pensiero scientifico,
“pensiero della curiosità, della rivolta, del cambiamento”,
nonché una moltitudine di sguardi e prospettive interne al mondo che
si riflettono a vicenda (<span style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial;">Rovelli,
2020</span>). È
probabilmente per questo che “nella vita outdoor le esperienze
educative si possono ritenere accurate quando si costruiscono e si
modellano con una certa artisticità e artigianalità a partire
dall'imprevedibilità della relazione con i bambini” (Michela
Schenetti <span style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial;">in
</span><span style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial;">Agostini-</span><span style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial;">Farné,
2014</span>), soggetti
propensi ad esercitare il proprio diritto ad una prospettiva
personale, e tra i bambini e l’ambiente, sempre in reciproco
influenzamento, come accade quando una farfalla attrae un bimbo e
questa vola via perché ne percepisce la presenza. Cogliere le
opportunità educative offerte dalla natura significa, cioè,
adattare continuamente il proprio agire in un instabile equilibrio
tra ciò che abbiamo programmato e ciò che si presenta
imprevedibilmente e si offre solo in quel momento. I livelli di
imprevedibilità sono molteplici ed interagenti. Ci si può
presentare una circostanza realmente straordinaria oppure qualcosa di
prevedibile nella propria natura, ma non programmabile, né
valorizzabile in un momento successivo (la farfalla, un arcobaleno) e
la reazione dei bambini può essere la più variabile, da un
incantato entusiasmo alla paura più estrema. È in quel momento,
però, che dobbiamo decidere cosa fare e come farlo, che la nostra
esperienza e le nostre capacità di agire come artisti e artigiani
dell’educazione possono consentire di cogliere l’opportunità che
si presenta, con l’ulteriore sfida di saper cogliere ciò che
davvero aggiunge qualcosa in termini di apprendimenti, senza cadere
nella trappola di lasciarsi distrarre da tutto e non lasciarsi
attrarre da niente.</p>
<p align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;">Ancora,
ci è richiesto di cogliere, rispettare e condividere la capacità
che ha il bambino di immergersi “nella natura come parte integrante
delle attività, non come paesaggio, ma come autentica esperienza
sensoriale” (Andrea Ceciliani <span style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial;">in
</span><span style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial;">Agostini-</span><span style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial;">Farné,
2014</span>), immersione che
protrae a lungo, talora in modo sorprendente e contrastante con le
nostre routine temporali, coinvolgimento, impegno e concentrazione in
attività spontanee senza che appaiano affaticamento, noia o
nervosismo (Michela Schenetti <span style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial;">in
</span><span style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial;">Agostini-</span><span style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial;">Farné,
2014</span>). Non di rado, un
adulto attento va in conflitto con se stesso nel tentativo di mettere
insieme il mosaico di universi temporali che si genera nel gruppo dei
bambini e i tempi che organizzazione e logistica della comunità
educante (il nido, la scuola, ecc.) impongono in nome del buon
funzionamento della macchina educativa. A me accade spesso quando i
bambini mi donano il proprio spontaneo storytelling, la restituzione
di saperi ed esperienze che si fa appagante condivisione, che stimola
la passione dei piccoletti che si trovano davanti ai miei occhi,
momento nel quale “l'esperienza del movimento, dell'entrare in
relazione con gli elementi naturali, osservare, coltivare,
raccogliere, costringe il bambino a trovare nuovi modi per
esprimersi, nuove domande, nuove connessioni simboliche” <span style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial;">(Michela
Schenetti in </span><span style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial;">Agostini-</span><span style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial;">Farné,
2014)</span>. È un momento
in cui la sfida comunicativa li fa crescere nella relazione e
nell’esercizio dell’importanza della condivisione dei linguaggi
ed è un frangente che, a mio modo di vedere, condivise
tutte le esigenze di natura logistica e senza che si debba mettere in
crisi il sistema inducendo la narrazione in momenti non appropriati
(ma chi lo decide quando sono davvero appropriati?), merita rispetto
e vale ben la pena di realizzare un piccolo ritardo per sospingere un
momento di grande importanza evolutiva per la persona che sta di
fronte a noi.</p>
<p align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;"><span style="text-align: left;">Tempi,
spazi, adulti. E loro, i bambini? Non posso certo avventurarmi su un
terreno così difficile, non avendo alcuna competenza, ma posso
prendere nuovamente in prestito la parole di altri. Lo faccio con
quelle di Silvia Imperiale e Valentina Monsenchio nel libro “Materie
intelligenti” (</span><span style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial; text-align: left;">Guerra,
2017</span><span style="text-align: left;">).</span></p>
<p align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;">“L'approccio
tangibile e avalutativo della natura rimanda ai bambini una
percezione di competenza, li invita a esporsi, a buttarsi in nuove
esperienze, proprio come si fa quando si condivide qualcosa con gli
amici”, dicono le due autrici. Ma c’è di più: “se i bambini
lavorano in gruppo nell'ambiente naturale (…) si possono osservare
in loro forme di cooperazione e solidarietà, una percezione e un
riconoscimento dell'altro come soggetto competente”. Fuori, oltre
la soglia, quando aboliamo il senso unico alternato citato all’inizio
di questo capitolo, i bambini possono trovare, costruire e mantenere
fin quando saranno ragazzi e ragazze e, infine, adulti una dimensione
che sostiene e sollecita gli apprendimenti, la loro condivisione e lo
sviluppo di forme di cooperazione che potranno risultare decisive per
lo stesso futuro dell’umanità.</p>
<p align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;"><u style="text-align: left;">Oltre la soglia, pertinenti e senza errore</u></p>
<p align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;"><span style="text-align: left;">Mi piace chiudere questo capitolo con un aneddoto e un invito.</span></p>
<p align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;"><span style="text-align: left;">L’aneddoto risale a qualche anno fa quando lavoravo in una scuola
privata ospitata in una bellissima villa e munita di grandi spazi
verdi, tra i quali l’antico giardino segreto che ospitava l’orto
da me curato insieme ai bambini. Una mattina d’inverno una bambina
della scuola dell’infanzia, approfittando del tempo perso da me e
dall’insegnante di turno che chiacchieravamo del nulla, iniziò a
strappare le grosse foglie di una pianta erbacea e a infilzarle nei
rami secchi di un arbusto. Percependo che stava succedendo qualcosa
di particolare, io e la maestra allungammo la nostra chiacchierata.
Ben presto la bambina accolse l’aiuto di altri bambini e la parte
bassa dell’arbusto fu rivestita di verde. Fu a quel punto che venne
da me a chiedere aiuto. Chiesi cosa dovessi fare e mi fu risposto che
avrei dovuto proseguire il lavoro laddove i bambini non riuscivano ad
arrivare. Eseguii, poi chiesi cosa stessimo facendo. Con un volto
pieno di stupore, quasi incredula, la bambina mi rispose “curiamo
la pianta, no?”. Chiesi maggiori spiegazioni e mi fu detto che la
pianta stava male e aveva perso le foglie. Il nostro lavoro
consisteva nel rimetterne di nuove cosicché la pianta potesse
guarire.</span></p>
<p align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;">Ad
un adulto una spiegazione del genere può
far sorridere, ma io presi la cosa molto seriamente e ricordai le
parole del già citato Stefano Sturloni in un convegno. Riconobbi
così la <i>pertinenza</i>
espressa dai bambini. Certo, nel tentativo c’erano dei grossolani
errori di natura tecnica, ma col germe di un’idea che ha
applicazione ordinaria in agricoltura: l’innesto. In quel caso
specifico non sarebbe mai riuscito e non lo usiamo di certo per
restituire alle piante le foglie perse nella stagione invernale, ma
l’operazione non era del tutto folle. Soprattutto, c’era il
riconoscimento da parte dei bambini dell’appartenenza dell’albero
e delle piante erbacee ad uno stesso regno vivente. In questo c’era
pertinenza. Solo dopo mi resi conto che anche io avevo imparato
qualcosa in quel momento: il tempo perso dagli adulti era stato una
ghiotta occasione di apprendimento, non solo per i bambini. Questo
accade quando si saltella da una parte all’altra della
soglia
e, soprattutto, quando ci si ferma su di essa per cogliere le
opportunità dell’ecotono educativo.</p>
<p align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;"><span style="text-align: left;">Mentre rileggo quanto scritto fin qui mi assale un timore: nonostante
le dichiarazioni di intenti, la mia propensione ad attraversare
l’ecotono, anzi, ad accompagnarvi educatrici e bambini tende a
portarci fuori, esattamente come questo libro. C’è un rischio in
tutto questo, cioè quello di cadere in una sorta di delirio che
ripristina il senso unico alternato orientandolo prevalentemente
verso l’esterno, bollando come inadeguato tutto ciò che può
accadere dentro o con l’uso di tecnologie moderne. Lavorando e
vivendo con dei nativi digitali credo sia un rischio da non correre,
ma che sia opportuno ricordare che l’ecotono educativo va
attraversato in lungo e in largo, percorrendolo in entrambe le
direzioni, tenendo la libertà per tutti, bambini inclusi, di poter
scegliere ciò che ognuno considera migliore. Uno dei nostri scopi è
dare ai bambini la possibilità di conoscere tutte le opzioni tra cui
scegliere e lasciare intendere che un mix tra più possibilità
potrebbe dare i maggiori vantaggi. Questo potrebbe essere il non
errore da compiere.</span></p>
<p align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;"><br />
</p>
<p align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;"><i><u>Bibliografia</u></i></p>
<p align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;">
<span style="color: #4c4c4c;">Agostini Francesca, Roberto Farné, Outdoor
education – l’educazione si-cura all’aperto, </span><span style="color: #4c4c4c;">Edizioni
Junior - Spaggiari editore, Parma 201</span><span style="color: #4c4c4c;">4</span></p>
<p align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;">
<span style="color: #4c4c4c;">Barbera Giuseppe, Abbracciare gli Alberi, Il
Saggiatore, Milano 2017</span></p>
<p align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;">
<span style="color: #4c4c4c;">Bertoncini Emilio, L’orto delle meraviglie,
MdS editore, Pisa 2015</span></p>
<p align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;">
<span style="color: #4c4c4c;">Gray Peter (2013), Lasciateli giocare, Einaudi
editore, Torino 2015</span></p>
<p align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;">
<span style="color: #4c4c4c;">Guerra Monica (a cura di), Fuori, suggestioni
nell’incontro tra educazione e natura, Franco Angeli Editore,
Milano 2015</span></p>
<p align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;">
<span style="color: #4c4c4c;">Guerra Monica (a cura di), Materie intelligenti
– il ruolo dei materiali non strutturati naturali e artificiali
negli apprendimenti di bambine e bambini, Edizioni Junior - Spaggiari
editore, Parma 2017</span></p>
<p align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;">
<span style="color: #4c4c4c;">Hanscom Angela J., Giocate all’aria aperta!,
Edizioni Il Leone Verde, Torino 2017</span></p>
<p align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;">
<span style="color: #4c4c4c;">Lorenzoni Franco, I bambini pensano grande –
cronaca di un’avventura pedagogica, Sellerio editore, Palermo 2016</span></p>
<p align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;">
<span style="color: #4c4c4c;">Malavasi Laura, L’educazione naturale nei
servizi e nelle scuole dell’infanzia, Edizioni Junior – Spaggiari
editore, Parma 2013</span></p>
<p align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;">
<span style="color: #4c4c4c;">Pollan Michael, Una seconda Natura, Adelphi
edizioni, Milano 2016</span></p>
<p align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;">
<span style="color: #4c4c4c;">Rovelli Carlo, Helgoland, Adelphi edizioni,
Milano 2020</span></p>
<p align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;">
<span style="color: #4c4c4c;">Zavalloni Gianfranco, La Pedagogia della
Lumaca, EMI, Bologna 2010</span></p>
<div id="sdfootnote1"><p class="sdfootnote"><a class="sdfootnotesym" href="#sdfootnote1anc" name="sdfootnote1sym">1</a><span style="color: navy;"><span lang="zxx"><u><a href="https://www.unimib.it/didattica/corsi-perfezionamento/corsi-perfezionamento-aa-201920/educazione-e-natura-ruolo-e-competenze-professionista-allaperto">https://www.unimib.it/didattica/corsi-perfezionamento/corsi-perfezionamento-aa-201920/educazione-e-natura-ruolo-e-competenze-professionista-allaperto</a></u></span></span>
</p>
</div>
<div id="sdfootnote2"><p class="sdfootnote"><a class="sdfootnotesym" href="#sdfootnote2anc" name="sdfootnote2sym">2</a>Vogliamo
parlare di un giapponese che non mastica una parola di italiano e
che quando si muove con me nel bosco potrebbe non avere modo di
sapere dove si trova e di come potrebbe chiamare i soccorsi?</p>
</div><div id="sdfootnote3">
</div>Emilio Bertoncinihttp://www.blogger.com/profile/01203336544196143315noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1754300467097680827.post-92097533224301216472023-11-30T10:08:00.005+01:002023-11-30T11:04:22.155+01:00Bambini in città, agevolatori di natura per una piccola rivoluzione urbana?<p><b>C’è natura in città?</b></p><p align="justify" class="western" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;"><b><!--Qualora venisse soppresso il titoletto, la domanda va posta all’inizio del testo.--></b></p>
<p align="justify" class="western" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;"><span style="text-align: left;">La domanda, semplice e diretta come quelle che sanno fare i bambini,
richiederebbe una risposta articolata partendo da un altro quesito:
cos’è “la natura”? La questione potrebbe complicarsi perché
ognuno ha una propria idea di natura che si forma sotto l’influenza
culturale della società. Non volendomi avventurare in questa
riflessione, parto dall’assunto che per molti di noi la natura è
un po’ l’antitesi di tutto ciò che è l’artificio introdotto
dall’uomo. Così, una diga, un’autostrada, la stessa città non
sono visti come parti della natura. Viceversa, il fiume, il bosco e
la campagna sono normalmente individuati come spazi naturali, anche
se nella generalità delle nostre esperienze sono ambienti che hanno
subito profonde modificazioni dovute agli interventi umani. Un occhio
competente riconosce le forme di governo, cioè di coltivazione, del
bosco e i naturalisti ci fanno notare che le campagne in cui amiamo
trascorrere i nostri “week-end in natura” o i fiumi che le
attraversano sono spesso il risultato di una profonda alterazione, se
non distruzione, di ambienti naturali. Insomma, la questione è assai
complessa, forse troppo per essere affrontata con “occhi bambini”.
Con questi, però, è possibile cercare, aiutare o portare la natura
in città, diventando veri e propri “agevolatori di natura”.</span></p>
<p align="justify" class="western" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;"><b style="text-align: left;">Osservare per aiutare la natura</b></p>
<p align="justify" class="western" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;"><span style="text-align: left;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjbFxZ9Q2LV7KvNqiX8YBN0TJ-DCxvBiIwYow_EdOnVnBMzucNbpfODXVSGcSUGV1I1M0yjsU93GIgp6EPJr5yhzGceKtGO1TOVGHFRsOifKts8aOoSZZYrL7ZPxRBOwRUFtBFeuRmPCl5X6GBYkoFNduhcpDxvuAh3ZilQbodIIfRfp9EFM5500XbBc4Y/s2560/Fotografia%201%20(2).jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="1920" data-original-width="2560" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjbFxZ9Q2LV7KvNqiX8YBN0TJ-DCxvBiIwYow_EdOnVnBMzucNbpfODXVSGcSUGV1I1M0yjsU93GIgp6EPJr5yhzGceKtGO1TOVGHFRsOifKts8aOoSZZYrL7ZPxRBOwRUFtBFeuRmPCl5X6GBYkoFNduhcpDxvuAh3ZilQbodIIfRfp9EFM5500XbBc4Y/w320-h240/Fotografia%201%20(2).jpg" title="Lungo i viali alberati, nei parchi e nei boschi urbani non è difficile imbattersi in un fungo a mensola" width="320" /></a></div>La prima cosa da fare per aiutare la natura in città è scoprire
dove essa si annida, talora favorita dall’azione umana, talaltra
con l’impertinenza di chi da sempre sul pianeta è pioniere e
pronto a cogliere delle opportunità. Camminando con occhi attenti e
spirito di scoperta, si possono individuare piante, animali e funghi
residenti in città. Alle piante coltivate nei giardini e negli orti
urbani, se ne accompagnano molte altre che riescono a crescere
spontaneamente su terreni incolti o, addirittura, sui monumenti. Nei
prati, sulle piante o su loro parti morte, è facile scoprire i
funghi. Alcuni, come quelli a mensola agenti della carie del legno,
cioè di quella malattia che rende cavi e pericolosi gli alberi, sono
visibili quasi sempre, mentre altri compaiono stagionalmente. Con
occhi attenti, nei giardini e sui muri è possibile vedere api e
formiche al lavoro, le tane degli animali o i nidi degli uccelli.
Anche altri insetti si rendono percepibili ai nostri sensi,
soprattutto nella buona stagione. Alcuni sono a noi graditi, come le
farfalle e le coccinelle, altri un po’ di meno, come le zanzare, le
mosche o le vespe. Tutto questo dimostra una cosa importante: la
città è colma di natura. Basta avere gli occhi per cercarla ed essa
è ovunque, anche nel nostro armadio, nel sottovaso dei fiori sul
balcone o sui vecchi mattoni di una casa. Avete mai visto i bei
disegni creati dai muschi e dai licheni? Questi ultimi sono viventi
molto particolari frutto di una simbiosi, cioè di un’unione che da
vantaggi reciproci, tra un’alga e un fungo. La loro combinazione li
rende capaci di colonizzare ambienti ostili alla maggior parte degli
esseri viventi e la loro presenza è un importante indicatore
ambientale poiché sono sensibili all’inquinamento urbano.<p></p>
<p align="justify" class="western" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;">
Osservando con gli occhi del naturalista, potremmo imbatterci anche
negli alieni, compresi quelli particolarmente invasivi. Si tratta di
animali<sup><a class="sdfootnoteanc" href="#sdfootnote1sym" name="sdfootnote1anc"><sup>1</sup></a></sup>
e piante<sup><a class="sdfootnoteanc" href="#sdfootnote2sym" name="sdfootnote2anc"><sup>2</sup></a></sup>
che sono riusciti a spostarsi da una parte all’altra del pianeta,
quasi sempre grazie all’uomo, per approdare in terre e acque in cui
riescono a sopravvivere e moltiplicarsi liberi dalle forme di
controllo tipiche degli ambienti di origine. In questo modo sono
riusciti a invadere spazi sottraendoli alle specie endemiche, cioè
originarie degli ambienti colonizzati, costituendo una vera e propria
minaccia. Si tratta, così, di una natura indesiderata perché capace
di provocare danni a quella tipica del nostro territorio. Accade, per
esempio, nei fiumi che attraversano le città, spesso abitati da
pesci introdotti dall’uomo, come il gigantesco pesce siluro, e non
da quelli originariamente presenti.</p>
<p align="justify" class="western" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;">
<b>Complichiamoci la vita</b></p>
<p align="justify" class="western" style="font-weight: normal; line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;"><span style="text-align: left;">Ho accennato ad alcune specie che
diventano problematiche in città, dalle specie aliene alle più
classiche zanzare</span><sup style="text-align: left;"><span><a class="sdfootnoteanc" href="#sdfootnote3sym" name="sdfootnote3anc"><sup>3</sup></a></span></sup><span style="text-align: left;">.
Posso aggiungere i colombi urbani, che spesso diventano infestanti, e
un po’ di roditori indesiderati, quali topi e ratti. Da non
dimenticare molti parassiti delle piante, tra cui numerosi insetti e
altri artropodi</span><sup style="text-align: left;"><span><a class="sdfootnoteanc" href="#sdfootnote4sym" name="sdfootnote4anc"><sup>4</sup></a></span></sup><span style="text-align: left;">.</span></p>
<p align="justify" class="western" style="font-weight: normal; line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;">
Potrei continuare l’elenco, ma a questo punto è importante notare
che quasi sempre quando la presenza di una specie genera allarme o
apprensione, se non veri e propri danni, la causa è un’eccessiva
semplificazione dell’ecosistema urbano. Il ridotto numero di
specie, sia animali, sia vegetali, l’assenza di predatori o altri
nemici naturali, la monotonia vegetale del territorio urbano (per
esempio, viali e siepi composti da uno o pochi tipi di piante, spesso
coetanee), le condizioni ambientali eccezionalmente favorevoli ad una
certa specie (per esempio, la disponibilità di cibo o di ambienti
rifugio) oppure sfavorevoli a un suo nemico naturale, sono tutti
fattori che possono avvantaggiarla a tal punto da diventare
problematica.</p>
<p align="justify" class="western" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-weight: normal;">Quanto appena detto ci dice che per
aiutare la natura urbana e rendere più vivibile le città una delle
soluzioni è rendere più ricco e complesso, in una parola
</span><i><span style="font-weight: normal;">biodiverso</span></i><span style="font-weight: normal;">,
l’ambiente cittadino. Ciò significa che dobbiamo fare in modo di
avere condizioni ambientali molto diversificate, per esempio
un’alternanza di aree verdi e spazi urbanizzati, nelle quali far
vivere un maggior numero di specie animali e vegetali.</span></p>
<p align="justify" class="western" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-weight: normal;">Potrebbe sembrare che questo non
sia alla portata dei bambini che, invece, possono dare il proprio
contributo, soprattutto se aiutati da adulti che hanno voglia di
essere complici di una piccola </span><i><span style="font-weight: normal;">rivoluzione
urbana</span></i><span style="font-weight: normal;">.</span></p>
<p align="justify" class="western" style="font-weight: normal; line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;"><b style="text-align: left;">Coltivare la città</b></p>
<p align="justify" class="western" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;"><span style="text-align: left;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiKkSXiEaIkkdeLVPa6q9jSaCxHjXXowzISxuvmt4lRxnoflVKRU8bp8KcoaLsu_HxTPtT6wcA108VhXu50rieG3f5HiQC4dP4il2taCUjh1wFurIr_6O3YFvqK-G8tgFEHAf01heoSOdmnx-dnZguqkLZy9N0KhSKqc1myISd961hAzD4f40mQR8LTB5o/s2560/Fotografia%202%20(2).JPG" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="1920" data-original-width="2560" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiKkSXiEaIkkdeLVPa6q9jSaCxHjXXowzISxuvmt4lRxnoflVKRU8bp8KcoaLsu_HxTPtT6wcA108VhXu50rieG3f5HiQC4dP4il2taCUjh1wFurIr_6O3YFvqK-G8tgFEHAf01heoSOdmnx-dnZguqkLZy9N0KhSKqc1myISd961hAzD4f40mQR8LTB5o/s320/Fotografia%202%20(2).JPG" width="320" /></a></div>Quando cammino in città, a causa di una mia deformazione
professionale, vedo tantissimi spazi nei quali i bambini e gli adulti
potrebbero coltivare piante. Dico “potrebbero” perché questo
spesso non accade, sebbene negli ultimi anni le cose stiano cambiando
molto.<p></p>
<p align="justify" class="western" style="font-weight: normal; line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;"><span style="text-align: left;">Di quali spazi sto parlando? Penso alle scuole e ai servizi
educativi, ai parchi e alle piazze, ai balconi e ai giardini. Tutti
luoghi nei quali bastano un po’ di terra, che spesso c’è, il
sole e dell’acqua per dare vita a un orto, un frutteto, un giardino
o un piccolo bosco urbano. Ho anche la fortuna di avere amici un po’
speciali che mi hanno insegnato a vedere spazi di coltivazione dove
non ci sono, ma su questo tornerò più avanti.</span></p>
<p align="justify" class="western" style="font-weight: normal; line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;"><span style="text-align: left;">Il giardino o il cortile di una
scuola (o di un servizio educativo), purché soleggiato e munito di
un rubinetto dal quale attingere acqua, sono i luoghi giusti in cui
coltivare le piante, soprattutto se c’è terra disponibile. Se non
c’è o è inadatta, possiamo aiutarci con vari tipi di contenitori
da riempire con terre e terricci. Non dobbiamo dimenticare, però,
che siamo in un contesto educativo e che, se coltivare con i bambini
è un modo per avvicinare la natura alla scuola, dobbiamo anche
pensare a una natura addomesticata che sappia insegnare. Proprio per
questo suggerisco di sbizzarrirsi con ortaggi, piante aromatiche,
officinali, da frutto e tintorie</span><sup style="text-align: left;"><span><a class="sdfootnoteanc" href="#sdfootnote5sym" name="sdfootnote5anc"><sup>5</sup></a></span></sup><span style="text-align: left;">,
non trascurando i desiderata dei bambini. Tutto questo ci permetterà
di imparare che il cibo si origina dal sapere, dal fare e dalla cura,
come le cose migliori della vita. Non trascuriamo, però, l’esistenza
del bello e ricordiamo che qualche pianta ornamentale potrebbe
trovare spazio accanto alle altre o nelle zone più difficili, come
quelle ombreggiate. Non dimentichiamo nemmeno che la cura di cui
necessitano le piante non è a tempo determinato e che la chiusura
estiva della scuola richiede soluzioni che possono cambiare il modo
stesso di interpretare lo spazio scolastico lasciandolo, per esempio,
accessibile in estate o autorizzando qualcuno ad accedervi. Tanto
meno dobbiamo dimenticare che l’arrivo delle piante modificherà i
fabbisogni manutentivi degli spazi richiedendo più attenzione e più
professionalità. Del resto ho già parlato di una piccola
rivoluzione, vero?</span></p>
<p align="justify" class="western" style="font-weight: normal; line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;"><span style="text-align: left;">Se a scuola e nei servizi educativi
coltivare è una cosa da fare insieme ad altri bambini e con l’aiuto
di insegnanti, educatori e esperti, lo scenario cambia a casa, dove
serve l’aiuto di genitori, nonni e amici vari. Può esserci
bisogno, infatti, di collocare una fioriera su un marciapiedi, di
posizionare dei vasi su un balcone o di decidere quale angolo del
giardino destinare alla nostra piccola rivoluzione. Per i bambini
potrebbe anche essere necessario fare qualche lettura o guardare
qualche video su internet che fornisca un aiuto tecnico. Leggere
insieme agli adulti “Il giardino segreto”</span><sup style="text-align: left;"><span><a class="sdfootnoteanc" href="#sdfootnote6sym" name="sdfootnote6anc"><sup>6</sup></a></span></sup><span style="text-align: left;">,
invece, potrebbe essere il modo migliore per scoprire quali
incredibili avventure potrebbero scaturire dall’inizio di una
piccola coltivazione, anche se non tutti avranno a disposizione gli
spazi in cui è ambientata la storia che vede coinvolti Mary e Colin.
Ogni bambino potrebbe, però, trovare l’entusiasmo e la
determinazione di Mary per aprire le porte della nostra cultura che
spesso considera i giardini come luoghi in cui bimbi e ragazzi
giocosi sono addirittura indesiderati. Coltivare ortaggi e aromi sul
balcone, far crescere rose o piccoli frutti nel giardino, usare le
piante per creare nascondigli e percorsi adatti al gioco, potrebbero
essere le premesse per portare la natura appena fuori dalle nostre
porte e finestre (che sono ottimi punti di osservazione degli animali
più schivi!) e, soprattutto, per frequentarla e scoprirla. Intanto,
la stagionalità degli ortaggi e di qualche frutto potrebbe tornare
ad essere una cosa nota e ovvia.</span></p>
<p align="justify" class="western" style="font-weight: normal; line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;"><span style="text-align: left;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="text-align: left;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiio71PMfjw_iUcrLvj1lt2HDANOEWAgkoartGNtnoEEiJ9iQnmoWlOLtFfKGrq2RGmHSouFQ0uM4CR1UP4MV7JOjdulZardrmD0Atv5fL1R5871fb4pog0an0Yk1l1YpgyGC0n8iaWZ8wm5nJ0az2iBivCNY19DPGfcYA5tdLS85bP4OogQ2_GFu85koI/s4160/Fotografia%203%20(2).jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="3120" data-original-width="4160" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiio71PMfjw_iUcrLvj1lt2HDANOEWAgkoartGNtnoEEiJ9iQnmoWlOLtFfKGrq2RGmHSouFQ0uM4CR1UP4MV7JOjdulZardrmD0Atv5fL1R5871fb4pog0an0Yk1l1YpgyGC0n8iaWZ8wm5nJ0az2iBivCNY19DPGfcYA5tdLS85bP4OogQ2_GFu85koI/s320/Fotografia%203%20(2).jpg" width="320" /></a></span></div><span style="text-align: left;">Se fin qui la piccola rivoluzione
che vede come protagonisti i bambini è cosa semplice, quello di cui
sto per scrivere richiede un po’ più di impegno da parte di tutti.
Nelle città esistono, infatti, gli spazi pubblici. Strade, piazze,
aiuole, prati e così via. Ne troviamo di tutti i tipi e in varie
condizioni. Alcuni hanno un verde molto bello e curato, così come,
all’estremo opposto, altri sono in completo abbandono. Per ognuno è
possibile immaginare “una giusta misura” nella quale i bambini,
insieme agli adulti, possono prendersi cura del verde divenendone i
coltivatori. Probabilmente, se alcune iniziative possono partire in
modo del tutto informale, strumenti giuridici come comitati e
associazioni possono risultare utili per facilitare veri e propri
fenomeni di adozione di alcuni spazi in cui coltivare. Personalmente
sono protagonista con alcuni amici e associazioni della nascita e
della vita di un orto che si trova in un parco pubblico</span><sup style="text-align: left;"><span><a class="sdfootnoteanc" href="#sdfootnote7sym" name="sdfootnote7anc"><sup>7</sup></a></span></sup><span style="text-align: left;">
ed è liberamente accessibile a tutti secondo una regola molto
semplice: ognuno ha diritto in ogni momento di fare ciò che è
necessario, dal piantare o seminare al raccogliere, dal togliere le
erbe indesiderate al dare l’acqua, senza tralasciare momenti di
contemplazione o di lettura, solitari o in clima di socializzazione
con altri. Sono ormai numerosi gli esempi di orti urbani condivisi e
conviviali presenti nelle nostre città e sempre più spesso tra i
protagonisti della loro vita ci sono famiglie e bambini.</span><p></p>
<p align="justify" class="western" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-weight: normal;">Se proviamo a sostituire la parola
“orto” con “giardino”, siamo pronti a diventare veri e propri
curatori dei giardini delle nostre città. A volte, i bambini possono
farlo con gesti semplici, come dare acqua alle piante sofferenti
durante l’estate o potare assieme agli adulti qualche arbusto
lasciato troppo a se stesso. Qualora l’entusiasmo ci prendesse la
mano, insieme ai bambini potremmo diventare veri e propri </span><i><span style="font-weight: normal;">guerrilla
gardeners</span></i><span style="font-weight: normal;">, cioè
giardinieri sovversivi che agiscono anche senza una vera e propria
autorizzazione con l’intento di arricchire di piante gli spazi
cittadini. Distribuire semi in un prato per arricchirlo di specie
erbacee da fiore potrebbe essere un modo per iniziare, ma un giorno
potremmo trovarci coinvolti nella nascita di una </span><i><span style="font-weight: normal;">food
forest</span></i><sup><i><span style="font-weight: normal;"><a class="sdfootnoteanc" href="#sdfootnote8sym" name="sdfootnote8anc"><sup>8</sup></a></span></i></sup><span style="font-weight: normal;">
urbana progettata e realizzata con i bambini del quartiere. Da
qualche anno a questa parte si parla di </span><i><span style="font-weight: normal;">wild-flowers</span></i><span style="font-weight: normal;">,
cioè di fiori selvatici con cui arricchire i prati, soprattutto dove
la manutenzione è ridotta e la loro crescita è più facile. Oltre a
introdurre i colori che piacciono a noi umani, essi mettono a
disposizione di molti insetti, quali api e farfalle, preziose
fioriture</span><sup><span style="font-weight: normal;"><a class="sdfootnoteanc" href="#sdfootnote9sym" name="sdfootnote9anc"><sup>9</sup></a></span></sup><span style="font-weight: normal;">.</span></p>
<p align="justify" class="western" style="font-weight: normal; line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;"><span style="text-align: left;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="text-align: left;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjk0E7YgNsCY7LZ8v9d6O92l76qf6j-f_cvgF2jzSJTKcsjLSmJ1ryWmIK36gV8JJCkuzpIbQspl2KokhTYISoGv-OmtUxdsh-N-El3OL_Vm0Fq-5z_fyu9VOz3yPYoQ1aUy1M_tquMiujaUHJlO1cCGZ1JT4-JgGxCKU18LoGlBBTYTxjoFZ8fuxDHhmY/s2048/Fotografia%204%20b%20(2).JPG" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1536" data-original-width="2048" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjk0E7YgNsCY7LZ8v9d6O92l76qf6j-f_cvgF2jzSJTKcsjLSmJ1ryWmIK36gV8JJCkuzpIbQspl2KokhTYISoGv-OmtUxdsh-N-El3OL_Vm0Fq-5z_fyu9VOz3yPYoQ1aUy1M_tquMiujaUHJlO1cCGZ1JT4-JgGxCKU18LoGlBBTYTxjoFZ8fuxDHhmY/s320/Fotografia%204%20b%20(2).JPG" width="320" /></a></span></div><span style="text-align: left;">Sicuramente dimentico qualcosa che
si potrebbe fare, ma chiudo questo paragrafo citando l’amico Gianni
Manfredini, ideatore di un progetto di guerrilla gardening molto
particolare: quello delle </span><i style="text-align: left;"><span>piante
volanti</span></i><sup style="text-align: left;"><i><span><a class="sdfootnoteanc" href="#sdfootnote10sym" name="sdfootnote10anc"><sup>10</sup></a></span></i></sup><span style="text-align: left;"><span>.
Lui vive a Milano che, come tutte le altre città del mondo, è ricca
di pali, soprattutto quelli dell’illuminazione pubblica. Ecco,
Gianni ha deciso di arrampicarvisi posizionando le piante all’interno
di barattoli di riuso decorati che fissa proprio ai pali. Alcune
piante se ne stanno lì da anni in attesa di sguardi curiosi, forse
un po’ bambini, che le notino. Nessuno le cura, ma loro dimostrano
che gli spazi per far crescere le piante e la natura in città sono
molti di più di quelli che solitamente vediamo.</span></span><p></p>
<p align="justify" class="western" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;"><b style="text-align: left;">Aiutare gli animali in città</b></p>
<p align="justify" class="western" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;"><span style="text-align: left;">Le piante che idealmente hanno
popolato la città nel paragrafo precedente hanno già dato un grande
aiuto agli animali. Alcuni di essi non sono necessariamente nostri
amici, come può accadere quando gli afidi colonizzano gli ortaggi o
attaccano in massa le foglie di alcuni alberi da frutto. Altri, come
quelli attratti dai wild-flowers, potranno divenire, loro malgrado,
cibo per alcuni uccelli che troveranno nella città una risorsa in
più. Riflettendo su questo aspetto e allargando il ragionamento, la
scelta delle piante da coltivare potrebbe essere orientata proprio a
fornire alimenti ad alcuni animali. Per esempio, rampicanti e arbusti
che producono bacche, come l’edera, il biancospino, il sorbo, il
prugnolo, rovi e il sambuco possono favorire la presenza di uccelli
come passeri, merli, capinere, scriccioli, pettirossi e fringuelli.
Essi, inoltre, possono costituire ambienti di rifugio e
nidificazione. Bambini che con l’aiuto degli adulti arricchiscono
gli spazi cittadini in questo modo sono veri e propri </span><i style="text-align: left;"><span>bird-gardeners</span></i><span style="text-align: left;"><span>,
nonché persone fortunate che potranno osservare gli animali che, via
via, popoleranno la città.</span></span></p>
<p align="justify" class="western" style="font-weight: normal; line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;"><span style="text-align: left;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjs2ShxtoYifJtA0AZbFa64ABOO_KFK0uXz5wgbAggHM36oZmgFBbdOykhmYaECHwq4dtcO-ta6EMLAq_w-jL3MnMED66GXDA7q5tMyUUeXJRlEBpviHhulppjeAdAtsIlyTHafsEGLTkInsjTZ7RqK7UVFV7cU9I7MYJoxaJvIx7mWQtbfctAiKUJCtlU/s1019/Fotografia%205%20a%20(2).JPG" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="687" data-original-width="1019" height="216" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjs2ShxtoYifJtA0AZbFa64ABOO_KFK0uXz5wgbAggHM36oZmgFBbdOykhmYaECHwq4dtcO-ta6EMLAq_w-jL3MnMED66GXDA7q5tMyUUeXJRlEBpviHhulppjeAdAtsIlyTHafsEGLTkInsjTZ7RqK7UVFV7cU9I7MYJoxaJvIx7mWQtbfctAiKUJCtlU/s320/Fotografia%205%20a%20(2).JPG" width="320" /></a></div>Un’altra possibilità di aiutare gli uccelli e gli altri animali è
quella di sostenerli in momenti difficili dell’anno. Sia nei giorni
più freddi dell’inverno, quando l’acqua diventa ghiaccio, sia
nelle estati siccitose, abbeverare tanto gli uccelli, quanto altri
animali, è dar loro un grande aiuto. Se non si ha un vero e proprio
abbeveratoio, un sottovaso, una scodella o un altro contenitore
riempito d’acqua, possibilmente tiepida in inverno, e posizionato
in un punto che non faciliti l’assalto di predatori (es. i gatti),
è una soluzione semplice ed efficace. E’ importante mantenere
l’acqua pulita e reintegrarla periodicamente. Questo può essere
fatto dai bambini e diventa anche un buon pretesto per uscire fuori
andando incontro alla natura.<p></p>
<p align="justify" class="western" style="font-style: normal; font-weight: normal; line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;">
Soprattutto in inverno, può essere utile allestire e rifornire
mangiatoie in cui rendere disponibili alimenti adatti, quali vari
tipi di semi (arachidi al naturale sgusciate, girasole, pinoli, noci,
nocciole, miglio, panìco, canapa, avena, frumento, mais),
eventualmente tritati e rigorosamente non salati o piccanti, e palle
di grasso che possono essere appese agli alberi e agli arbusti. Le
palle di grasso, importanti per fornire alimenti calorici durante i
giorni più freddi, si trovano in commercio, ma è possibile
realizzarle con un mix di margarina o strutto, biscotti secchi,
arachidi non salate, semi di girasole, uvetta e altri semi. In tutti
i casi, poiché gli uccelli sono abitudinari, quando si inizia la
somministrazione va proseguita con costanza.</p>
<p align="justify" class="western" style="font-weight: normal; line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;"><span style="text-align: left;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjVm1nmU1xy3fba3QwHIwp79NeBf2fgBUyDlSPF1tQcrJHkf5O0YEpS_byC2q0pP1patxdrOXHbAF7n_7yozitCnfm9i1fgz1chGNAAs9h5PthmQ3lj8WuKgMDhOaUG3mwrP_9YAMDxHh0sP5u_rJ_Wa-S1_OwlepHZxzWgMqU_VSjWy4O6DnWZrIS1ANs/s4096/Fotografia%206%20(1).jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="2304" data-original-width="4096" height="180" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjVm1nmU1xy3fba3QwHIwp79NeBf2fgBUyDlSPF1tQcrJHkf5O0YEpS_byC2q0pP1patxdrOXHbAF7n_7yozitCnfm9i1fgz1chGNAAs9h5PthmQ3lj8WuKgMDhOaUG3mwrP_9YAMDxHh0sP5u_rJ_Wa-S1_OwlepHZxzWgMqU_VSjWy4O6DnWZrIS1ANs/s320/Fotografia%206%20(1).jpg" width="320" /></a></div>Posizionare nidi artificiali per gli uccelli non è facile,
soprattutto per i bambini, e richiede una certa competenza
nell’individuare le specie presenti, nello scegliere il nido
migliore (non tutti quelli in commercio sono adatti) e nel
posizionarlo per cui è assai difficile avere successo. Seguendo le
istruzioni si può tentare, invece, di sostenere la presenza dei
pipistrelli, efficacissimi insettivori, mediante il posizionamento di
bat-box, cioè veri e propri rifugi per questi mammiferi volanti.
Analogamente, si possono posizionare casette artificiali per i ricci,
anche realizzandole in casa. <span style="text-align: left;">Un valido aiuto ad alcuni animali è poi, quello di lasciare degli
spazi incolti, con erbe alte o creare aree umide, quali laghetti e
piccoli stagni che diverranno luoghi privilegiati per l’osservazione
degli animali da parte dei bambini.</span><p></p>
<p align="justify" class="western" style="font-weight: normal; line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;"><span style="text-align: left;">Infine, ma anche qui non ho certo
esaurito tutte le possibilità, può capitare di trovare animali
feriti o uccelli caduti dal nido. Non è facile sapere come
comportarsi, né riuscire a salvarli, ma tanto alcune associazioni e
enti locali, quanto la LIPU</span><sup style="text-align: left;"><span><a class="sdfootnoteanc" href="#sdfootnote11sym" name="sdfootnote11anc"><sup>11</sup></a></span></sup><span style="text-align: left;">
possono costituire dei riferimenti per agire nel modo migliore
contribuendo a salvare esemplari di specie rare o addirittura a
rischio di estinzione.</span></p>
<p align="justify" class="western" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;"><b style="text-align: left;">Sensibilizzare la città</b></p>
<p align="justify" class="western" style="font-weight: normal; line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;"><span style="text-align: left;">Quello che abbiamo visto fin qui è
ciò che bambini, accompagnati da adulti disposti a collaborare,
possono fare direttamente, ma rimane qualcosa di molto importante:
coinvolgere altre persone. Questo per almeno due motivi. Il primo è
che, se interveniamo in più luoghi e in tanti, gli effetti dei
nostri interventi si amplificano grazie alla progressiva costruzione
di un mosaico ambientale cittadino sempre più favorevole alla
biodiversità. Il secondo è che, rendendo tutti più consapevoli di
come la città possa migliorare aiutando la natura, è più probabile
creare un movimento di opinione che possa spingere su questa strada
le amministrazioni locali o altri soggetti che possono avere un ruolo
importante nell’arricchire la biodiversità urbana. In questa
azione di sensibilizzazione i bambini non sono solo molto efficaci,
ma costituiscono una vera e propria rete che raggiunge tutti i
meandri della nostra società. Hanno, cioè, la capacità di portare
il messaggio di sensibilizzazione proprio a tutti gli adulti che
hanno potere decisionale. Non è una cosa da poco per la piccola
rivoluzione portata avanti dai </span><i style="text-align: left;"><span>bambini
agevolatori di natura in città</span></i><span style="text-align: left;">.</span></p><p align="justify" class="western" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;"><br /></p><p align="justify" class="western" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;"><b><u>Sitografia di riferimento</u></b></p><p align="justify" class="western" style="margin-bottom: 0cm;"><a href="http://www.facebook.com/groups/GuerrillaGardeningItalia/" style="font-family: "Times New Roman", serif; text-align: left;" target="_blank">www.facebook.com/groups/GuerrillaGardeningItalia/</a></p><p align="justify" class="western" style="margin-bottom: 0cm;"><span style="font-family: "Times New Roman", serif; text-align: left;"><a href="http://www.guerrillagardening.org" target="_blank">www.guerrillagardening.org</a></span></p><p align="justify" class="western" style="margin-bottom: 0cm;"><span style="font-family: "Times New Roman", serif; text-align: left;"><a href="http://www.ortiscolastici.it" target="_blank">www.ortiscolastici.it</a></span></p><p align="justify" class="western" style="margin-bottom: 0cm;"><span style="font-family: "Times New Roman", serif; text-align: left;"><a href="http://www.lifeasap.eu" target="_blank">www.lifeasap.eu</a></span></p><p align="justify" class="western" style="margin-bottom: 0cm;"><span style="font-family: "Times New Roman", serif; text-align: left;"><a href="http://www.lipu.it" target="_blank">www.lipu.it</a></span></p><p align="justify" class="western" style="margin-bottom: 0cm;"><a href="http://www.effettofarfalla.net" style="font-family: "Times New Roman", serif; text-align: left;" target="_blank">www.effettofarfalla.net</a></p><p align="justify" class="western" style="margin-bottom: 0cm;"><span style="font-family: "Times New Roman", serif; text-align: left;"><br /></span></p><p align="justify" class="western" style="margin-bottom: 0cm;"><span style="font-family: "Times New Roman", serif; text-align: left;"><b><u>Bibliografia di riferimento</u></b></span></p><p align="justify" class="western" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">Baldassarri W., Leone M., Moretto
E., Il giardino per le farfalle – manuale di istruzioni per
l’allestimento e la cura di aiuole, bordure, prati, siepi e
terrazzi, Amici della terra, 1991</span></p><p align="justify" class="western" style="margin-bottom: 0cm;"><span style="font-family: Times New Roman, serif; text-align: left;">Bertoncini
E., </span><span style="font-family: Times New Roman, serif; text-align: left;"><i>L'orto delle
meraviglie</i></span><span style="font-family: Times New Roman, serif; text-align: left;">, MdS
editore, Pisa, 2015</span></p><p align="justify" class="western" style="margin-bottom: 0cm;"><span style="font-family: Times New Roman, serif; text-align: left;">Bertoncini
E., </span><span style="font-family: Times New Roman, serif; text-align: left;"><i>Orticoltura
(eroica) urbana</i></span><span style="font-family: Times New Roman, serif; text-align: left;">, MdS
editore, Pisa, 2014</span></p><p align="justify" class="western" style="margin-bottom: 0cm;"><span style="font-family: "Times New Roman", serif; text-align: left;">Bertoncini
E. (2017), “Lezioni dalla natura (orti didattici e scolastici in
ambito urbano)” - in ACER – Parchi, verde attrezzato, recupero
ambientale Anno 33 – n.3</span></p><p class="western" style="margin-bottom: 0cm;"><span style="font-family: "Times New Roman", serif;">Bertoncini E. (2015), “Orto e
ortaggi nel mondo educativo” - all'interno dell'approfondimento
“Col cuore fuori” curato da M. Guerra in Bambini Anno 31 – n.9</span></p><p align="justify" class="western" style="margin-bottom: 0cm;"><span style="font-family: "Times New Roman", serif; text-align: left;">Bridgewater A. & G., Il
Giardino Naturale, Editore Il Castello, Marzo 2009</span></p><p align="justify" class="western" style="margin-bottom: 0cm;"><span style="font-family: "Times New Roman", serif; text-align: left;">Gioggi
A., Taffon D., Orto Amico a scuola – imparare e crescere dalla
terra – Edito da Fondazione Campagna Amica</span></p><p class="western" style="margin-bottom: 0cm;"><span style="font-family: "Times New Roman", serif;">Guerra
M. (a cura di), Fuori, suggestioni nell’incontro tra educazione e
natura, Franco Angeli Editore, Milano 2015</span></p><p class="western" style="margin-bottom: 0cm;"><span style="font-family: "Times New Roman", serif;">Romagnoli
A., Birdgardening - Come realizzare il giardino degli uccelli,
Editore Il filo verde di Arianna, Marzo 2016</span></p><p class="western" style="margin-bottom: 0cm;"><span style="font-family: "Times New Roman", serif;">Muller
G., La vita segreta dell'orto, Babalibri Editore, Milano 2013</span></p><p align="justify" class="western" style="margin-bottom: 0cm;"><span style="font-family: "Times New Roman", serif; text-align: left;">S. Battisti, E. Bertoncini, C.
Margaritelli, A. Micheletti, M. Moroni, L. Valenti - <a href="https://www.assam.marche.it/pubblicazioni/biodiversita-agraria/689-evviva-l-orto-che-ci-fa-sporcare-la-biodiversita-agraria-delle-marche-entra-a-scuola" target="_blank">Evviva l'orto
che ci fa sporcare - la biodiversità agraria delle Marche entra a
scuola</a>, Regione Marche e ASSAM, Ancona 2017</span></p><p align="justify" class="western" style="margin-bottom: 0cm;"><span style="font-family: "Times New Roman", serif; text-align: left;"><br /></span></p><p align="justify" class="western" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;"><span><b><u>Note al testo</u></b></span></p>
<div id="sdfootnote1"><p class="sdfootnote-western"><a class="sdfootnotesym" href="#sdfootnote1anc" name="sdfootnote1sym">1</a>Tra
gli altri le nutrie e i gamberi della Lousiana</p>
</div>
<div id="sdfootnote2"><p class="sdfootnote-western"><a class="sdfootnotesym" href="#sdfootnote2anc" name="sdfootnote2sym">2</a>Tra
gli altri, alberi come la robinia e l’ailanto</p>
</div>
<div id="sdfootnote3"><p class="sdfootnote-western"><a class="sdfootnotesym" href="#sdfootnote3anc" name="sdfootnote3sym">3</a>In
realtà alcune zanzare, come la <i>zanzara tigre</i><span style="font-style: normal;">,
sono tutt’altro che classiche essendo arrivate pochi anni fa da
altri continenti.</span></p>
</div>
<div id="sdfootnote4"><p class="sdfootnote-western"><a class="sdfootnotesym" href="#sdfootnote4anc" name="sdfootnote4sym">4</a>Gruppo
di animali invertebrati a cui appartengono gli insetti, gli
aracnidi, i miriapodi e i crostacei</p>
</div>
<div id="sdfootnote5"><p class="sdfootnote-western"><a class="sdfootnotesym" href="#sdfootnote5anc" name="sdfootnote5sym">5</a>Si
tratta di piante da cui si ottengono coloranti naturali</p>
</div>
<div id="sdfootnote6"><p class="sdfootnote-western"><a class="sdfootnotesym" href="#sdfootnote6anc" name="sdfootnote6sym">6</a>Romanzo
per ragazzi scritto nel 1911 da Frances Hodgson Burnett, narra
l’evoluzione di un’amicizia tra due bambini grazie alle cure
fornite a un giardino divenuto inaccessibile a causa di un grave
incidente.</p>
</div>
<div id="sdfootnote7"><p class="sdfootnote-western"><a class="sdfootnotesym" href="#sdfootnote7anc" name="sdfootnote7sym">7</a>Si
tratta dell’Orto del Giardino della Lumaca di Pietrasanta (LU).
Per saperne di più: www.ortodelgiardinodellalumaca.it</p>
</div>
<div id="sdfootnote8"><p class="sdfootnote-western"><a class="sdfootnotesym" href="#sdfootnote8anc" name="sdfootnote8sym">8</a>Un’area
coperta da alberi, arbusti, cespugli, rampicanti e piante erbacee in
cui è possibile raccogliere frutti, foglie, fiori, radici e legna
utilizzabili come alimento, mangime o per preparazioni erboristiche</p>
</div>
<div id="sdfootnote9"><p class="sdfootnote-western"><a class="sdfootnotesym" href="#sdfootnote9anc" name="sdfootnote9sym">9</a>Sul
sito web del progetto “Effetto farfalla”
(www.effettofarfalla.net) è possibile scaricare la guida “Il
giardino delle farfalle”.</p>
</div>
<div id="sdfootnote10"><p class="sdfootnote-western"><a class="sdfootnotesym" href="#sdfootnote10anc" name="sdfootnote10sym">10</a>Per
saperne di più: http://piantevolanti.blogspot.it/</p>
</div>
<div id="sdfootnote11"><p class="sdfootnote-western"><a class="sdfootnotesym" href="#sdfootnote11anc" name="sdfootnote11sym">11</a>http://www.lipu.it/gli-uccelli-e-la-natura/sos-animali-feriti.
</p><p class="sdfootnote-western"><br /></p><p class="sdfootnote-western">[<b>Questo articolo è uscito alcuni anni fa a mia cura sulla rivista <a href="https://bambini.spaggiari.eu/" target="_blank">Bambini</a></b>]</p>
</div>Emilio Bertoncinihttp://www.blogger.com/profile/01203336544196143315noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1754300467097680827.post-79122089268675010222023-02-05T17:31:00.002+01:002023-07-27T06:15:02.430+02:00Scienziato o tecnico di laboratorio? Il bambino al di là dello stereotipo dello sguardo adulto<h3 style="text-align: justify;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjAGMcO1Hi0joHu1XJJQ-8tgpwAoj_0nohG_muNWVnNQmE5y_fdDdWLmriT14MrYsjJ0ZmV3Xh-HBDoVVF7gtjVvK3ZdLpXeykJK6IPzimaq5aeQE_FFYdivuLRSxx3iQVxnam5Xw_6GNlatqrUMxhMBvmvk7XnfJcGaUh1shX8M6qldJvg9MQvJe8Q/s391/IMG-20210417-WA0016.jpg" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="391" data-original-width="386" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjAGMcO1Hi0joHu1XJJQ-8tgpwAoj_0nohG_muNWVnNQmE5y_fdDdWLmriT14MrYsjJ0ZmV3Xh-HBDoVVF7gtjVvK3ZdLpXeykJK6IPzimaq5aeQE_FFYdivuLRSxx3iQVxnam5Xw_6GNlatqrUMxhMBvmvk7XnfJcGaUh1shX8M6qldJvg9MQvJe8Q/s320/IMG-20210417-WA0016.jpg" width="316" /></a></div>Tornare bambino</h3><p style="text-align: justify;">Il mio più grande desiderio è quello di poter tornare ad essere bambino per qualche ora e poi tornare nuovamente alla vita adulta consapevole di quanto ho vissuto e provato in quel breve tempo. Sarebbe, nelle mie intenzioni, un modo per ridefinire la mia idea di bambino cercando di superare gli stereotipi che agiscono in me e, credo, in tutti. Sì, perché la cosa strana è che ognuno di noi è stato bambino o bambina, ma è ben difficile ricordare cosa significhi vivere quella condizione. Del resto, che gli adulti abbiano difficoltà a comprendere chi sia un bambino o una bambina è una condizione che si propone ai nostri occhi ogni giorno e, forse, capace di scaturire quella tendenza all'adultizzazione dell'infanzia che spesso si traduce in un abbigliamento adulto miniaturizzato col quale vestiamo bambini e bambine. A questi fenomeni di adultizzazione dell'aspetto, nella frenesia dei nostri tempi, si affianca l'azione adulta in sostituzione di quella infantile frutto del mancato riconoscimento delle abilità bambine. Così, anziché spingere i bambini nella zona di apprendimento prossimale teorizzata da Vygotskij, per esempio chiedendo loro di imparare ad allacciare le proprie scarpe, abbiamo trasformato questa sollecitazione in un compito per specialisti, mentre la sempre più ristretta galassia familiare si impegna nel sostituirsi ai bambini stessi ("ti lego le scarpe, altrimenti facciamo tardi") o nel trovare soluzioni di evitamento (le scarpe con allacciatura a strappo).</p><h3 style="text-align: justify;">Il bambino scienziato - La bambina scienziata</h3><p style="text-align: justify;">Da un paio di anni mi viene chiesto di svolgere interventi formativi sul tema del <i>bambino scienziato</i>. Ricordo ancora quando la <a href="https://koinecoopsociale.it/" target="_blank">Cooperativa Koiné</a>, con la quale ho la fortuna di collaborare, mi ha chiesto di intervenire su questo tema, poi diventato oggetto di vari interventi formativi: mi è parso subito ostico e scivoloso, ma mi ha appassionato. Ho fatto, poi, la scelta, probabilmente criticabile, di non andare a cercare ciò che è già stato detto, scritto o teorizzato su questo tema, ma di interrogarmi partendo dalla definizione di scienza. Così, per me <b>il bambino e la bambina scienziati sono bambini in cui è rintracciabile un agire coerente con la definizione di scienza</b>, niente di più e niente di meno. Oltre a questo, mi sono stampato un grafico che riassume la <i>teoria delle intelligenze multiple</i> di Howard Gardner. Quest'ultimo mi serve ogni volta che mi faccio prendere un po' troppo da ciò che mi piace, cioè la scienza, e rischio di vedere nei bambini solo una modalità di agire, cioè quella scientifica. Il bambino e la bambina scienziati coesistono con altri bambini che abitano lo stesso corpo: il musicista, il matematico, lo sportivo e così via.</p><h3 style="text-align: justify;">Cercare la definizione di scienza nell'agire bambino</h3><p style="text-align: justify;">Mi sono innamorato fin dalla prima lettura del saggio di Edoardo Boncinelli dal titolo <i>I sette ingredienti della scienza</i> ed è qui che possiamo rintracciare la definizione di scienza che, purtroppo, in pochi ci leggono prima, durante o dopo averci insegnato scienze. E' in quella definizione, che si trova trascritta al termine di questo articolo, che risulta facile rintracciare l'agire scientifico spontaneo nei bambini e nelle bambine fin dalla più tenera età.</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEinU3itjQG5b00vkZ04QSsEXL0-ziea4IeaVg2vBB9R9Tl9954b6zX1Avs5uE1iTBEc_3LoB_jtyjOrMW0aYpyKfO87-re2Ml27IM9Cak60RcrwR2M5LeXxmLwbzzKtCNxkVTJ51Q3yBX3d4tNco3RIEA2E8WUoZV9250U15-55wCQS9UAKP4IpQlUw/s467/scienza%201.jpg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="450" data-original-width="467" height="308" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEinU3itjQG5b00vkZ04QSsEXL0-ziea4IeaVg2vBB9R9Tl9954b6zX1Avs5uE1iTBEc_3LoB_jtyjOrMW0aYpyKfO87-re2Ml27IM9Cak60RcrwR2M5LeXxmLwbzzKtCNxkVTJ51Q3yBX3d4tNco3RIEA2E8WUoZV9250U15-55wCQS9UAKP4IpQlUw/s320/scienza%201.jpg" width="320" /></a></div>I bambini che si accalcano in gruppo attorno a un qualcosa di nuova scoperta propongono l'idea di scienza come <i>impresa collettiva</i>. Come ripeto spesso nelle mie docenze, l'idea un po' romantica e cinematografica dello scienziato che lavora da solo in un laboratorio, talora clandestino, è del tutto fuorviante. Da sempre e in quest'epoca in particolare, lo scienziato o la scienziata non possono agire da soli, ma hanno necessità di farlo in rete, di sapere cosa qualcun altro ha scoperto, di avere il supporto di chi già sa o di chi sa in merito a ciò che serve per progredire in un certo campo del sapere scientifico. <p></p><p style="text-align: justify;">La scienza è, poi, un'<i>impresa progressiva</i>. Le conoscenze si stratificano e ognuna fa da trampolino alle altre. Ogni conoscenza acquisita non va perduta, ma sostiene quelle future. E così è per i bambini che, se oggi si meravigliano per una scoperta, domani la pongono a far da base per le successive, così come se un'azione a tre anni serve per scoprire il funzionamento del proprio corpo, a nove permette di scoprire qualcosa del mondo. Se a tre anni si sperimenta, proprio nel senso di esperire, di vivere, una circostanza che genera scoperta, a nove o a quindici si formalizza quella scoperta. Lo scivolare col proprio corpo o far scivolare oggetti lungo lo scivolo onnipresente nei parchi cittadini non è solo un gioco, ma una sperimentazione in corso che da adolescenti troverà la sua concettualizzazione nel moto di un grave lungo il piano inclinato, nei concetti di accelerazione, velocità e attrito.</p><p style="text-align: justify;">La scienza si interessa agli <i>aspetti riproducibili dei fenomeni naturali</i>. Quale miglior specialista esiste nella ripetizione, nella riproduzione, nella ricerca dei fatti ripetibili e riproducibili del bambino e della bambina. Ad un adulto impreparato sembra quasi impossibile la tenacia con cui tornano a ripetere un gesto, un'azione che genera un risultato tangibile: un suono, un movimento, qualsiasi cosa. I salti ripetuti nella pozzanghera come il tornare a battere un bastoncino su diverse superfici generando suoni diversi, ma ciascuno più volte. E quanta attrazione spontanea per i fenomeni naturali: il volo di un insetto, un frutto marcescente, il brillare di una pietra.</p><p style="text-align: justify;"><i>Gli scienziati comunicano</i>. Modernamente lo fanno pubblicando i propri lavori, partecipando a convegni e conferenze. Ed ecco che i bambini quasi mai riescono a tacere delle proprie scoperte e, invece, provano la voglia di comunicarle. Lo fanno con altri bambini, con gli adulti che operano professionalmente con loro, così come con i familiari e gli amici. E questo comunicare affina i linguaggi, va in cerca di tanto di modalità espressive quanto di vocaboli, esattamente come accade ad uno scienziato che affina un gergo di settore, talora conia nuove espressioni o parole.</p><p style="text-align: justify;">Gli scienziati e chi dal punto di vista tecnologico utilizza le conoscenze scientifiche fanno <i>previsioni fondate</i> e progettano e mettono in atto <i>macchine funzionanti</i>, siano esse concettuali o materiali. E questo fanno i bambini quando si muovono in un ambiente nuovo, quando cercano di unire due oggetti con un terzo, quando provano a far stare in equilibrio un oggetto o ne accatastano più d'uno. Prevedono e verificano, poi affinano la capacità di assemblare sistemi più complessi o pensieri via via più articolati, esattamente come un pool di scienziati elabora una teoria che fa nascere la fisica quantistica. O come un team ingegneristico che progetta e costruisce un edificio o un ponte.</p><p style="text-align: justify;">Insomma, tutto ciò che contribuisce a definire la scienza i bambini e le bambine lo fanno spontaneamente. Del resto, come dice Neil Degrasse Tyson, astrofisico e divulgatore scientifico americano, uno scienziato è un bambino che non è mai cresciuto.</p><h3 style="text-align: justify;">Le mie stoviglie non fanno di me un cuoco</h3><p style="text-align: justify;">Ho una cucina mediamente attrezzata. Ci sono forno e fornello, frigorifero, bollitore, tostapane, stoviglie varie. Ho pentole di varia misura. Idem per le padelle. Ho delle teglie. Ho taglieri, coltelli e altre cose che uso con una certa perizia. Eppure, nessuna delle persone che mi conoscono pensa di me che sia un cuoco, anzi. Negli ultimi anni, per vicissitudini personali, mi sono trovato sempre più spesso a cucinare e, come possono testimoniare i miei figli, sono molto migliorato. Ho imparato a fare il ragù di carne, per esempio. Nonostante questi miei potenti progressi, nessuno pensa di me che io sia diventato un cuoco. Personalmente, invece, ho affinato alcune competenze di fisica e chimica. Ho imparato ad usare l'acido acetico dell'aceto per togliere le incrostazioni di calcare dal bollitore. Ho affinato una mia tecnica per massimizzare l'efficacia degli sgrassatori lavorando sui tempi di azione. Ho scoperto che gli antimuffa a base di cloro, grazie al loro potere sbiancante, possono servire per far tornare come nuovi i mestoli di legno che talora virano verso colori scuri. Ho scoperto anche che, se questi strumenti non si asciugano velocemente, le muffe sono rapide nel colonizzarli, esattamente come accade ai formaggi se rimangono troppo a lungo in frigorifero, magari chiusi in un contenitore o avvolti in una pellicola. La mia scienza in cucina ha fatto passi da gigante, ma continuo a non essere definito un cuoco. Qualche persona, invece, mi dice che a sentirmi parlare di questi aspetti sembro uno scienziato. Vorrei obiettare che lo sono o, meglio, che il mio agire quotidiano è scientifico. E lo faccio spesso.</p><p style="text-align: justify;">Spero di esser stato convincente sul fatto che non è la dotazione tecnologica della mia cucina a fare di me un cuoco. Anzi, provo a dire che un cuoco riesce a cucinare e, soprattutto, a farlo meglio di me anche in una cucina male attrezzata o con ingredienti limitati in quantità e qualità. Del resto, di molti cuochi e cuoche i familiari dicono che fin da piccoli erano interessati al cibo, a prepararlo, cucinarlo, anche quando avevano ben poco a disposizione e pure qualche limite posto dagli adulti. Il loro essere cuochi non è frutto di dotazioni tecnologiche, ma di un agire per loro quasi inevitabile.</p><h3 style="text-align: justify;">Prescindere dallo stereotipo adulto: il bambino non è un tecnico di laboratorio</h3><p style="text-align: justify;">Se il ragionamento fin qui condotto funziona, posso finalmente arrivare al mio affondo: gran parte delle volte che introduco l'argomento del bambino e della bambina scienziati, i miei interlocutori e interlocutrici iniziano a parlare di esperimenti, di fagioli cresciuti nell'ovatta, di lenti, macchine fotografiche e microscopi. Se li lascio proseguire, e spesso lo faccio prima di entrare nel merito dell'argomento, quello che si materializza nei racconti e nelle proposte non è un bambino scienziato, ma un tecnico di laboratorio.</p><p style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgiuKHEkXg_9y4qVzVTa3m80swLuQ8X507RB0VfC673yG1XzZc7RRRN2NmMGyn10VkIdZWAyQe0OrdLXqS0oWJrciATmb8qnDXgv_4MdnKj-GBE1CafZTMbMilPXrWGuMoVBTxdM1TIGbrk_3G2YOLUqKxSxFO_Ff4UC58e3rJuAfVV_otqXcU_ajT4/s735/laboratorio-735x400.jpg" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img alt="Immagine liberamente tratta da https://www.jobsanita.it/" border="0" data-original-height="400" data-original-width="735" height="174" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgiuKHEkXg_9y4qVzVTa3m80swLuQ8X507RB0VfC673yG1XzZc7RRRN2NmMGyn10VkIdZWAyQe0OrdLXqS0oWJrciATmb8qnDXgv_4MdnKj-GBE1CafZTMbMilPXrWGuMoVBTxdM1TIGbrk_3G2YOLUqKxSxFO_Ff4UC58e3rJuAfVV_otqXcU_ajT4/w320-h174/laboratorio-735x400.jpg" title="Immagine liberamente tratta da https://www.jobsanita.it/" width="320" /></a></div>Provo a descriverlo in ambito educativo e scolastico. Ha spazi in cui sono disponibili attrezzature dei tipi più diversi. Quando inizia a leggere ha a disposizione dei manuali e delle istruzioni. Ha almeno un adulto di riferimento in qualche misura specializzato che lo guida a condurre esperimenti suggeriti, guidati o semplicemente proposti come unica possibilità del momento. Ottiene risultati brillanti sul piano del prodotto: il seme del fagiolo germina, l'interno del bulbo si rivela al microscopio, il tappo di sughero galleggia. Esattamente come accade ai miei colleghi agronomi che fanno analisi chimico-fisiche del suolo nel loro laboratorio: seguono una metodologia, hanno strumenti muniti di manuali e istruzioni operative, emettono un report di analisi standard. E lo fanno con camice bianco e occhiale protettivo. Un compito e un ruolo importante per il quale è necessaria una profonda conoscenza tecnico - scientifica, ma niente che aiuti a definirli scienziati. Esattamente come il cuoco e la cuoca: il loro è un laboratorio in cui le reazioni chimiche e i fenomeni fisici sono il tramite della loro arte, ma nessuno li definisce scienziati.<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><p></p><p style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjy6fxMIey8z3VtZsdrkuCDbQm7M9NXTW0oOm5S3XzDnK-5bpOYiEj5H_45ZWMi0_0rfL2tBAonaCOguyiMtM598MmrzVxoGr-lU_LkcNJzQBfuNYSegtg0BjKEzC8GJHv_5GtCpNOsRrfjjzscsopQuBe_Thslth7SbBwJRbTSVvTHtdeRDkw5YOJk/s4608/IMG_20220505_164720.jpg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="3456" data-original-width="4608" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjy6fxMIey8z3VtZsdrkuCDbQm7M9NXTW0oOm5S3XzDnK-5bpOYiEj5H_45ZWMi0_0rfL2tBAonaCOguyiMtM598MmrzVxoGr-lU_LkcNJzQBfuNYSegtg0BjKEzC8GJHv_5GtCpNOsRrfjjzscsopQuBe_Thslth7SbBwJRbTSVvTHtdeRDkw5YOJk/s320/IMG_20220505_164720.jpg" width="320" /></a></div>E allora? Allora è giunto il momento di togliersi di dosso uno stereotipo che vive nella testa degli adulti: lo scienziato ha bisogno di attrezzature e strumenti, soprattutto nella scienza moderna, ma a renderlo scienziato sono il suo agire e il suo pensiero, non quegli strumenti. Certamente la fisica quantistica e la biologia evoluzionistica non sarebbero tali senza le attuali dotazioni tecnologiche, ma tanto le intuizioni della prima quanto quelle della seconda sono frutto di una modalità di pensiero, di un agire in senso lato, di uno sguardo e divergente originale sul mondo. Il famoso <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Paradosso_del_gatto_di_Schr%C3%B6dinger" target="_blank">paradosso del gatto di <span style="text-align: left;">Schrödinger </span></a> non è frutto della disponibilità di un gatto e di una scatola, ma di un pensiero che fa di <span style="text-align: left;">Schrödinger uno dei più grandi scienziati del novecento, nonché un Premio Nobel. Alla stessa stregua, non è una lente a evidenziare in una bambina l'agire scientifico, ma la sua curiosità di fronte al brulicare di animaletti quando si solleva un oggetto rimasto a lungo appoggiato sul terreno, la sua innata tendenza a fare qualcosa, a chiamare gli altri, a raccontare cosa ha scoperto, a disturbare intenzionalmente quegli animali per vedere cosa fanno.</span><p></p><p style="text-align: justify;"><span style="text-align: left;">Proprio qualche giorno fa un diciottenne di cui sono "<a href="https://emiliobertoncini.blogspot.com/2022/10/mare-fuori-dentro-unaula.html" target="_blank">il prof di scienze</a>" mi ha detto: "io da bambino davo fuoco alle formiche... credo che lo facciano tutti da bambini". Ecco, al di là del tratto crudele che emerge allo sguardo di molti adulti, Kevin (nome di fantasia) ha condotto un esperimento scientifico che si contraddistingue in primis per il pensiero e l'agire, poi per gli strumenti necessari. Alcol e accendino aiutano molto, ma carta e fiammifero funzionano ugualmente. Un po' di paglia o di erba secca anche. "Le formiche scappano, ma non sono abbastanza veloci, e il loro corpo si muove in modo strano mentre bruciano": sì, i bambini sanno fare cose terribili al pari degli scienziati ed è per questo che, loro come la comunità scientifica, hanno bisogno di uno sfondo etico. A questo, anche a questo, servono a fianco adulti preparati.</span></p><h3 style="text-align: justify;">Quindi? Una breve semplice conclusione</h3><p style="text-align: justify;">Quindi, nel tentativo di riconoscere e sostenere l'agire scientifico dei bambini, noi adulti dobbiamo prima di tutto liberarci dei nostri stereotipi, tornare alla definizione di scienza e ripartire da lì. Gli ambienti e le loro dotazioni tecnologiche contano, ma ancor di più vale il nostro pensiero pedagogico, soprattutto quando ci rapportiamo con la prima infanzia. Dobbiamo ripartire dai bambini e dalle bambine per evitare che il loro agire scientifico non sia reale, ma un mimo del nostro stereotipo. Avete mai visto un bambino che osserva qualcosa con una lente ormai opacizzata? Io sì. In quel momento non osserva altro che l'adulto in cerca di approvazione, perché dalla lente non si vede nulla. E' quando ripone la lente difettosa e si avvicina al buchetto da cui escono le formiche e prova a bloccarle con un sasso che è un giovane scienziato al lavoro. Scienziato che coesiste con molte altre figure e intelligenze.</p><p style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhWbt3Pvpo-Blr2x2E6DgS5Kxlbo8Rnok1O7yJwSldi8s1rBFMQhTeQP6dlYPt7mLmBuQHQg0-nXpfrcyntTO7wxXcKR8KOzF7s0LMcp0KUIby1P-8uF13UXHaa_8KfGRgS0qP5Kw1hJhoReUYhyjPA7zVQC20L01Ffi5v6jyWn4P2WyWGJ9pmN_rFe/s640/webb%20telescope.jpg" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img alt="James Webb Telescope" border="0" data-original-height="480" data-original-width="640" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhWbt3Pvpo-Blr2x2E6DgS5Kxlbo8Rnok1O7yJwSldi8s1rBFMQhTeQP6dlYPt7mLmBuQHQg0-nXpfrcyntTO7wxXcKR8KOzF7s0LMcp0KUIby1P-8uF13UXHaa_8KfGRgS0qP5Kw1hJhoReUYhyjPA7zVQC20L01Ffi5v6jyWn4P2WyWGJ9pmN_rFe/w320-h240/webb%20telescope.jpg" title="James Webb Telescope" width="320" /></a></div>Ciò non significa che non abbia senso mettere a disposizione di bambine e bambini strumenti utili all'indagine scientifica, ma che questi non devono orientare e dominare la loro ricerca, bensì sostenerla. Quegli strumenti non dobbiamo usarli perché li abbiamo comprati, ma comprarli o costruirli perché in un certo momento possono servire. In questo dobbiamo anche ricordare che i telescopi spaziali permettono di osservare zone del cosmo altrimenti inosservabili, ma che ancora oggi molte scoperte sono fatte con telescopi a terra, talora da semplici <a href="https://www.focus.it/scienza/spazio/asteroide-appena-scoperto-passaggio-ravvicinato-senza-rischi" target="_blank">astronomi amatoriali</a> muniti di strumenti tecnologicamente ben meno evoluti dei primi. Così, un rametto può far scoprire più cose sulle formiche di un potente microscopio disponibile nel laboratorio di scienze. Di pari passo, quel rametto lascia che possano manifestarsi il bambino o la bambina scienziati senza imbrigliarli nel ruolo di tecnico di laboratorio.<p></p><p style="text-align: center;">-----------------------------------------------------------------------------</p><p style="text-align: center;"><i><span style="color: #0b5394; font-size: medium;"><b>Annotazione a margine: cosa è la scienza?</b></span></i></p><div style="text-align: justify;"><span style="text-align: left;"><span style="color: #6fa8dc; font-family: georgia;">Un’impresa collettiva e progressiva volta a cogliere gli aspetti
riproducibili di un numero sempre maggiore di fenomeni naturali e a
comunicarli attraverso lo spazio e il tempo in forma sinottica e
internamente non contraddittoria, in modo da porre chiunque in
condizione di fare previsioni fondate e di progettare e mettere in
atto “macchine” funzionanti, siano esse di natura materiale o
mentale.</span></span></div><p style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm; text-align: right;">Edoardo Boncinelli
in “I sette ingredienti della scienza”</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;"><br /></p>Emilio Bertoncinihttp://www.blogger.com/profile/01203336544196143315noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1754300467097680827.post-444601005158038852022-10-21T00:24:00.008+02:002022-10-21T14:38:24.109+02:00Mare fuori, dentro a un'aula<p style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhfAMIfAIIBTWNxrapPQmb5Y33ql1YFLuHW_0x-Cq7rqX28gZIiLGsx6YpYhN1vWg2FxUSplVv9NlQHS-VvH80ehXaZ3RGZiCu0k-YCHO_t1KzhikBjKo-PrDS2b5G1tXzBtVof61bFV4Vv87vEpJOscz5XLb99YKojA_Ab6hOpPuTYqxyUldwoa2Bj/s620/1666351978675.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="310" data-original-width="620" height="160" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhfAMIfAIIBTWNxrapPQmb5Y33ql1YFLuHW_0x-Cq7rqX28gZIiLGsx6YpYhN1vWg2FxUSplVv9NlQHS-VvH80ehXaZ3RGZiCu0k-YCHO_t1KzhikBjKo-PrDS2b5G1tXzBtVof61bFV4Vv87vEpJOscz5XLb99YKojA_Ab6hOpPuTYqxyUldwoa2Bj/s320/1666351978675.jpg" width="320" /></a></div>Non c'è cosa più difficile da definire di ciò che faccio professionalmente e non c'è cosa più semplice da qualificare di ciò che sono professionalmente: un privilegiato.<p></p><p style="text-align: justify;">No, non c'è alcun posto sicuro, ma l'eterno precariato di chi costruisce oggi l'incarico di domani e quasi non si capacita per quanto interesse ci sia per ciò che fa. Non c'è nemmeno la ricchezza, tantomeno la gloria. C'è il contatto con un'umanità quanto mai vasta e varia.</p><p style="text-align: justify;">A più riprese e con maggiore intensità nel post - covid, sono stato catapultato a fare scuola a chi nella scuola non rimane. Sì, io entro nelle aule che ospitano, spesso loro malgrado, "i ragazzi drop out", quelli che non riescono a seguire un percorso scolastico nell'età dell'obbligo formativo e che, quasi come se questo avesse senso solo per loro, vengono avviati ad un percorso professionalizzante. Saranno addetti di cucina, falegnami, parrucchieri, muratori, ma il sistema non li vuole solo capaci di fare un lavoro, bensì muniti di una cultura generale minima. Ecco, io in quei contesti sono "il prof di scienze". Ho un programma che dovrei seguire, cosa che cerco di fare, e di fronte a me ragazzi, talora ragazze, che tutto vogliono tranne sapere ciò che dovrei insegnargli. In fondo, è la mia fortuna: è grazie a questo che riesco a fare scuola a loro insaputa coltivando, tirando calci a un pallone, costruendo oggetti, guardando un film, andando al supermercato o all'orto botanico e, perché no, sedendomi con loro al bar. In definitiva, il contenuto scientifico è ovunque e la scienza è un metodo per guardare e studiare il mondo. Non serve amarlo, ma capire che può aiutarci nel quotidiano Non sono uno scienziato e non c'è motivo per cui dovrebbero diventarlo quei ragazzi.</p><p style="text-align: justify;">Qualche giorno fa mi è capitato di leggere un post su Facebook in cui qualcuno, non ricordo chi, diceva che avrebbe voluto essere l'insegnante di Samantha Cristoforetti, l'astronauta. Ecco, mentre lo leggevo ho pensato che i miei incarichi di "prof di scienze per ragazzi drop out" sono un grande privilegio. Non dubito del fatto che Astrosamantha abbia incontrato insegnanti fantastici e bravissimi, ma dubito fortemente che senza di loro avrebbe avuto una vita diversa. Lei non è mai stata una ragazza da salvare, casomai è la ragazza che ci salverà. Lo fa semplicemente ispirandoci. </p><p style="text-align: justify;">La vera sfida è aiutare a salvarsi gli adolescenti che incontro nelle aule dei già citati corsi "per drop out". Sono ben convinto che scienze non li aiuterà, ma nutro la speranza che in quelle ore possano trovare un appiglio, l'idea che il sapere non sia qualcosa che ti misura di fronte al mondo, ma che ti colloca in quel mondo. Un mondo non facile che li ha già respinti prendendo in carico chi ce la fa e confinando loro in gruppi nei quali si concentrano una o due decine di quegli studenti che, spesso, averne due in classe è considerato un disastro. Eccoli lì: gli sfigati buttati fuori dal sistema scolastico che devono trovare un modo per primeggiare tra apparenti meno che mediocri. Dico apparenti perché, quelle volte che riesco ad agganciarne uno, mi rendo conto delle loro enormi lacune, ma anche di potenzialità che sono rimaste inespresse. E' come se a loro mancasse la formula matematica (vi assicuro che spesso non hanno alcuna base) per rendere concreto un fenomeno fisico che sanno tranquillamente maneggiare. Hanno visione di gioco, ma sono senza le scarpe giuste per il campo in cui si svolge la gara. Spesso hanno, però, esperienze di vita, quasi sempre tutt'altro che facili, che ne fanno dei Matusalemme al confronto sia dei coetanei sia dei docenti.</p><p style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhNx-3Js5QPtV8hBGl269sOxwNQHnrqi_5PXAwldq7QHILjLIgSEggRWzL3_8oXsjkkvJHUqkI93np62czqtQriL01wnfWt7i8Lw7jCXFXFBk0PIQF5SVE2eMXa6RlqVIc6Mt-7L777ZuA3JMNgebr-rExFdE5Wl4aKV73ifC0pkv-G3CfmCdj03Q7g/s3456/IMG_20221021_132812_resized_20221021_012831033.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="3456" data-original-width="2592" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhNx-3Js5QPtV8hBGl269sOxwNQHnrqi_5PXAwldq7QHILjLIgSEggRWzL3_8oXsjkkvJHUqkI93np62czqtQriL01wnfWt7i8Lw7jCXFXFBk0PIQF5SVE2eMXa6RlqVIc6Mt-7L777ZuA3JMNgebr-rExFdE5Wl4aKV73ifC0pkv-G3CfmCdj03Q7g/s320/IMG_20221021_132812_resized_20221021_012831033.jpg" width="240" /></a></div>Le ore di lezione con loro non sono facili, tutt'altro. Possono, anzi, diventare un vero inferno: lunghe mezz'ore in cui ti chiedi chi te lo ha fatto fare di accettare quell'incarico. Così, almeno, è stato nelle mie prime esperienze. Be', forse dovrei definirle le mie prima "inesperienze". Già, perché non c'è alcun passato di formatore o insegnante che ti venga facilmente incontro quando hai di fronte 15 ragazzi, di cui 10 oppositivi, 5 che sembrano persi al mondo e qualcuno di loro ben indirizzato verso quelle disavventure che ti portano davanti a un giudice. Ah, non dimentichiamo che alcuni non parlano l'italiano in modo adeguato all'età e alle richieste del corso e che, non poche volte, vengono da contesti culturali lontani da quello del "prof" e di molti compagni di corso. Il mix è potenzialmente esplosivo e, in effetti, capita di veder brillare i fuochi d'artificio.<p></p><p style="text-align: justify;">Ho sempre posto l'attenzione sul lato umano della vicenda, ma da qualche tempo è arrivata una serie TV a farmi riflettere, a darmi uno sguardo diverso. Si tratta di "<a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Mare_fuori" target="_blank">Mare fuori</a>", una serie che racconta le vicende di ragazzi e ragazze che finiscono nell'IPM (Istituto Penale per Minori, il carcere minorile) di Napoli. Potrebbe essere uno qualsiasi, ma i destini di chi vive nella città della sirena Partenope si svolgono attorno a temi e vicende che aggiungono un ineguagliabile fascino alla narrazione. Al netto del costrutto televisivo, degli stratagemmi comunicativi, delle forzature rispetto alla realtà, ciò che mi colpisce è il racconto delle vicende che hanno portato in carcere i vari protagonisti. Mi piace e mi affascina perché, in definitiva, le storie, la stessa fisionomia e la personalità dei vari Carmine, Chiattillo, Edoardo, Viola, Pino, Naditza, Ciro non sono diverse da quelli dei "miei" studenti "drop out". Sono solo ragazzi e ragazze normali che la vita pone in situazioni che, spesso, non ti lasciano scelta o, almeno, nascondono la migliore laddove nasce il conflitto con l'educazione che ricevi, la famiglia, gli amici e tutto ciò che è il tuo mondo. </p><p style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">"<i>So’ crisciut’ mmiez’ ‘a via, ‘o sacc’ chell’ ch’
m’aspetta. Nu guaglion’ do
sistema, mo’ vuo’ sistema’ ‘utt’ cos’. Mmiezz’ ‘a via
e’ megl’ ‘a tene’ fierr’ o accattar’ ‘e ros’. Patm’ sta
carcerat’, so ll’omm’ ‘e cas’</i>" dice la <a href="https://www.youtube.com/watch?v=tJqYM8b3l5k" target="_blank">canzone della sigla</a>. </p><p style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">"<i>Sono cresciuto in
mezzo alla strada, e so bene quello che mi aspetta: un ragazzo nato
dal sistema, che vuole sistemare tutte le cose; che vive in mezzo
alla strada e ha la pistola in mano. Mio padre è in galera ed io
sono l’uomo di casa</i>", tradotto per chi, come me, si incanta ad ascoltare il napoletano senza capirlo.</p><p style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgMK6THTN6b4ZRmYQIblv0A4fzL0j959GefOW-NWM-w-nnCEeIHH-vRzZ2kEqARO-Am0EjK9BymcctWp8ureI-VL-GF5PiXIWDX9pi9jY0csqAl3AmIUcRyPQvantzLqYNNrOLgyE-97BcebPgw9aFHsx19rfXs2JrYKiaKqwdcD2n5MqGfOtX00ojk/s1200/1666352021518.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="689" data-original-width="1200" height="184" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgMK6THTN6b4ZRmYQIblv0A4fzL0j959GefOW-NWM-w-nnCEeIHH-vRzZ2kEqARO-Am0EjK9BymcctWp8ureI-VL-GF5PiXIWDX9pi9jY0csqAl3AmIUcRyPQvantzLqYNNrOLgyE-97BcebPgw9aFHsx19rfXs2JrYKiaKqwdcD2n5MqGfOtX00ojk/s320/1666352021518.jpg" width="320" /></a></div>Vivere in mezzo alla strada con la pistola in mano è ciò che non capita ai ragazzi con cui lavoro. Già, perché ho omesso di dire che faccio "il prof" in Toscana, prevalentemente tra le province di Lucca e Pisa. Non mancano né le strade né le pistole o i coltelli e qualcuno dei ragazzi che incontro potrebbe averne fatto vario uso. Non mancano nemmeno la droga, la bassezza dell'umanità, la tentazione e la necessità di delinquere, il disagio, l'emarginazione o il pregiudizio, ma parliamo di zone dove, fortunatamente, il vivere civile è quieto e ispirato alla legalità. Tuttavia, c'è un rischio che incombe dal quale i corsi di cui sto parlando tengono distanti chi li segue. Puoi essere svogliato, irriverente, mancante di rispetto, minaccioso o pericoloso, ma in quelle ore te ne stai lontano da ciò che potrebbe risucchiarti in un vortice che in due minuti ti rovina la vita per sempre, incontri adulti pieni di difetti, ma che ti propongono un modello di vita in cui la prosocialità è una condizione presente. Può essere sottotraccia, mal interpretata o gestita, ma c'è. Alla fine, "quello stronzo del Prof" dimostra che c'è una via alternativa ai modelli che alimentano il suddetto vortice. C'è, in più, qualcuno che dissemina il tuo tempo di appigli culturali, di buoni motivi per non aderire ai modelli negativi o per farlo più per gioco che per convinzione, spesso munito delle competenze che ti fanno deviare prima che sia troppo tardi. <p></p><p style="text-align: justify;">Ecco, io guardo quei ragazzi e quelle ragazze e mi chiedo cosa ne sarebbe in altri contesti, in luoghi in cui il crimine è un modello positivo o, almeno, un'apparente opportunità per trovare un tuo posto nel mondo, nella società. O, ancora, dove del crimine potresti essere vittima da un momento all'altro. Esserne vittima per diventarne il protagonista, come accade a molti dei ragazzi di Mare Fuori che, a ben vedere, non avevano la stoffa del criminale, ma si sono trovati a indossarne gli abiti. Guardo i ragazzi con cui lavoro e capisco che sanno o possono capire da soli come salvarsi, ma hanno bisogno di incontri fortunati per farlo e in questo i corsi in cui lavoro sono un tempo giusto, un tempo della vita in cui possono aggrapparsi agli appigli offerti dagli adulti coinvolti dal sistema della formazione. </p><p style="text-align: justify;">Spesso guardo quei ragazzi e osservo come loro guardano noi adulti e questo mi dà una chiave di lettura su di me, eternamente in cerca di un equilibrio tra il rispetto della forma imposta dal sistema regionale della formazione, un mondo in cui l'identità digitale vale di più di una pacca sulla spalla data al momento giusto o di una parola di conforto, e quel poter essere generatore di appigli per chi potrebbe scivolare e cadere. E' una responsabilità enorme e, al tempo stesso, il privilegio di cui parlavo in apertura. Responsabilità e privilegio che mi convincono a affrontare argomenti trattabili con metafore che parlano della vita, ad usare la Legge di Liebig per spiegare il ruolo del singolo nei gruppi e nella società, a trattare con sufficienza Darwin e Linneo per spiegare che le differenze tra umani sono risorsa e che le razze non esistono, che il sapere può arrivare da un videogioco e che un video pornografico banalizza la più grande delle invenzione del mondo biologico: il sesso.</p><p style="text-align: justify;">Ecco, chiusi in un'aula, camminando in un parco, su di una terrazza o tra i corridoi di un supermercato provo a far capire ai ragazzi che incontro che "ce sta o' mar' for'", anche quando sembra di stare dietro le sbarre. Potrebbe non servire a niente, ma intanto salvo me stesso per poterci essere per gli altri. E tanto mi basta.</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;"><br /></p>Emilio Bertoncinihttp://www.blogger.com/profile/01203336544196143315noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1754300467097680827.post-7380283276437393912022-08-01T13:22:00.007+02:002023-07-27T06:18:32.456+02:00Un'idea di natura<h4 style="text-align: center;"><span style="background-color: #b6d7a8;">Questo post è tratto da una più ampia pubblicazione denominata Orti e giardini nelle scuole e nei servizi educativi frutto di un incarico professionale solidale col quale l’autore Emilio Bertoncini ha potuto affrontare le difficoltà economiche scaturite dalle restrizioni all’esercizio della propria attività dovute all’emergenza Covid-19. Per saperne di più: <a href="http://www.ortinellescuole.it">www.ortinellescuole.it</a> </span></h4><p style="text-align: justify;">Quand’è che siamo immersi nella natura? Sì, in quale contesto abbiamo la sensazione di “stare nella natura”? In altri termini, <b>cosa è la natura?</b> Come accade per molti altri temi, tendiamo a dare una risposta senza aver chiara la definizione o, addirittura, senza che sia possibile darne una univoca e stabile nel tempo. Probabilmente, la stessa domanda posta ai miei figli e ai miei nonni avrebbe risposte molto diverse perché l’idea di natura e la stessa considerazione che se ne può avere sarebbero molto diverse nei due casi.</p><p style="text-align: justify;">Molto spesso, però, la domanda ci evoca spazi verdi, la campagna, le foreste, giusto per rimanere nelle situazioni con cui più frequentemente ci confrontiamo. Credo che sia piuttosto remota una risposta come “mi sento in natura nel bel mezzo di un’area industriale abbandonata”. Tranne chi ha la fortuna di frequentare il mare aperto, i ghiacci polari o il deserto, spesso identifichiamo la natura con il colore verde e su questo tornerò. Ora però sento il bisogno di esternare una mia grande difficoltà: la mia laurea in scienze agrarie e il mio essere guida ambientale determinano uno strano sguardo su ciò che la maggior parte delle persone identificano come spazi naturali. Per me le campagne, le aree forestali e pure quelle selvagge di gran parte dei continenti non hanno molto di naturale. Riconosco, certo, che alla base di tutto ci sono alcuni assetti riconducibili a fatti naturali, cioè estranei alle intenzioni umane, come la natura geologica di un territorio, ma mi è generalmente impossibile non notare l’azione dell’uomo. Provo a spiegarmi meglio con alcuni esempi.</p><p style="text-align: justify;">Quando mi trovo nelle splendide campagne del Chianti, una delle aree più famose della Toscana, regione in cui abito, vedo un paesaggio deciso dagli umani. Il vigneto e l’oliveto sono impianti produttivi introdotti per mano dell’uomo. Il bosco è lontano parente di una foresta originaria, ma è rimasto nelle aree in cui coltivare sarebbe stato più difficile e le sue caratteristiche dipendono grandemente dagli interventi umani e dalle tecniche di coltivazione attuali o passate. Lo stesso eventuale abbandono della sua gestione è frutto di una scelta dovuta ai cambiamenti dell’economia globale. Del resto, i vigneti esistono perché gran parte degli umani dispersi sul pianeta che bevono alcolici apprezzano proprio i vini di queste zone. Senza i bevitori del vino, i vigneti del chianti sparirebbero. Come dice Wendell Berry (Berry, 2009-2015), <i><b>mangiare è un atto agricolo</b></i> (io credo che sia addirittura un atto politico) e da esso dipende grandemente il paesaggio di molte regioni del mondo.</p><p style="text-align: justify;">Se provo a spostarmi in Garfagnana, porzione montana della provincia di Lucca, mentre cammino lungo “I sentieri del Moro”, che io stesso ho contribuito a far nascere, pur trovandomi immerso nel verde e nella foresta, non riesco a non percepire l’impatto dell’uomo. I castagni tra cui mi aggiro sono arrivati lì più di mille anni fa per scelta umana e lì sono stati coltivati (e in parte lo sono ancora) per rispondere ai fabbisogni alimentari della popolazione. I boschi in cui stanno evolvendo dopo l’abbandono sono frutto di una scelta ben precisa dettata da qualche malattia vera e propria, come il mal dell’inchiostro e il cancro del castagno, e di uno stravolgimento dell’economia globale, quello in cui la mia famiglia è passata da un’agricoltura di sussistenza all’emigrazione in altri territori per abbandonare del tutto il lavoro agricolo. Questo quando non sono arrivate pinete e abetine, spesso fuori posto, frutto di rimboschimenti. In zona ci sono alcune cerrete che sembrano inspiegabili. Sì, boschi di querce, in particolare cerro, rimasti laddove si sarebbero potuti piantare castagni per produrre la <i>farina di neccio</i> (n<span style="text-align: left;">ome locale con cui è indicata la farina di
castagne - oggi è una DOP – denominazione di origine protetta)</span>. L’inspiegabilità è solo apparente: si trattava di boschi destinati a produrre le ghiande per l’alimentazione del maiale, una delle fonti di proteine e grassi animali più utilizzate fino a qualche decennio fa. Quei boschi di querce, la cosa più vicina al cerreto-carpineto diffusamente indicato per l’area nella mappe della vegetazione forestale potenziale, non sono lì in quanto semplice e normale componente naturale, ma per una precisa esigenza e scelta dell’uomo. Lo stesso accade quando vado in gita in Liguria e riconosco i paesaggi terrazzati delle Cinque Terre nati per coltivare la vite e produrre il vino, quando cammino per le sterminate distese di cereali della Puglia o della Basilicata, quando mi muovo sulle dolci colline umbre e marchigiane, quando osservo la laguna vagando per le isole di Venezia o quando osservo le terribili immagini delle foreste venete e trentine distrutte dalla tempesta Vaia: vedo di continuo l’azione dell’uomo e non riesco a sentirmi “in natura”, per quanto stia osservando un’azione competente e, talora, sapiente dei miei consimili. Arrivo, addirittura, al paradosso delle aree protette: laddove cerchiamo di rispettare e tutelare la natura, essa è più libera di essere se stessa per nostra scelta! Qualcuno mi dice, però, che in certe aree montane e remote l’azione dell’uomo non c’è o è modestissima, quindi lì c’è la natura. So di essere un po’ pignolo, ma trovare un territorio senza l’azione intenzionale dell’uomo è assai difficile e, quando sembra essere assente, è solo perché dei limiti oggettivi non ci hanno permesso di andare oltre. Se su certi pendii alpini ci sono le foreste, nelle quali si riconoscono forme d’uso e scelte selvicolturali, non è perché la natura è rimasta libera dall’uomo, ma perché la massima trasformazione tecnicamente ed economicamente possibile è stata, fino ad ora, quella. Le metropoli non nascono in montagna solo perché è più semplice ed economico costruirle altrove!</p><p style="text-align: justify;">Prima di andare avanti nel ragionamento, intendo soffermarmi su un fatto che riguarda l’accessibilità della natura utilizzabile in chiave educativa. L’idea di natura comunemente intesa, per chi si occupa di educazione ha un terribile difetto: è distante, spesso irraggiungibile o raggiungibile solo in circostanze speciali, come le uscite didattiche che, in molti casi, si sono fatte sempre più rare e costose. Stando così le cose, è assai difficile che possa entrare a far parte del<i> setting educativo</i>. Abbiamo, quindi bisogno, di una natura più vicina, una natura di prossimità con cui poterci confrontare nel quotidiano in modo concreto e reale (Ciabotti, in Modello Agrinido di Qualità). L’idea comune di natura, però, sembra indicare la necessità per le scuole e i servizi educativi di spostarsi lontano dalla loro collocazione più comoda, cioè nei pressi di borghi e città, spesso semplicemente nel quartiere.</p><p style="text-align: justify;">È possibile cambiare il nostro sguardo sulla natura per avvicinarla a noi? Provo a farlo con un esempio. Hai mai visto una pianta che cresce dove noi umani non la vorremmo? Un’erbaccia che cresce sul marciapiedi o in mezzo al cortile, un fico nato sulla facciata o sul tetto di un edificio, quell’enorme ailanto che si affaccia dai ruderi del capannone? Se fai mente locale ti verranno in mente piccole “foreste” erbacee sullo svincolo autostradale, capperi che crescono sulla facciata delle chiese e vecchi opifici invasi da tentativi di bosco. Forse, ricorderai anche qualche servizio giornalistico che durante il lockdown dovuto all’emergenza Covid-19 ci raccontava dell’erba che tornava a crescere nelle piazze delle città, come nella bellissima Piazza del Campo di Siena. Cos’è quella, se non la natura, almeno nella sua accezione biologica, che cerca riappropriarsi dei propri spazi? È per questo che spesso dico che una piantina che cresce dove non l’abbiamo mai pensata, dove a noi sembra impossibile che possa sopravvivere, dove non vorremmo che crescesse, è la massima espressione della natura. Bastano un seme o una spora e il manifestarsi delle condizioni idonee a germinare, eventualmente anche senza la prospettiva di accrescimento futuro, e la vita prova a partire, a portare la natura anche dove noi l’abbiamo spazzata via. La vita, la natura, fanno con quel che c’è, colgono le possibilità che si presentano. In tutto questo non c’è una splendida metafora per chi fa educazione? Come possiamo educare? Nei modi che ci sono possibili, non in quelli che consideriamo ottimali, ma non abbiamo a disposizione. Si educa cogliendo le possibilità che si presentano. Aggiungerei anche<i> lavorando affinché le possibilità aumentino sempre di più</i> e non escludo che la natura già lavori in questa direzione.</p><p style="text-align: justify;">A questo punto del ragionamento ho bisogno dell’aiuto di due grandi pittori: Vincent Van Gogh e Paul Gauguin. È in un loro dialogo nel film “Van Gogh - Sulla soglia dell'eternità” che una sera di qualche anno fa, in un cinema milanese, è arrivata la soluzione al mio dilemma, alla discrasia tra il mio modo di vedere la natura e quello che alberga nel senso comune e, spesso, nel mondo educativo. Ecco le parole che Paul rivolge all’amico Vincent:</p><p style="text-align: center;"><i>Senza i nostri occhi non esiste natura.</i></p><p style="text-align: center;"><i>E nessuno vede il mondo allo stesso modo</i>.</p><p>Se le cose stanno così, la natura non esiste, è solo una nostra definizione e “la natura” nasce nel momento in cui il nostro sguardo si muove con quella definizione. Il punto è che ognuno di noi ha una propria idea, una propria definizione di natura e, allora, essa può essere tante cose diverse. Dal momento che nel mondo educativo e didattico lavoriamo con bambini e ragazzi, c’è da chiedersi cosa sia secondo loro, come si possano mettere insieme definizioni diverse e cosa vedano i più piccoli, ancora non contaminati dalla distinzione tra “naturale” e “artificiale” che viene introdotta durante la scuola primaria. </p><p>A me piace andare oltre e immaginare cosa potrebbe accadere mettendo la definizione di artificiale nella testa di un’altra specie. Provo con il castoro e mi immedesimo in cucciolo orgoglioso del lavoro di mamma e papà che costruiscono vere e proprie dighe. Forte della definizione di “artificiale” centrata sulla mia nuova specie di appartenenza, quelle dighe sono artificiali. So però che ci sono altri animali capaci di costruire dighe sul pianeta: gli umani. Li ammiro molto, anche perché le loro dighe sono altissime. E del tutto evidente, però, che le loro dighe, essendo quelle costruite da animali, sono naturali!</p><p>Forse devo tornare con i piedi per terra, anzi nelle zampe degli umani, e provare a procedere con più attenzione. È per questo motivo che voglio trascrivere alcuni brani del libro “Una seconda natura” di Michael Pollan.</p><p>Ecco il primo.</p><p><i>(…) la rosa non solo indossa i colori del nostro spirito, ma li contiene. Le rose sono state così a lungo coltivate, incrociate e reincrociate affinché rispettassero i nostri ideali, che ormai è impossibile separare la loro natura dalla nostra cultura.</i></p><p>Secondo il ragionamento di Pollan, la rosa, una pianta che ci dona i fiori, per noi massima espressione di ciò che è natura, è inscindibile dalla nostra cultura e, probabilmente, non abbiamo esitazione nel dire che ciò che è cultura è artificiale.</p><p>Il secondo.</p><p><i>L’abitudine a contrapporre grossolanamente natura e cultura non ha fatto che crearci problemi, problemi dei quali non ci libereremo finché non avremo sviluppato una percezione più complessa ed elastica della nostra collocazione nella natura.</i></p><p>Devo confessare che il ragionamento di Pollan si fa intrigante: c’è bisogno di rivedere la nostra collocazione nella natura, non al di fuori o in contrapposizione con la natura!</p><p>Eccoci al terzo brano.</p><p><i>E, infine, stiamo parlando di natura o di cultura quando raccontiamo di una rosa (natura) che è stata selezionata (cultura) in modo che i suoi fiori (natura) inducano gli uomini ad immaginare (cultura) il sesso delle donne (natura)? Forse è di questo genere di confusione che avremmo più bisogno.</i></p><p>La confusione tra ciò che è cultura, quindi artificio, e ciò che è natura, semplificata e amplificata nel rapporto tra umani e rosa, tra la specie più egocentrica che io conosca e la pianta che più fortemente si è fatta plasmare per raggiungere, come molti altri vegetali, lo scopo di portare il proprio DNA ovunque sul pianeta (Mancuso, 2017), sembra segnalarci che, almeno in qualche caso, è proprio impossibile distinguere le due cose, se non sulla base di definizioni di comodo valide di volta in volta.</p><p>Ancora un brano, il quarto. Breve.</p><p><i>Il giardino indica che forse esiste un luogo dove noi e la natura possiamo incontrarci a metà strada.</i></p><p>E il quinto, ancora riferito al giardino.</p><p><i>(…) un luogo con una lunga esperienza su interrogativi che hanno a che fare con l’uomo nella natura.</i></p><p>Pollan ci sta forse suggerendo che abbiamo bisogno di contesti, e il giardino potrebbe essere uno di quelli, per ricollocarci nella natura? È su quello che dobbiamo lavorare? È lì che dobbiamo interrogarci per risolvere la questione di cosa è natura e cosa non è natura?</p><p>Forse, Pollan dà un ultimo suggerimento proprio sul finire del libro.</p><p><i>Forse anche la natura incontaminata ha bisogno di una cornice, del contrasto con l’artificio umano.</i></p><p>Se le cose stanno così, la domanda chiave con cui ho aperto questo paragrafo potrebbe essere capace di dirci che, ritrovando il nostro ruolo nella natura, anche l’artificio che siamo in grado di produrre ci consente di capire meglio la natura in cui viviamo.</p><p>È questa una risposta? No, non lo è. Ne è mia intenzione dare una risposta. Quello che, al termine di questa riflessione, vorrei potesse accadere in ognuno di noi, soprattutto in coloro che si occupano di educazione, è il tentativo di dare una propria risposta, possibilmente divergendo rispetto all’idea di natura che ci hanno consegnato la scuola e la nostra società, per le quali natura è tutto ciò che non è artificiale, come se la distinzione fosse semplice. Un’idea di natura, quindi, per me è quella che scaturirà da ogni ulteriore riflessione capace di portarci oltre nel ragionamento.</p><p>Prima di chiudere il paragrafo, però, voglio aggiungere un pensiero e, per farlo, torno a mio figlio Diego, il cavernicolo digitale. Che rapporto c’è tra la sua natura e la natura? Che idea ha o può farsi della natura? E come posso influire su quella sua idea, sul rapporto tra l’ecosistema digitale in cui si trova a proprio agio e l’ecosistema fisico in cui vive? Ovviamente, non ho le risposte a tutte queste domande, ma c’è un aspetto che, in qualche modo, mi consente di spostare il ragionamento da me e mio figlio a chi si occupa di educazione, soprattutto di educazione all’aperto, e i bambini: perché far vivere ai cuccioli degli umani del XXI secolo esperienze in natura e di natura, magari quella addomesticata e di prossimità del giardino della scuola, del servizio educativo o del parco cittadino? E quali rischi si corrono quando ci si sente adatti, quando si viene da esperienze di vita in cui stare all’aperto, a contatto con la natura, la natura come la intendiamo noi, è la normalità? Tra me e Diego questa cosa è diventata caratterizzante la nostra relazione educativa e non posso negare che ho dovuto lottare un po’ con me stesso per evitare di pensare che lo stare all’aperto fosse l’esperienza migliore per lui. Mi è sembrato, anzi, impossibile che non fosse di suo gradimento, che non lo entusiasmasse. Poi ho capito che non stavo rispettando il suo diritto di essere se stesso, diverso da me. È in quel momento che ho potuto cambiare prospettiva: proporgli esperienze in natura e di natura è dargli l’opportunità di conoscerle, di sperimentare altro rispetto a ciò in cui sa immergersi da solo. È un’occasione, forse unica, di consentirgli di scegliere, di non vedere un’unica possibilità. E non sarà scegliere tra ecosistema fisico e virtuale, tra tecnologia e natura (come se fossero in antitesi), ma quanto queste e altre possibilità conteranno nella sua vita. Se quanto accade tra me e lui può accadere tra chi si occupa di educazione all’aperto e i bambini, forse dobbiamo davvero interrogarci sul motivo intimo e profondo per cui lo facciamo, su come la nostra natura e la nostra idea di natura possano mettersi al servizio dei bambini, più che rispondere a bisogni dell’educatrice o dell’educatore che c’è in noi.</p><p><br /></p><p><b>Se vuoi, alcune riflessioni contenute in questo paragrafo puoi ascoltarle a questo indirizzo: <a href="https://youtu.be/aO1pd3ilRds">https://youtu.be/aO1pd3ilRds</a> </b></p><p><br /></p><p><br /></p><p>Bibliografia</p><p><br /></p><p>AA.VV. - Regione Marche, Fondazione Montessori, Modello Agrinido di Qualità</p><p>https://www.regione.marche.it/Portals/0/Agricoltura/AgricolturaSociale/agrinido/Agrinido.pdf </p><p>Berry Wendell (2009), Mangiare è un atto agricolo, Lindau Editore, Torino 2015</p><p>Mancuso Stefano, Plant revolution, Giunti Editore, Milano 2017</p><p>Pollan Michael, Una seconda Natura, Adelphi edizioni, Milano 2016</p><p><br /></p>Emilio Bertoncinihttp://www.blogger.com/profile/01203336544196143315noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1754300467097680827.post-37224222762802554402021-12-27T13:10:00.002+01:002021-12-27T13:12:46.019+01:00Un'idea di consapevolezza alimentare<div style="text-align: justify;"><i>Post liberamente tratto da "Orticoltura (eroica) urbana", libro del curatore del blog disponibile su <a href="http://www.mdseditore.it">www.mdseditore.it</a>.</i></div><h2 style="text-align: justify;"><b><br /></b></h2><h2 style="text-align: justify;"><b>Scelte e
consapevolezza</b></h2>
<p style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">Cerco tra vocabolari
e dizionari la definizione di consapevolezza e più lo faccio, più
mi sembrano inadatti i risultati della ricerca. Poiché vorrei essere
certo che chi legge comprenda ciò che dico, spendo qualche riga a
spiegare cosa intendo per consapevolezza.</p>
<p style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">La consapevolezza è
fatta di almeno due cose: <b>conoscenza e capacità di porsi domande</b>
prima di fare delle scelte. Non posso maturare consapevolezza se non
conosco l'argomento su cui divenire consapevole. Conoscere
l'argomento, però, non mi rende consapevole. Al massimo mi dà gli
strumenti per capirlo. <b>Divengo consapevole quando, prima di compiere
un gesto, mi pongo delle domande, rifletto e giungo a una scelta</b>.
Spesso, forse sempre, sono domande particolari, domande che, più che
i saperi, tirano in ballo dei valori intesi nell'accezione morale del
termine. Domande e valori si modificano in funzione del contesto e
delle condizioni in cui faccio una scelta.</p>
<p style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">Provo a chiarire
facendo un esempio.</p>
<p style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">Mia figlia Luna ha
la fortuna di esser nata a fine luglio e il suo compleanno è
l'occasione per organizzare una piccola festa in giardino*. Invitiamo
i suo amici, soprattutto compagni e compagne di scuola, qualche amico
di famiglia, i vicini (non tutti!) e qualche parente.</p>
<p style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">Fin da ragazzino ho
avuto una certa propensione per i temi del rispetto dell'ambiente ed
è per questo che, e in occasione del compleanno, pur aumentando in
modo significativo i costi dell'operazione, posate, bicchieri e
piatti sono di materiale compostabile. Fornisco contenitori in cui
gettare i rifiuti divisi per categorie (carta, plastica, umido, tutto
il resto) e un pennarello indelebile per scrivere il nome sui
bicchieri che, intenzionalmente, sono forniti con una certa
parsimonia per indurre a un uso ragionato. A fine serata, gli
invitati hanno prodotto una certa quantità di rifiuti e devi sapere che passo almeno un'ora della notte a selezionare i rifiuti
gettati alla rinfusa nei diversi contenitori predisposti per la
raccolta differenziata.</p>
<p style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">I primi anni mi
chiedevo perché in molti non riuscissero a rispettare i criteri di
differenziazione dei rifiuti, poi mi sono dato una risposta. La
risposta è che gettare un rifiuto nel cestino per molti è un gesto
non consapevole. Non lo è perché siano “cattivi” o perché non
sappiano nulla di problemi ambientali, lo è perché per lo più
<b>veniamo addestrati a fare delle cose anziché educati a fare delle
scelte</b>. </p>
<p style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">Ognuno degli amici e
parenti che partecipano alla festa di compleanno di Luna conosce il
significato di rifiuto. Ognuno di loro sa che non si butta tutto per
terra per evitare di lasciare il giardino sporco. Ognuno di loro sa
che esiste la raccolta differenziata. Molti di loro sanno che la
raccolta differenziata è la premessa per ridurre l'impatto del
nostro vivere sul pianeta e per poter recuperare dei materiali per
produrre nuovi oggetti, quindi per risparmiare le risorse limitate
che ci offre il pianeta. Molti di loro comprendono il perché del
pennarello indelebile: se ognuno scrive il nome sul bicchiere può
riusarlo più volte, se non per l'intera serata, evitando di
consumarne trecento per una cinquantina di persone. In definitiva
tutti sono persone informate sui fatti. Aggiungo che quasi tutti
sanno due altre cose: che io sono sensibile a questi aspetti e che
spesso all'attenta divisione dei rifiuti alla fonte non segue
altrettanta attenzione da parte di chi gestisce il servizio di ritiro
e gestione dei rifiuti urbani.</p>
<p style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">Se le persone che
passano una serata con me e la mia famiglia, serata che per me è
sempre piacevole perché io poi passo un'ora a ri-selezionare i
rifiuti?</p>
<p style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">Perché molti
sbagliano la domanda che si pongono quando decidono di buttare i
rifiuti. Essi, infatti, si chiedono: «Butto tutto per terra tanto
qualcuno pulirà o getto tutto nel cestino per facilitare il
conferimento dei rifiuti nel cassonetto più vicino?». Sono un uomo
fortunato e tutti rispondono gettando i rifiuti nel cestino. La
raccolta differenziata, però, fallisce completamente. A volte,
scherzando, lo faccio notare e qualcuno mi dice che «tanto te dividi
e poi loro rimettono tutto insieme». Io rispondo che se non
dividiamo i rifiuti per bene diamo a loro un alibi perfetto per
rimescolare tutto e rendere la massa dei rifiuti indifferenziata e
non riciclabile.</p>
<p style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">Se dico che la
domanda è sbagliata vuol dire che potrebbero esisterne di migliori.
Provo ad elencarne alcune.</p>
<p style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><i>Cosa potrebbe
diventare lo scarto di cibo che sto buttando? Potrebbe essere ancora
utile? È realmente uno scarto?</i></p>
<p style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><i>Come si potrebbe
riutilizzare il bicchiere che sto buttando o il materiale che lo
compone?</i></p>
<p style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><i>Cosa potrebbe fare
Emilio con la carta che sto gettando? Se non lui, chi potrebbe trarne
un'utilità?</i></p>
<p style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><i>Che relazione c'è
tra il quaderno in carta riciclata che compro a mio figlio e il
piattino che ho in mano?</i></p>
<p style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><i>Come potranno
influenzare il domani di mio figlio le posate che getto nel cestino?</i></p>
<p style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">Potrei continuare,
ma mi fermo perché non è di rifiuti e di raccolta differenziata che
voglio parlare, bensì di consapevolezza.</p>
<p style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">Se tutto ciò che
sanno i miei graditissimi ospiti (loro da oggi mi vorranno meno bene,
però io continuerò a invitarli perché sono persone piacevoli e in
gamba) in merito ai rifiuti generasse una scelta passando attraverso
queste (e altre) domande, la loro scelta muterebbe. Probabilmente
cambierebbe anche qualche loro abitudine d'acquisto orientandosi
verso quei prodotti che generano meno rifiuti. Sì, perché certe
domande possiamo porcele quando, di fronte a uno scaffale, dobbiamo
scegliere quale prodotto acquistare.</p>
<p style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">Ecco, per me la
consapevolezza è questo: <u>saper compiere delle scelte sulla base di
domande che investono il piano morale e che necessitano conoscenza e
informazioni senza che la conoscenza si trasformi in procedura
operativa, cioè in un gesto che si esegue meccanicamente</u>.</p>
<p style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">C'è una bella
differenza tra fare la raccolta differenziata dei rifiuti perché il
servizio di raccolta è organizzato così (una cosa sulla quale sono
informato) e farla perché questo assicura un futuro migliore alla
nostra comunità, magari aggiungendo scelte d'acquisto che la
favoriscono o che favoriscono la riduzione dei rifiuti prodotti.
Questa differenza io la chiamo CONSAPEVOLEZZA.</p><h2 style="text-align: justify;"><b><br /></b></h2><h2 style="text-align: justify;"><b>Consapevolezza alimentare</b></h2><p style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">Se mi hai seguito fin qui, posso provare ad andare oltre parlando di un tipo
particolare di consapevolezza, quella alimentare.</p><p style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">La consapevolezza
alimentare scaturisce dalle domande che posso associare alle scelte
che faccio in campo alimentare.</p><p style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">Ognuno di noi compie
delle scelte che riguardano sia la propria persona, sia gli altri. In
una famiglia riguardano i figli, il coniuge, i fratelli, i genitori,
gli zii, ecc. In un'azienda che fa ristorazione, magari collettiva,
le scelte ricadono su un numero grande, a volte molto grande, di
persone. Nell'amministrazione di un servizio pubblico, penso alle
mense ospedaliere o scolastiche, la ricaduta è su migliaia di
persone, spesso con esigenze particolari, come bambini, anziani,
malati. Se produciamo cibo che va sul mercato, magari nella GDO**,
certe scelte, come quella della farina con cui si fanno la pasta o i
biscotti, possono ricadere su centinaia di migliaia di persone.</p><p style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">Voglio soffermarmi
su un aspetto:<b> la ricaduta di certe scelte non è solo a valle, cioè
non riguarda solo chi mangerà certi alimenti, bensì anche a
monte</b>.</p><p style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">Sul fatto che le
ricadute siano a valle non è facile avere dubbi: se metto in tavola
un pane salato o insipido, se do uno yogurt biologico oppure no, se
friggo in un olio extravergine di oliva e in un olio di semi tra i
più scadenti ed economici, chi mangerà subirà le conseguenze della
mia scelta. Non ha molte alternative sul momento. In alcuni casi
potrà scegliere. Cosa mangiano i miei figli a casa sostanzialmente
dipende dalle mie scelte. Cosa mangiano alla mensa scolastica dipende
esclusivamente da un rapporto contrattuale tra l'amministrazione
comunale e il gestore della mensa. Quale frutta secca e di quale
provenienza sia lo decide il responsabile acquisti del mio
supermercato di fiducia, soprattutto se la mia pigrizia mi
appiattisce sulla frequentazione di quel solo esercizio commerciale.</p><p style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">In questo momento,
però, preferisco concentrarmi su come ci siano ricadute a monte
delle mie scelte alimentari. Lo faccio facendo arrabbiare mia moglie*** che, quando mi prepara la lista della spesa, scrive voci estremamente
generiche come “mele” o “peperoni”. Spesso scrive con un
certo automatismo e sulla base di cosa vorrà cucinare nei giorni
seguenti. Così i “fagiolini” capitano indistintamente a luglio e
a gennaio. Al mio ritorno spesso assume l'espressione di chi non è
soddisfatto e quasi sempre la accompagna con la frase «Non c’è
niente da fare: se non me la faccio da sola, la spesa non mi
soddisfa».</p><p style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">Se mi metto nei suoi
panni, la capisco e le esprimo solidarietà, ma io, mentre faccio la
spesa, mi pongo delle domande basate su una mia personale
consapevolezza. Sono domande semplici che ho il vantaggio di poter
formulare grazie a una laurea in scienze agrarie (a qualcosa dovrà
pur servire una laurea!) e alle riflessioni che mi hanno portato ad
occuparmi di educazione ambientale e alimentare. Le mie
domande sono di questo tenore:</p><p style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><i>Dove sono prodotti e
cosa sono i cibi che compro e i loro ingredienti?</i></p><p style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><i>Quanta strada
percorrono e come la percorrono?</i></p><p style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><i>Se si tratta di
ortaggi o frutta fresca, sono di stagione nel luogo in cui vivo o
almeno nel mio paese?</i></p><p style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><i>Quali ricadute ha la
loro produzione sul territorio da cui provengono?</i></p><p style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><i>Chi lavora nel
processo produttivo e di trasporto?</i></p><p style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><i>C'è un prodotto
alternativo il cui confezionamento riduce i rifiuti?</i></p><p style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">Forse ce ne sono
altre, ma non c'è alcun bisogno di proseguire l'elenco: ciò che fa
arrabbiare chi scrive la lista della spesa è il risultato finale delle scelte scaturite
da queste domande, e cioè il fatto che compro cose diverse da quelle
che comprerebbe lei che, al contrario, si interroga soprattutto sulle
ricadute a valle. Io, invece, per sua sfortuna penso molto a come
cambiano gli scenari che stanno a monte.</p><p style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">Così compro i fichi
secchi dell'Egeo****, maledicendo il fatto che non ne trovo di toscani,
anziché quelli californiani perché preferisco alimentare l'economia
di un paese europeo e riduco l'impatto del trasporto del prodotto.
Tra le mele scelgo quelle di una varietà bruttina ma che so, o
immagino essere, più resistente alle malattie, quindi meno bisognosa
di trattamenti antiparassitari, e appartenente a una di quelle
varietà che rischiano di scomparire se le nostre scelte di acquisto
si omologano al modello "mela di Biancaneve secondo Disney".
Nell'acquisto delle uova mi assicuro che si tratti di uova fatte da
galline allevate a terra. Di fronte alle brioches preferisco quelle
prodotte in Toscana a quelle prodotte in altre regioni italiane. E
l'olio, oltre che extravergine d'oliva, lo scelgo almeno italiano, se
non toscano. Le arance le preferisco siciliane anziché spagnole
perché preferisco alimentare l'economia italiana rispetto a quella
spagnola. Compro gli spaghetti di <i>Libera</i> per aiutare il rispetto
della legalità laddove ci sono organizzazioni mafiose. Di nuovo,
potrei proseguire a lungo.</p><p style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">Le scelte
alimentari, dunque, hanno ricadute a monte e a valle: in una qualche
zona montana d'Italia qualcuno presidierà il territorio producendo
mele biologiche grazie al mio acquisto e i miei figli saranno educati
a mangiare (o almeno a vedere nella fruttiera) mele che esprimono
un'identità culturale che è la nostra e non quella made in USA.
Intanto la mela da agricoltura biologica non avrà i residui di
alcuni fitofarmaci utilizzati altrove e i miei figli mangeranno
meglio, mentre la comunità in cui vive il produttore delle mele avrà
almeno una famiglia con delle opportunità di reddito, quindi ci
saranno meno probabilità che qualcuno debba andarsene a vivere
altrove. Questo si trasforma in una garanzia di tenuta del tessuto
sociale e di tutela del territorio.</p><p style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b>Quanto ho appena
descritto non è solo una forma (migliorabile) di consapevolezza
alimentare, ma qualcosa di più: è quella che io considero la strada
per il futuro, e cioè una ridefinizione del destino delle nostre
comunità e del nostro territorio legata alle nostre scelte
alimentari. </b>Be', in realtà il concetto può essere esteso ben al di
là del comparto alimentare, ma l'alimentazione crea un legame
stretto e immediato con l'agricoltura, cioè con la più diffusa ed
economica forma di gestione del territorio, e con le comunità
rurali.</p><p style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b>Ho calibrato il
ragionamento su di me perché vorrei condividere un principio molto
semplice: sono le nostre scelte che influenzano un certo modo di
essere del mondo.</b> Se deleghiamo ad altri le nostre scelte alimentari,
il nostro paesaggio, il tessuto sociale del nostro paese, la salute
dei nostri figli (e la nostra), tutte queste importanti cose saranno
indirizzate e determinate da altri. Se scegliamo da soli con un
pizzico di consapevolezza daremo un piccolo contributo a un mondo
diverso grazie alle ricadute delle nostre scelte sia a valle, sia a
monte. Io sono Emilio e sono uno solo, ma se da domani anche una sola
persona legge questo post e cambia idea saremo due. Se quella
persona parla con una terza persona e anche questa diviene
consapevole, saremo in tre. Pian piano diverremo milioni e la forza
del cambiamento sarà enorme.</p><p style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><br /></p><span><a name='more'></a></span><p style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: center;">---------------------------</p><p style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">* Luna ha quasi 18 anni e le feste di compleanno in giardino con i genitori sono un lontano ricordo.</p><p style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">** Grande Distribuzione Organizzata. Per capirsi, i supermercati.</p><p style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">*** All'epoca in cui è stato pubblicato il libro io e Serena eravamo ancora una coppia sposata.</p><p style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">**** Oggi quelli della Calabria, finalmente disponibili.</p><p style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><br /></p>Emilio Bertoncinihttp://www.blogger.com/profile/01203336544196143315noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1754300467097680827.post-59590881968095712422021-11-28T11:34:00.003+01:002021-11-28T11:34:50.255+01:00Orti urbani: cosa sono e quanti tipi ne esistono?<p style="text-align: justify;">Si definiscono <i><b>orti urbani</b></i> le coltivazioni di ortaggi non destinate alla vendita che si collocano in spazi urbani. La natura urbana, però, non è definita sulla base di norme urbanistiche o di tratti
architettonici o paesaggistici, bensì in relazione agli stili di vita
delle persone che li coltivano. In tal senso, sono urbani anche gli
orti che nascono in alcuni borghi rurali nei quali l'agricoltura professionale fa
da sfondo alla vita delle persone senza caratterizzarla. La coltivazione degli orti urbani può avvenire per scopi vari e diversi potendo essi assolvere a funzioni differenti. E' per questo che, sulla base di una proposta avanzata nell'ormai lontano 2014, possono essere classificati nelle categorie di seguito descritte.</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;"><b>Orti privati</b><table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi4UuyQAv5VZF7KjCmkgswkAOIFEBHufRnhIx41o1BRoPkgHOU-x7BGugpDRNg3RB8yMzPpxno3sKh6m0NvFa1wOGUhx3-Q39gpTOY12mPA0NhcPAjrkmSvRDPLP25TCzSSpJMEwo1no1w/s1200/-+ettrazzo+mierco-001.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="900" data-original-width="1200" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi4UuyQAv5VZF7KjCmkgswkAOIFEBHufRnhIx41o1BRoPkgHOU-x7BGugpDRNg3RB8yMzPpxno3sKh6m0NvFa1wOGUhx3-Q39gpTOY12mPA0NhcPAjrkmSvRDPLP25TCzSSpJMEwo1no1w/s320/-+ettrazzo+mierco-001.jpg" width="320" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><i>Coltivazione di ortaggi su un balcone.</i></td></tr></tbody></table></p><p style="text-align: justify;"><span style="text-align: left;">Sono spazi vicini all'abitazione di chi li coltiva che ospitano ortaggi
destinati al consumo fresco o alla trasformazione per il consumo dopo
un periodo di conservazione. Spesso vi si coltivano anche piante annoverate tra i
seminativi o tra le colture industriali, come il mais e il girasole. </span>Possono essere orti in pieno
campo nati su scampoli di terreno non edificato o sulla resede delle
abitazioni oppure orti in
contenitori di varia natura posizionati sui balconi o nei cortili. Fanno parte di questa categoria gli orti di cui si dotano i
ristoranti e quelli coltivati in realtà condominiali su appezzamenti di terra di proprietà esclusiva. Sono, invece, <b>orti condominiali condivisi</b> quelli che vengono coltivati in forma collettiva negli spazi condominiali comuni.</p><p style="text-align: justify;"><b><br /><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh8y60z-RhJi7IrzeFJVDXZ2x6_tMNuxaBfbY_4cb4LsNO38z6yBlvfRfO-vLDm6IWUP1fOQXz1ZS10fcYetLviFVuVLdHfbiPWlXTR8iGaHP5LvbNngmH4ua0L2FgsyEEAIGd3SqS9trA/s1024/20151020_130617.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="768" data-original-width="1024" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh8y60z-RhJi7IrzeFJVDXZ2x6_tMNuxaBfbY_4cb4LsNO38z6yBlvfRfO-vLDm6IWUP1fOQXz1ZS10fcYetLviFVuVLdHfbiPWlXTR8iGaHP5LvbNngmH4ua0L2FgsyEEAIGd3SqS9trA/s320/20151020_130617.jpg" width="320" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><i>Gli orti sociali di Palmanova (UD)</i></td></tr></tbody></table>Orti sociali</b></p><p style="text-align: justify;"><span style="text-align: left;">Si tratta di terreni di proprietà pubblica preventivamente divisi in
appezzamenti di misura definita (30-80 metri quadrati), forniti di alcuni servizi base,
come l'allaccio a un impianto irriguo, e il cui utilizzo è
specificamente regolamentato. Sono</span> affidati in concessione
a privati cittadini, associazioni, scuole e altre organizzazioni.
Tale affidamento è temporaneo per periodi di 3-5 anni e prevede
tanto la corresponsione di un canone, quanto il rispetto di uno
specifico regolamento.<i> </i>Quest'ultimo p<span style="text-align: left;">revede limiti all'impiego di sostanze chimiche,
alla realizzazione di opere murarie, al
posizionamento di manufatti e arredi (es. casette utilizzate come
rimesse attrezzi) e allo sviluppo in altezza di colture e pali tutori
per evitare l'ombreggiamento tra i lotti. Di solito non è
consentito l'allevamento di animali. Talora esistono edifici o spazi
d'uso comune tra gli assegnatari. Generalmente i singoli appezzamenti
non hanno una vera e propria recinzione, sebbene siano delimitati,
mentre gli orti nel loro complesso sono recintati. I</span><span style="text-align: left;">nfine, può essere previsto un organismo che riunisce gli assegnatari
(un comitato, un'assemblea o un’associazione) il cui funzionamento
è specificamente regolamentato. Esso decide in merito ad alcuni
aspetti della gestione degli spazi comuni, con particolare
riferimento a tutto ciò che genera costi da riversare sui singoli
assegnatari. Talora nella vita degli orti sociali sono coinvolte
associazioni locali o anche nazionali. Queste in alcuni casi danno
vita a iniziative di informazione e formazione a favore sia degli
assegnatari, sia di chi è interessato alla coltivazione di orti in
città.</span></p><p style="text-align: justify;"><b><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhOMJfrQQlt7yY-AwS3Kcf1JHe7JIB6AIa-TPfD14UP2MkdqID79mRvPm1jhVtiRa_8rCTJ9u_jhYwpHI0j0oEz8pte9dJMbd0LZDz9bYTJkMjW7cimi2zRFSmyUjBEsNkiq6_r75M8Kug/s2048/DSC_0971.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1365" data-original-width="2048" height="213" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhOMJfrQQlt7yY-AwS3Kcf1JHe7JIB6AIa-TPfD14UP2MkdqID79mRvPm1jhVtiRa_8rCTJ9u_jhYwpHI0j0oEz8pte9dJMbd0LZDz9bYTJkMjW7cimi2zRFSmyUjBEsNkiq6_r75M8Kug/s320/DSC_0971.JPG" width="320" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><i>Gli spazi di coltivazione del progetto"un giardino per rivere" <br />dell'IRCCS San Camillo di Venezia</i></td></tr></tbody></table>Orti con finalità terapeutiche</b></p><p style="text-align: justify;">Sono spazi coltivati in cui si praticano attività di orto-terapia,
terapia occupazionale o volte al superamento della barriera paziente /
personale sanitario. Sono inclusi in questa categoria i cosiddetti <i>giardini Alzheimer </i>ideati e realizzati per offrire occasioni di stimolazione e accoglienza a chi è colpito da questa particolare sindrome. L'organizzazione degli spazi, la presenza di strutture specifiche e la gestione con personale specializzato sono elementi portanti di questo tipo di orto urbano.</p><p style="text-align: justify;"><i><br /></i></p><p style="text-align: justify;"><b><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiVQS579_jwXDkmoz7WBS3Cy73u-4IIWCDde8K0KaS9gcNA4cKT09L_J9jz7nUbmYi-YNJ3BIUjL_NIuDrzx24gQFuAMjd6HbTwV3LV4kiOyEB3XFzb3wr9Nuzhga2RnOsJcjrTOqze40I/s2048/56+%2528120%2529.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1536" data-original-width="2048" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiVQS579_jwXDkmoz7WBS3Cy73u-4IIWCDde8K0KaS9gcNA4cKT09L_J9jz7nUbmYi-YNJ3BIUjL_NIuDrzx24gQFuAMjd6HbTwV3LV4kiOyEB3XFzb3wr9Nuzhga2RnOsJcjrTOqze40I/s320/56+%2528120%2529.jpg" width="320" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><i>Un esempio di orto civico: l'Orto del Giardino <br />della Lumaca di Pietrasanta (LU)</i></td></tr></tbody></table>Orti civici</b> </p><p style="text-align: justify;">Sono orti che nascono e crescono in spazi
urbani di proprietà pubblica per opera di gruppi di cittadini che
conducono forme di coltivazione condivisa. Si tratta di orti la cui
funzione prevalente è quella della socializzazione e dello sviluppo
di dinamiche di comunità.</p><p style="text-align: justify;"><i><b>Orti conviviali</b> </i></p><p style="text-align: justify;">Si tratta di orti la cui funzione principale è quella di
favorire l’incontro tra le persone e di fornire occasioni di
convivialità. Essi possono essere aperti a tutta la cittadinanza o
prevedere la partecipazione ai lavori e ai momenti ricreativi e
culturali solo a gruppi ristretti.</p><p style="text-align: justify;"><b><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEipaTULGOgByPeghZXto-GYOdA9G0EJazkTIbKYu_SsmXU1brDrH04F8cCkFxx1BlLqfoxpiQ66XErtQrmB-efle1-uAw8yU0St9v8pPcCAvlaNm1K77ImidqrYaBbOgj14iPo5NLaqwJE/s2048/2014-10-19+14.58.28.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1536" data-original-width="2048" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEipaTULGOgByPeghZXto-GYOdA9G0EJazkTIbKYu_SsmXU1brDrH04F8cCkFxx1BlLqfoxpiQ66XErtQrmB-efle1-uAw8yU0St9v8pPcCAvlaNm1K77ImidqrYaBbOgj14iPo5NLaqwJE/s320/2014-10-19+14.58.28.jpg" width="320" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><i>Gli orti urbani di Via Goito a Livorno <br />sono un tipo esempio di orto di riconquista.</i></td></tr></tbody></table>Orti di riconquista</b></p><p style="text-align: justify;">Sono aree coltivate con ortaggi che nascono quale strumento
di riappropriazione di spazi urbani caduti in condizioni di degrado
o soggetti a speculazione edilizia nei quali la rivendicazione di
funzioni del territorio e forme del paesaggio maggiormente
identitarie passa attraverso la coltivazione, talora abusiva, di
orti. Essi costituiscono spesso uno strumento transitorio ed efficace nel determinare una ridefinizione delle destinazioni urbanistiche e delle forme d'uso di spazi agricoli fagocitati dalla città.</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;"><b><table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiXlD22od_giKZ_yQC6R3sVtgMV-wRAf_QCC1DinO5uDYK-dlxxNBRtvvXmAaeINFELcb-Rwmk_ciPqGLIzpjjdhp9uqFhgqkhVOQgTxihSBs6Bx3bFvSQ2HLmKOTu943hwGRX-g8ZgRws/s2048/Figura+52.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1152" data-original-width="2048" height="180" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiXlD22od_giKZ_yQC6R3sVtgMV-wRAf_QCC1DinO5uDYK-dlxxNBRtvvXmAaeINFELcb-Rwmk_ciPqGLIzpjjdhp9uqFhgqkhVOQgTxihSBs6Bx3bFvSQ2HLmKOTu943hwGRX-g8ZgRws/s320/Figura+52.jpg" width="320" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><i>L'orto scolastico può assumere fisionomie<br />insolite per rispondere a precisi obiettivi educativi e didattici.</i></td></tr></tbody></table>Orti urbani didattici</b></p><p style="text-align: justify;">Si tratta di orti che nascono in ambito urbano per
finalità didattiche, spesso in coerenza con specifiche progettualità socio-educative. Appartengono a questa categoria gli <b>orti
scolastici </b>e gli <b>orti educativi</b>, cioè quelli presenti nelle pertinenze di scuole e servizi educativi. Questi ultimi due, in particolare, sono ideati, progettati e gestiti al fine di perseguire obiettivi tipicamente non produttivi. Il raccolto di ortaggi è, quindi, accessorio alle opportunità di apprendimento che essi offrono a bambini e ragazzi. Gli obiettivi della coltivazione sono pertanto coerenti con le <i>Indicazioni Nazionali per il Curricolo</i> della scuola e ai progetti educativi dei singoli servizi, quali nidi, spazi gioco e ludoteche. Una particolare declinazione dell'orto didattico è quella dell'<b>orto in carcere</b> nel quale sono perseguite finalità educative tese alla reintroduzione nella vita civile dei detenuti.</p><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: center;">---------------</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><i>Bibliografia dell'articolo</i></div><div style="text-align: justify;"><i><br /></i></div><div style="text-align: justify;"><p class="western" style="line-height: 115%; margin-bottom: 0.35cm; text-align: justify;">E. Bertoncini, Orticoltura (eroica) urbana, MdS editore, Pisa
2014</p>
<p class="western" style="line-height: 115%; margin-bottom: 0.35cm; text-align: justify;">E. Bertoncini, L’orto delle Meraviglie, MdS editore, Pisa 2015</p><p class="western" style="line-height: 115%; margin-bottom: 0.35cm; text-align: justify;">E. Bertoncini – “Lezioni dalla natura - orti didattici e
scolastici in ambito urbano” - in ACER – Parchi, verde
attrezzato, recupero ambientale Anno 33 – n.3 , maggio - giugno
2017</p></div><div style="text-align: justify;"><i><br /></i></div><div style="text-align: justify;"><i><br /></i></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div>Emilio Bertoncinihttp://www.blogger.com/profile/01203336544196143315noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1754300467097680827.post-28575618589316683882021-09-03T23:10:00.022+02:002021-09-04T09:17:46.511+02:00Artisti del paesaggio<p style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiHOtpM5cJBtzHpZGkhVXJxzUsque_qlpzlO-17-otdOqROCS4PZiNhDNew1pAdKtZ10-VZsHPOuTLXkgPTa-xzl7aGMgosc8EBiSFX87gQBpP1WAih0cPrnf7Pt1pGlWK2ycj00d7obC8/s2048/IMG_20210830_000157.jpg" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="2048" data-original-width="1895" height="318" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiHOtpM5cJBtzHpZGkhVXJxzUsque_qlpzlO-17-otdOqROCS4PZiNhDNew1pAdKtZ10-VZsHPOuTLXkgPTa-xzl7aGMgosc8EBiSFX87gQBpP1WAih0cPrnf7Pt1pGlWK2ycj00d7obC8/w319-h318/IMG_20210830_000157.jpg" width="319" /></a></div><div style="text-align: justify;">Questo post intende essere prevalentemente un ringraziamento a chi, quotidianamente, si prende cura di veri e propri affreschi di paesaggio. Come i ritratti della saga di Harry Potter, i soggetti delle opere d'arte in questione non sanno stare fermi, mutano di stagione in stagione, talora di ora in ora. Altrettanto vivaci sono, a tratti, i loro manutentori o, per meglio dire, pittori, scultori e restauratori che non conoscono altra pausa che quella che si rende necessaria per costruire la scenografia in cui si inserisce il loro capolavoro. Si tratta di paesaggi che, nella cornice del nostro sguardo, possiamo considerare vere e proprie opere d'arte, dipinti su una tela che la natura ha voluto offrirci a suon di sollevamenti e piegamenti della crosta terrestre, deposizione di sedimenti, raccolte d'acqua, acrobazie di semi volanti, climi che nemmeno sappiamo concepire e tutte le millemila* condizioni ambientali che influenzano la vita sulla terra.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><p></p><p style="text-align: justify;"><b>Artisti (quasi) a propria insaputa, con la modestia di chi assolve ad un dovere che va oltre ogni ragionevole orizzonte temporale</b></p><p style="text-align: justify;">Alpe Pirlo, su una pendice come tante delle Alpi Retiche, qualche giorno fa.</p><p style="text-align: justify;">"Scusate, posso scattarvi qualche fotografia?". La risposta alla mia domanda è un semplice gesto composto da un sorriso e una mano che si alza, nemmeno una parola. Un gesto che interrompe il moto di un rastrello che non si ferma da ore, da quando si è spenta la falciatrice. Poi una voce quasi assente a se stessa dice alla compagna di lavoro qualcosa che suona come "Ce le fanno tutti senza dirci niente, che strano che è questo che ce lo chiede!". Parole pronunciate mentre il rastrello procede avanti e indietro facendo nascere piccoli mucchi di erba appena tagliata, mani e braccia che sembrano muoversi quasi senza sapere il perché. Un movimento che sembra involontario, proprio come quello del cuore, organo a cui ci sforziamo di attribuire sentimenti, ma non ragione, non pensiero. Cuore che pulsa sapendo che quello è il suo dovere, ma senza sapere perché vadano alimentati un cervello e molti altri organi, un organismo che fa cose nel mondo. Quali siano queste cose non sembra contare, salvo che di tanto in tanto le contrazioni aumentano senza una causa fisica, solo perché un'emozione trascina il sangue chissà dove. Quelle braccia sembrano muoversi allo stesso modo. Muovono, di fatto, un pennello che rinnova l'affresco dell'Alpe, un pennello che si muove per volontà di due artisti apparentemente inconsapevoli, modesti come chi assolve solo ad un dovere, niente più. Dico inconsapevoli anche se, un po' come "<a href="https://youtu.be/WlbF80TA3Tc" target="_blank">L'uomo che piantava gli alberi</a>", sembrano saperne più di tutti e danno l'impressione di aver trovato un bel modo di essere felici: quello di custodire oltre ogni ragionevole orizzonte temporale, un'opera d'arte nata secoli fa.</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><iframe allowfullscreen="" class="BLOG_video_class" height="345" src="https://www.youtube.com/embed/Vycb0zyZpqM" width="481" youtube-src-id="Vycb0zyZpqM"></iframe></div><br /><p></p><p style="text-align: center;"><span style="color: #0b5394;">(se non vedi il video in questo spazio, segui questo link: <a href="https://youtu.be/Vycb0zyZpqM">https://youtu.be/Vycb0zyZpqM</a>)</span></p><p style="text-align: justify;"><b>L'agricoltura, un'arte sacra</b></p><p style="text-align: justify;">Mi sono mosso nell'affresco dell'Alpe Pirlo con lo zaino appesantito da un libro che sta influenzando il mio sguardo sulla vita: "<a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Walden_ovvero_Vita_nei_boschi" target="_blank">Walden, ovvero vita nei boschi</a>". Credo che la gran parte dei miei coetanei non lo abbia letto, ma conosca bene un suo passo, pur rimodulato nella sua <a href="https://youtu.be/-vvASRCPLa8" target="_blank">versione cinematografica</a>, cioè questo: "Andai nei boschi perché desideravo vivere con saggezza, per affrontare solo i fatti essenziali della vita, e per vedere se non fossi capace di imparare quanto essa aveva da insegnarmi e per non scoprire, in punto di morte, che non ero vissuto". Sono le parole di Henry David Thoreau forse più note al grande pubblico, ma non le uniche. Ce ne sono altre che aiutano a riflettere, quelle che seguono:</p><p style="text-align: justify;"><i></i></p><blockquote style="text-align: justify;"><i>La poesia e la mitologia dell'antichità suggeriscono, almeno, che un tempo l'agricoltura era un'arte sacra; ma essa è ora perseguita da noi con fretta e trascuratezza irriverenti, essendo il nostro solo obiettivo avere grandi poderi e grandi raccolti.</i></blockquote><p></p><p style="text-align: justify;">Leggerle e rileggerle lungo i sentieri che muovono noi escursionisti sulle Alpi Retiche sembra indispensabile per almeno due buoni motivi. Il primo, più immediato, è che quella fretta e trascuratezza irriverenti sembrano albergare anche nei nostri passi, sempre agili nella ricerca di un qualcosa che, se coglie la nostra attenzione, al massimo entra nel novero dei nostri scatti fotografici, alberga nelle velleità di fotografi senza tempo, sempre di fretta, attenti a quel che si vede, ma quasi mai veramente intenti a guardare. Il secondo, decisamente più importante, è che a metà del diciannovesimo secolo Thoreau aveva visto che ciò oggi stentiamo a riconoscere: una certa declinazione dell'agricoltura le avrebbe tolto la sacralità di un'arte per ridurla nel miraggio di grandi raccolti che, se assicurano una vita dignitosa, forse tolgono un ruolo a chi la pratica e la delizia dello sguardo a molti fruitori dei luoghi in cui si svolge. Sì, l'Alpe Pirlo è opera d'arte, ma quanti paesaggi agricoli moderni ci lasciano storditi, un po' come accade di fronte a quelle installazioni di arte moderna che vogliono farci riflettere, provocarci, ma non sempre ci riescono? E quante volte lo stupore di fronte ad affreschi avvelenati da una certa agricoltura è frutto delle campagne di marketing o di una nostra complice ignoranza? Quante volte ci sembra arte agricola ciò che in sostanza è un semplice impianto produttivo, una zona industriale in cui cemento e acciaio sono sostituiti da fusti e zampe? Quante cartoline per turisti finiamo per riconoscere in un paesaggio che mima un affresco senza esserlo, talora con la feroce superbia di un Qr-code che sembra voler comunicare quando, invece, è illeggibile ai nostri occhi?</p><p style="text-align: justify;"><b>La poesia in soccorso della multifunzionalità</b></p><p style="text-align: justify;">Queste domande non possono che sollecitare l'agronomo che ancora vive in me, sebbene stordito di fronte a un'agricoltura troppo spesso lontana dalla poesia, dalla sacralità dell'arte agricola. Si materializza così davanti a me la parola "multifunzionalità", quella che letta da molti eruditi dell'agricoltura ancora oggi rimane un mistero da comprendere, una definizione che sembra sfuggire al produttivismo che connota l'idea moderna di agricoltura. Ecco cosa dice <span style="text-align: left;">l'OCSE, l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, in merito:</span></p><i><blockquote style="text-align: justify;">Oltre alla sua funzione primaria di produrre cibo e fibre, l’agricoltura può anche disegnare il paesaggio, proteggere l’ambiente e il territorio e conservare la biodiversità, gestire in maniera sostenibile le risorse, contribuire alla sopravvivenza socio-economica delle aree rurali, garantire la sicurezza alimentare. Quando l’agricoltura aggiunge al suo ruolo primario una o più di queste funzioni può essere definita multifunzionale.</blockquote></i><p style="text-align: justify;">Disegnare il paesaggio, almeno ai miei occhi, è un'espressione riduttiva. Avrei preferito dipingere o scolpire, gesti umani che sembrano dare vita a ciò che vivo non è, un po' come i movimenti dell'uomo che coltiva rendono arte ciò che risponde ai bisogni fondamentali delle persone.</p><p style="text-align: justify;">Lo scrivo ed esito un po'. Quali sono questi bisogni fondamentali? Se è vero che noi del mondo fortunato mangiamo tre volte al giorno, ci è davvero sufficiente, oltre che necessario? Qualcuno mi ha detto che un bisogno innato dell'umanità è narrare. Per questo abbiamo un linguaggio, leggiamo, scriviamo, abbiamo inventato il teatro, il cinema e i fumetti. Non è forse rispondere a questo bisogno il movimento perpetuo di quel rastrello, non è forse infondere poesia in un affresco senza fine, proprio perché vivo? E non ce lo dice così bene Franco Arminio nel suo "<a href="https://www.illibraio.it/libri/franco-arminio-cedi-la-strada-agli-alberi-9788861908505/" target="_blank">Cedi la strada agli alberi</a>"?</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;"></p><blockquote><p style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm; text-align: center;"><span style="color: #38761d;">Abbiamo bisogno
di contadini,</span></p><p style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm; text-align: center;"><span style="color: #38761d;">di poeti, gente che
sa fare il pane,</span></p><p style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm; text-align: center;"><span style="color: #38761d;">che ama gli alberi e
riconosce il vento.</span></p><p style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm; text-align: center;"><span style="color: #38761d;">Più che l’anno
della crescita,</span></p><p style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm; text-align: center;"><span style="color: #38761d;">ci vorrebbe l’anno
dell’attenzione.</span></p><p style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm; text-align: center;"><span style="color: #38761d;">Attenzione a chi
cade, al sole che nasce</span></p><p style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm; text-align: center;"><span style="color: #38761d;">e che muore, ai
ragazzi che crescono,</span></p><p style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm; text-align: center;"><span style="color: #38761d;">attenzione anche a
un semplice lampione,</span></p><p style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm; text-align: center;"><span style="color: #38761d;">a un muro scrostato.</span></p><p style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm; text-align: center;"><span style="color: #38761d;">Oggi essere
rivoluzionari significa togliere</span></p><p style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm; text-align: center;"><span style="color: #38761d;">più che aggiungere,
rallentare più che accelerare,</span></p><p style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm; text-align: center;"><span style="color: #38761d;">significa dare
valore al silenzio, alla luce,</span></p><p style="text-align: justify;">
</p><p style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm; text-align: center;"><span style="color: #38761d;">alla fragilità,
alla dolcezza.</span></p><p style="text-align: justify;"></p></blockquote><p style="text-align: center;"><br /></p><p style="text-align: justify;">E cosa fa quel rastrello se non togliere, rallentare, dar valore al silenzio, alla luce che carezza i mucchi dal profumo erboso, alla fragilità di un luogo magico, alla dolcezza che ispira lo sguardo che vi si posa?</p><p style="text-align: justify;">Per tutto questo e molto altro che è difficile tradurre in parole, nasce il mio grazie a chi, quotidianamente, si prende cura dei nostri affreschi di paesaggio.</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: center;">------------</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">* so bene che questo numero non esiste, ma lavoro molto con i bambini e so che una licenza poetica può riguardare tutto, anche i numeri.</p>Emilio Bertoncinihttp://www.blogger.com/profile/01203336544196143315noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1754300467097680827.post-26186573462658611392020-06-24T12:46:00.002+02:002020-06-24T13:02:48.212+02:00Pionieri del tempo educativo che è e che sarà<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhJ_pGAjd_gumnXTDnx1oKkpomGFoiqL3fHmTcw7_j1BY97xDi3hJxTKfYH8ta5roHvNRGnSwaGmY0X3q_r2kulGekumwIqjMH8eecVYPwHDo9w-FPboZLpH_h08XHTLvz9P8KRdZz0GCE/s1600/1+-+pionieri.jpg" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em; text-align: left;"><img border="0" data-original-height="900" data-original-width="1600" height="225" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhJ_pGAjd_gumnXTDnx1oKkpomGFoiqL3fHmTcw7_j1BY97xDi3hJxTKfYH8ta5roHvNRGnSwaGmY0X3q_r2kulGekumwIqjMH8eecVYPwHDo9w-FPboZLpH_h08XHTLvz9P8KRdZz0GCE/s400/1+-+pionieri.jpg" width="400" /></a></div>
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Alcuni giorni fa ho scelto l'immagine che troviamo qui a destra per un intervento formativo svolto per il <a href="https://centrociari.it/" target="_blank">Centro Studi Bruno Ciari</a> di Empoli (FI). Si è trattato del terzo di tre incontri dedicati alle pratiche di educazione all'aperto per gli operatori dei centri estivi in fascia 3-6. Proprio da quell'immagine è scaturito in me il pensiero che provo a tradurre in questo post.</div>
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L'intero ciclo formativo, così come altri svolti in parallelo per le fasce di età superiori e un altro dedicato ai materiali naturali svolto per la fascia 0-6 del mondo educativo, ha trovato una naturale collocazione nel<b> <a href="https://emiliobertoncini.blogspot.com/2020/05/il-chilometro-zero-educativo-un.html" target="_blank">chilometro zero educativo</a></b>. Tuttavia, in alcuni frangenti mi sono spinto oltre o, quantomeno, ho dilatato il chilometro zero facendo mia l'idea che non si tratti di un parametro geometrico, ma di<i> <b>un territorio delle opportunità educative del quotidiano</b></i>. E' per questo che ho scelto la fotografia di due bambini sul treno, testimonianza di uno straordinario anno educativo di qualche tempo fa.</div>
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Cosa c'entra quella foto col titolo dell'articolo?</div>
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Provo a partire da lontano, quando il 4 di marzo tutta l'Italia ha scoperto che quello sarebbe stato l'ultimo giorno di apertura della scuola e dei servizi educativi per un periodo prima determinato in circa due settimane, poi prolungato fino a divenire indefinito grazie (si fa per dire) ad una serie di provvedimenti del Presidente del Consiglio dei Ministri. Qualcuno nelle regioni settentrionali aveva, a dire il vero, già iniziato la propria avventura in un tempo sospeso in cui l'infanzia e l'educazione paiono, per mio parere, aver visto sospeso ogni diritto e spazio.</div>
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Abbiamo dovuto attendere giugno per poter vedere ripartire qualcosa, segnatamente i Centri Estivi da animare nel rispetto di nuove e inedite linee guida governative poi declinate in vario modo a livello regionale. Prima per i bambini dai tre anni in su, poi (finalmente!) anche nella fascia 0-3.</div>
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La prima lettura delle linee guida ha determinato molte impressioni, ma non è di questo che intendo parlare, salvo accennare al fatto che <i>la forte spinta verso l'educazione all'aperto ha, di fatto, tolto ogni alibi e timore a chi ancora ne aveva</i>. In particolare, ha tolto significato alla domanda "se un bimbo si fa male quando siamo fuori, come giustifichiamo il fatto che eravamo usciti?". Io quella domanda non l'ho mai capita, visto che educare e insegnare sono cose che si fanno nel mondo, non dentro scatole in muratura, ma ora la risposta esiste anche sul piano giuridico "<u>perché le linee guida per la prevenzione della pandemia Covid-19 dicono di privilegiare l'educazione all'aperto</u>". Chiusa questa parentesi, però, voglio riflettere su cosa è accaduto dal 15 di giugno, data prima della fatidica ripartenza delle azioni educative attraverso i Centri Estivi: di fatto, da quel momento, <b><u>chi opera nel mondo educativo, inteso a tutto tondo, è divenuto un pioniere</u></b>.</div>
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E chi è un pioniere? Il primo dizionario on-line comparso dopo la mia ricerca nel web dice che si tratta di uno "scopritore o promotore
di nuove possibilità di vita o di attività, collegate specialmente all'insediamento e allo sfruttamento relativo in terre sconosciute". Sì, <u>chiunque abbia progettato e avviato un'esperienza educativa a partire da questa estate è entrato nelle <i>terre sconosciute dell'agire educativo post-covid-19</i></u>. Dico "post" non per intendere che l'epidemia sia completamente superata, cosa di cui nessuno può avere certezza e su cui ognuno può avere dubbio, ma perché quel 4 di marzo ha cambiato completamente e per sempre le carte in tavola, non solo per la nostra vita in generale, ma soprattutto per il mondo educativo. Quale sia questo cambiamento è, probabilmente, cosa ancora da capire, ma ci sono alcuni riferimenti non trascurabili.</div>
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Prima di tutto, <b>è cambiato il quadro giuridico</b> e, fatto non trascurabile, è cambiato attraverso <i>regole incerte e deboli</i>. Non abbiamo, infatti, nuove leggi, ma provvedimenti di legge che si trascinano dietro delle <i>linee guida</i>, strumenti indubbiamente utili, ma non capaci di dare riferimenti certi e <u>forse nati per porci in quello stato di necessaria analisi dei rischi che è, al tempo stesso, opportunità e limite</u>. Non si può, però, dire che il quadro giuridico sia lo stesso. Da un paio di settimane, siamo così a confrontarci con le nuove linee di condotta e con la realtà, soprattutto nello 0-6, dove le necessità di relazione per svolgere l'azione educativa difficilmente possono escludere, senza avere ripercussioni sulla vita futura dei bambini, il contatto fisico. Ecco che, proprio mentre scrivo, molti si staranno confrontando con <i>l'attrito che c'è tra il presupposto scientifico e teorico del distanziamento fisico e la realtà relazionare dell'educare</i>. Tolte di mezzo, infatti, le proposte educative che si fondano sul contatto fisico, <u><b>rimane la natura per lo più incontrollabile di mammifero dei nostri cuccioli e, diciamolo pure, di coloro che si dedicano all'educazione</b></u>.</div>
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<b><u>Ma c'è, a mio avviso, molto di più: noi siamo cambiati.</u></b> I mesi del lockdown, le misure di distanziamento e gli stessi termini che lo hanno etichettato (distanziamento <i>sociale</i> e non <i>fisico</i>), le nostre esperienze con la malattia, il pressing delle news, ora catastrofiche, ora tranquillizzanti, e il modo in cui ognuno di noi ha potuto vivere i giorni di maggiore restrizione delle libertà costituzionalmente garantite ci hanno profondamente segnati. E' accaduto agli adulti, ma anche ai bambini. E' accaduto in modi che, forse, ancora non riusciamo a comprendere e che solo studi e ricerche approfonditi potranno caratterizzare. Io provo a darne una misura con un piccolo aneddoto collegato al mio coinvolgimento in un campo estivo. Ligio alle regole, ho indossato la mascherina per tutto il tempo della mia presenza e nessun bambino e o bambina ha in qualche modo manifestato una reazione a quel mio volto parzialmente coperto. Niente di nuovo per loro che stanno vivendo con la consueta naturalezza un nuova normalità. Niente di nuovo per loro, forse nemmeno niente di buono per loro. Ma questa è una mia sensazione. Ciò che conta è che, se potessi tornare indietro di 365 giorni e dovessi presentarmi in analoghe condizioni in un centro estivo dell'estate 2019, le cose andrebbero sicuramente in altri modi e quel mio volto coperto sarebbe in grado di generare reazioni ben diverse da quelle del 2020. Anzi, credo che per molti genitori quel volto parzialmente coperto oggi sia diventato un segno di sicurezza, un gesto di cura e rispetto verso i bambini, mentre nel 2019 sarebbe stato letto come una minaccia, come stimolo a chiedersi cosa non va nella salute di Emilio.</div>
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Qualcuno ha già vissuto tempi come questi? Probabilmente, in Italia no. Ecco che, nostro malgrado, <i><b>siamo in una terra sconosciuta in cerca di nuove possibilità</b></i>. Diamoci il benvenuto da pionieri e viviamo questo momento!</div>
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C'è, però, un'espressione usata piuttosto frequentemente, spesso usata anche da me, che recita più o meno così: "quando torneremo alla normalità". Non c'è niente di male nell'utilizzarla, ma <b><u>mi chiedo cosa intendiamo per normalità</u></b>. Io credo che, se per normalità intendiamo quello che c'era prima del marzo 2020, al massimo, potremo tornare ad una normalità giuridica. Immaginate una legge con la quale si dice "tutti i provvedimenti normativi assunti durante l'emergenza sanitaria Covid-19 sono abrogati". Ovviamente, non potrà essere così, ma proviamo a immaginarlo. Niente più distanziamento, niente più misurazione della temperatura corporea, niente più igienizzazione delle mani, niente di niente. Davvero questa magia giuridica ci restituirebbe "la normalità"? E' qui che entra in campo la foto che accompagna questo articolo, volutamente unica.</div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjuiNL7hyphenhyphen7-XN_xu7pRmM3VMZVQeSs0ETc2JaXF8ZG7aMivyZtLuaQ-b3_Lon9qC7J25Zg55EHKWmYESA30UU6ORVlvWF62x-sTbIcde7c2yLthW2Ay6e2NqCbWGDdfaOncXS5Xww81Z6M/s1600/1+-+pionieri.jpg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em; text-align: left;"><img border="0" data-original-height="900" data-original-width="1600" height="225" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjuiNL7hyphenhyphen7-XN_xu7pRmM3VMZVQeSs0ETc2JaXF8ZG7aMivyZtLuaQ-b3_Lon9qC7J25Zg55EHKWmYESA30UU6ORVlvWF62x-sTbIcde7c2yLthW2Ay6e2NqCbWGDdfaOncXS5Xww81Z6M/s400/1+-+pionieri.jpg" width="400" /></a></div>
<div style="text-align: left;">
La ripropongo tal quale qui a sinistra e provo a raccontarla. Quei due bambini fanno parte di una sezione dei 5 anni di una scuola dell'infanzia e si trovano sul treno su cui sono saliti a Lucca diretti a Firenze. Vivranno una giornata bellissima e dai molteplici significati educativi, ma ancora non lo sanno. A me preme, però, osservarli in questo momento e pensare che, al netto di qualche raccomandazione preventivamente data a tutti i bambini, nel momento in cui ho scattato la fotografia li percepivo al sicuro. Non solo, l'invio della foto nella chat di Whatsapp ai genitori scaturì una grande approvazione e nessuno si preoccupò minimamente per la loro salute. Osservo con struggente malinconia quell'immagine e mi chiedo, quando davvero ogni restrizione di legge sarà superata e torneremo alla normalità giuridica pregressa, sempre che possa accadere, quanti adulti saranno in grado di non avere timori vedendo quei bambini. Quanti tra educatori, insegnanti, genitori non si porranno domande o non saranno assaliti da timori igienico-sanitari inesistenti prima del marzo 2020? E quanti bambini saliranno sul treno senza alcun "nuovo" timore? Inutile dire che una risposta a quelle domande non ce l'ho, ma che il mio timore massimo è che non si possa rispondere "Emilio, ma di quali domande e timori parli?". Già, se non siamo più gli stessi oggi, non saremo più gli stessi nemmeno domani.</div>
<div style="text-align: left;">
<br /></div>
<div style="text-align: left;">
Rifletto allora sul tempo educativo che sarà e a preoccuparmi non sono le linee guida che abbiamo o che avremo, in fondo solo strumenti con cui cogliere opportunità, ma il cambiamento avvenuto in noi. Ecco che se oggi viviamo <b style="font-style: italic;">in una terra sconosciuta in cerca di nuove possibilità</b> con l'idea di attraversare una landa per arrivare altrove, il nuovo mondo sarà davvero <b><i>un'altra</i></b><b style="font-style: italic;"> terra sconosciuta in cui andare in cerca di nuove possibilità</b>. Saremo, cioè, nuovamente pionieri.</div>
<div style="text-align: left;">
<br /></div>
<div style="text-align: left;">
La mia riflessione si ferma qui. Io non riesco, per ora, ad andare oltre, se non ponendomi due domande a cui non so rispondere e con le quali saluto chi ha avuto la pazienza di leggermi:</div>
<div style="text-align: left;">
<br /></div>
<div style="text-align: left;">
- <b>abbiamo tutti ben compreso che siamo e saremo pionieri nel tempo educativo che è e che sarà?</b></div>
<div style="text-align: left;">
<br /></div>
<div style="text-align: left;">
-<b> abbiamo le competenze per assumere collettivamente questo ruolo?</b></div>
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<br /></div>
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<br /></div>
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**************************</div>
<br />
Se hai voglia di mandarmi una riflessione in merito a questo, puoi scrivermi a <a href="mailto:info@emiliobertoncini.com">info@emiliobertoncini.com</a><br />
<br />
<br />Emilio Bertoncinihttp://www.blogger.com/profile/01203336544196143315noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1754300467097680827.post-83822756983281776002020-05-27T00:55:00.001+02:002020-05-27T00:56:43.250+02:00Il chilometro zero educativo (un pensiero frutto del tempo di crisi per quando tornerà la calma)<div style="text-align: justify;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh5Ns5wmYOPSI5uEkIKD3i5irDKDsNwFPhd-07Q5aScVVBYtIzV97uXiTuJyiGFmP9HY27iTk3dJk-MY3oc5vA3IAAjmk_bJ_jOQ8SlLYqc7ZbFn1BZI02eBj4KSfBX7iYCqKBdo7vtTzI/s1600/89519131_10216093981764552_3131429456871161856_n.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="720" data-original-width="960" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh5Ns5wmYOPSI5uEkIKD3i5irDKDsNwFPhd-07Q5aScVVBYtIzV97uXiTuJyiGFmP9HY27iTk3dJk-MY3oc5vA3IAAjmk_bJ_jOQ8SlLYqc7ZbFn1BZI02eBj4KSfBX7iYCqKBdo7vtTzI/s320/89519131_10216093981764552_3131429456871161856_n.jpg" width="320" /></a></div>
<h2>
<b>Prologo</b></h2>
<br />
E' domenica 8 marzo e sto terminando una passeggiata con mio figlio Diego quando sento l'inconfondibile notifica sonora di WhatsApp. E' quello il momento in cui scopro che il mio status giuridico sta per cambiare: un'ordinanza regionale che di lì a poco sarà firmata dal governatore della Toscana mi collocherà tra le persone che devono porsi in "autoisolamento fiduciario". Sì, la Lombardia che ho frequentato nei giorni scorsi per motivi di lavoro poche ore prima è diventata "zona rossa" nella lotta al Covid-19 e, precauzionalmente, io sono soggetto a rischio che dovrà limitare i propri spostamenti e contatti sociali. A me è sostanzialmente precluso ogni movimento, anche a "chilometro zero". Eppure, per me, genitore e strano personaggio che frequenta il mondo educativo, quella distanza risulta preziosa. Anzi, da quando le scuole sono chiuse, i miei figli a casa e io disoccupato, abbiamo cercato di valorizzarlo, sia per trascorrere del buon tempo, sia per dare una dimensione educativa a questo imprevisto tempo sospeso.<br />
<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj-jaDzXOpCtz2MOQXssHjMuRETLabN6l9jhgkc7eatAf1o6P1rPulafFvZoOGSYc1O_Dj9oTSadd0pTOBO5s6ZDVGNZ-Ke9PANaxbpqfYZ84jiSufzolzJeNXYQBRp_TgXM2Ko4upL0UI/s1600/6.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="406" data-original-width="720" height="180" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj-jaDzXOpCtz2MOQXssHjMuRETLabN6l9jhgkc7eatAf1o6P1rPulafFvZoOGSYc1O_Dj9oTSadd0pTOBO5s6ZDVGNZ-Ke9PANaxbpqfYZ84jiSufzolzJeNXYQBRp_TgXM2Ko4upL0UI/s320/6.jpg" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Foto presa in prestito dalla pagina Facebook<br />
"Orto contadino di Lucca"</td></tr>
</tbody></table>
<h2>
<b>Il chilometro zero</b></h2>
<br />
Proprio in questi giorni, anche grazie alla mia abitudine di condividere sui social le immagini di ciò che faccio, ha iniziato a rimbombare nella mia testa l'espressione <b><span style="color: blue;">chilometro zero educativo</span></b>. Inutile dire che è mutuata dal concetto di <i>chilometro zero</i> di cui da anni si parla per le modalità di approvvigionamento alimentare. L'idea di fondo è quella di ottenere dei benefici di vario tipo, da quelli ambientali a quelli sociali, acquistando prodotti che percorrono un breve tratto di strada dal luogo di produzione a quello di consumo. E' evidente che non si può essere pignoli nel rispetto della definizione, altrimenti molti di noi rimarrebbero senza cibo. L'idea, però, è quella di approvvigionarsi, ciascuno secondo le proprie possibilità, di alimenti che, per giungere sulla nostra tavola, percorrono la minor distanza possibile. Ciò non significa rinunciare a qualcosa, ma sceglierlo con un'attenzione in più. Per esempio, a me piacciono i fichi secchi che, però, non vengono prodotti nel territorio in cui vivo. Posso, comunque, trovarli in commercio prevenienti dalla Calabria, dalle Isole dell'Egeo e dalla California. Il principio del chilometro zero è quello che mi porta a scegliere i primi. Purtroppo, più l'area di produzione si avvicina a me e più le modalità di funzionamento del mercato rischiano di trarmi in inganno perché quel prodotto potrebbe fare, a mia insaputa, una lunga strada prima di arrivare nel luogo in cui lo comprerò. Per questo si privilegia, quando è possibile, l'acquisto in azienda o presso i mercati contadini in cui gli agricoltori con brevi spostamenti ci avvicinano i propri prodotti. A questo criterio da tempo si è affiancato quello dell'acquisto solidale, cioè l'acquisto di qualcosa che, a chilometri zero o meno, vada a supportare realtà meritevoli di aiuto. Questo permette, ad esempio, di acquistare prodotti "oltre il chilometro zero" sostenendo, però, realtà virtuose dal punto di vista sociale o ambientale. Nelle mie esperienze ci sono i prodotti che mi permettono di sostenere chi coltiva sui terreni liberati dalla mafie o quelli di comunità in cui gruppi umani in conflitto riescono a collaborare.<br />
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgsoSfK3e5_Hg_qOjzS-X4fWZf9cb4-eQphvnYTVCl6g1213v42M4pWHGli30ICdGtk2x53DXcsllYOOO-6TQ6ntFBmqPg0wKFBQsrCd3qQ6yz1hbUJORYbyQwSNkaLSVUtcnxX0rBOzn8/s1600/km0.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="605" data-original-width="1075" height="180" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgsoSfK3e5_Hg_qOjzS-X4fWZf9cb4-eQphvnYTVCl6g1213v42M4pWHGli30ICdGtk2x53DXcsllYOOO-6TQ6ntFBmqPg0wKFBQsrCd3qQ6yz1hbUJORYbyQwSNkaLSVUtcnxX0rBOzn8/s320/km0.jpg" width="320" /></a></div>
<h2>
<b>Chilometro zero educativo - un possibile significato</b></h2>
<b><br /></b>
Quale potrebbe essere il significato di "chilometro zero educativo" e quali potrebbero essere le sue utilità una volta che, superati i giorni difficili della pandemia, cercheremo di ricostruire una "normalità"?<br />
<div>
Intanto, cerco un appiglio pedagogico ricordando le parole con cui il pedagogista <a href="http://www.antoniodipietro.eu/" target="_blank">Antonio Di Pietro</a> in una formazione congiunta ha ribadito che l'<i>educazione è in ogni luogo e in ogni momento</i>. Quanto provo a scrivere, quindi, potrebbe prescindere dal contesto educativo di riferimento, essendo ogni contesto luogo educativo. Provo a pensare, però, ad alcuni luoghi di elezione cioè la nostra casa, il nido e la scuola. Rispetto a questi luoghi,<b> il <span style="color: blue;">chilometro zero educativo</span> altro non è che l'insieme delle risorse disponibili a breve distanza per attivare o sostenere percorsi educativi</b>. Il chilometro non va inteso come limite geometrico, ma come distanza limite raggiungibile con mezzi ordinari. Potranno essere poche decine o centinaia di metri per il nido d'infanzia o per quando siamo a casa con bimbi molto piccoli o qualche chilometro quando davanti alla scuola c'è la fermata dell'autobus. E' l'insieme dei luoghi facilmente frequentabili. Tutto qui, ma c'è bisogno di parlarne perché <u>in molti casi e per vari motivi quel chilometro è un tabù</u>. Mettendo da parte i casi in cui c'è una impossibilità di frequentazione dovuta a insormontabili condizioni di sicurezza, situazione che dovrebbe farci riflettere sulla collocazione di molti servizi educativi e scuole e sulla qualità urbanistica dei luoghi in cui viviamo, a me preme fare un invito alla riflessione sui limiti che ci diamo culturalmente.</div>
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg6zhrk4WQ3oQYabaAukGjiaDnkx0MEwemRnHA8uNg81bzXaK8ZwZ1Pl8KnQK0s4XIPCwfbUbeEQtcgIPIFWJ2V-3CCKOYoqRr6z0Xpmlfl1AhuEA4EbSQgzOavOXgMJvZA6I9QydFRVQ4/s1600/7.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="540" data-original-width="720" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg6zhrk4WQ3oQYabaAukGjiaDnkx0MEwemRnHA8uNg81bzXaK8ZwZ1Pl8KnQK0s4XIPCwfbUbeEQtcgIPIFWJ2V-3CCKOYoqRr6z0Xpmlfl1AhuEA4EbSQgzOavOXgMJvZA6I9QydFRVQ4/s320/7.jpg" width="320" /></a></div>
Sì, perché nella nostra moderna società italiana il mancato sfruttamento di quell'orizzonte è soprattutto dovuto a limiti soggettivi di origine culturale. Penso, per esempio, a chi oggi è genitore, educatore o insegnante privo di un'esperienza <b>oltre la soglia</b>. Quanti di noi hanno avuto un'infanzia e un'adolescenza sufficientemente "spericolata" e vocata all'<i>outdoor</i>? Chi ha corso lungo le sponde del fiume, è caduto rovinosamente in bicicletta o è scivolato in un torrente? E chi si è perso nel bosco o nel proprio quartiere? Chi si è avventurato lungo un fossato che passa sotto una strada statale? Chi, cioè, tra le figure sopra menzionate ha avuto un'esperienza quotidiana in qualche modo "al limite", pur in contesti ordinari? Chi, quindi, si sente sicuro nel chilometro zero educativo? Molti di coloro che leggeranno questo articolo potrebbero dire "io!", lo so. Questo potrebbe, però, dipendere dal fatto che la nostra comunicazione mette spesso nella stessa "stanza" persone già interessate al tema, ma qui dovremmo riflettere, sulla generalità dei genitori, degli educatori e degli insegnanti. Le cose, forse, cambierebbero un po'. Ma siamo solo all'inizio perché nella nostra distorsione culturale l'educazione e la scuola si fanno dentro. Ne è prova il fatto che chiunque di noi identifica la scuola o il nido nell'edificio, non nella porzione di terreno che ospita anche l'edificio. L'idea più diffusa è che si apprende stando al chiuso. Così, uscire fuori si colloca culturalmente in un momento di svago (come se apprendere modi per svagarsi non fosse un apprendimento) e l'accezione dello star fuori richiama la ricreazione e le gite della scuola. A ben vedere, anche questi momenti hanno una valenza educativa, ma la nostra società dà loro ben poco valore. <u>Eppure, fuori, oltre la soglia, con aria svagata e leggerezza o con la seriosità (che è diversa dalla serietà) che alcuni preferiscono, si possono apprendere cose importanti.</u> Giocare fuori in presenza di qualcuno che a intervalli regolari ci fa notare lo spostamento di un'ombra, è uno dei modi migliori per comprendere e portare sul piano della realtà il moto di rotazione del pianeta e i cambiamenti che si verificano stagionalmente, come l'allungarsi e accorciarsi delle ombre dovute alla luce solare. Proviamo a superare anche questa resistenza e pensiamo a quali altri ostacoli culturali poniamo sulla nostra strada. Fuori non c'è l'omeotermia indotta dal nostro ambientalmente sconsiderato utilizzo delle fonti energetiche. Già, fuori può essere freddo o caldo, anche molto freddo o molto caldo. E noi siamo sempre meno abituati a queste condizioni. In più, può piovere, nevicare, grandinare, tirare vento. E tutto questo ci fa pensare a quanto potremmo star male prendendo freddo, alle possibili malattie o malesseri, dalla tosse (che strano parlarne in tempi di Covid-19!) all'insolazione. E poi, fuori ci si può far male più facilmente.<br />
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi8_VxwtuBCkge3a8UXkoNkwAo5mn7wLX7d5gGwlJeawZju-h5YGzQ-46zSQ5aebxw1uL88RZ_CE1wUfgTPrnKOQjKj8QPsZeerus4Q4Dg-wpeoRij4lRy6AkL5l-lrDWQ_c6qFlmoaah0/s1600/8.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="794" data-original-width="1058" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi8_VxwtuBCkge3a8UXkoNkwAo5mn7wLX7d5gGwlJeawZju-h5YGzQ-46zSQ5aebxw1uL88RZ_CE1wUfgTPrnKOQjKj8QPsZeerus4Q4Dg-wpeoRij4lRy6AkL5l-lrDWQ_c6qFlmoaah0/s320/8.jpg" width="320" /></a></div>
Già, perché il chilometro zero educativo potrebbe non essere "a norma", potrebbe offrire occasioni per farsi male e, purtroppo, <u>la distorsione educativa di questi tempi ci induce a pensare che i pericoli siano tutti da evitare, senza cogliere il valore educativo di quelli che ci espongono a rischi accettabili generatori di apprendimenti</u>. Così, le infinite escoriazioni e piccole o grandi ferite delle mie infanzia e adolescenza, condotte come poco sopra descritto, oggi non esistono quasi più. Eppure, è da quei momenti che ho appreso alcune delle cose più importanti per la mia sicurezza attuale. Certo, a ben pensarci, a volte ho corso rischi inaccettabili, almeno con lo sguardo di oggi. Questo mi suggerisce di andarci cauto, di <u>utilizzare l'analisi dei rischi come strumento per discernere tra le circostanze rischiose nel presente che generano apprendimenti essenziali per la vita futura dei bambini e dei ragazzi e quelle circostanze che non merita far vivere loro perché statisticamente qualcuno potrebbe non sopravvivere.</u> Però questo significa tentare di cogliere delle opportunità.<br />
<br />
Provo a chiudere l'elenco con un ultimo aspetto: siamo una società giuridicamente ipertrofica che offre facilmente il fianco alla minaccia di denuncia. Questo vale soprattutto per chi lavora nei servizi educativi e nella scuola e, come se non bastasse, va di pari passo con la capacità di confondere denuncia e condanna. Così i temi della responsabilità e della sicurezza si invischiano e diventano minaccia insormontabile facendo soccombere la responsabilità educativa a favore di quelle giuridicamente connesse ai temi della sicurezza e dell'igiene. Il quadro descritto fa sì che il chilometro zero educativo debba iniziare dalla porta di scuole, servizi educativi e case e non dal cancello. Sì, spesso anche il giardino è luogo estraneo ai fatti educativi.<br />
<br />
Il<b> </b><span style="color: blue; font-weight: bold;">chilometro zero educativo</span><b>, quindi, inizia lì, proprio sulla soglia che, anziché separare il dentro dal fuori, sembra separare il possibile dall'impossibile.</b> Per molti il chilometro zero è utopia. Fortunatamente, c'è chi nelle utopie vede le opportunità.<br />
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<h2>
<b>Chilometro zero educativo - alcune opportunità</b></h2>
<div>
<b><br /></b></div>
Comprendere tutte le opportunità di questo orizzonte è cosa complessa e, forse, da intendere come un percorso di scoperta, più che come paniere da presentare a terzi. Provo, quindi, a descriverne alcune con la promessa di aggiornare questo paragrafo nel tempo, anche grazie ai contributi di chi avrà voglia e pazienza di darmi suggerimenti scrivendomi a <a href="mailto:info@emiliobertoncini.com">info@emiliobertoncini.com</a>.<br />
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiqaXsj9k__U4FdAK3q2IVgInMQqRN8T64-w19MVFc6h8ZRjGP85gT5ukC1MHmeczO1_2tZdVg22b5RneTJ5b9NbLaErZCeGjT8HeJIa6W550D8piyUJEL8ubEQXCmPKwCXUSNOp6FXrYo/s1600/14.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="206" data-original-width="274" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiqaXsj9k__U4FdAK3q2IVgInMQqRN8T64-w19MVFc6h8ZRjGP85gT5ukC1MHmeczO1_2tZdVg22b5RneTJ5b9NbLaErZCeGjT8HeJIa6W550D8piyUJEL8ubEQXCmPKwCXUSNOp6FXrYo/s1600/14.jpg" /></a></div>
La prima cosa che mi viene da pensare è che <u>potremmo apprendere che i luoghi dell'apprendimento sono luoghi normali e a portata di mano</u>. Nel nostro chilometro zero educativo ci potrebbero essere un campo incolto, un bosco, un museo, un piazzale abbandonato, il fruttivendolo, l'azienda agricola, il mercato rionale, il giardino di una villa, un parco urbano, una spiaggia, un fiume, un torrente, una fabbrica, la carrozzeria, una libreria, una biblioteca, la stazione ferroviaria e così via. Non sono forse contesti in cui poter apprendere? Non offrono opportunità riferibili, nel caso della scuola, alle <i>Indicazioni Nazionali per il Curricolo</i>? E per i servizi per l'infanzia, non sono luoghi in cui cogliere opportunità educative? Per la famiglia, non sono corridoi che portano i bambini nel nostro mondo? Per tutti, se mettiamo a disposizione dei bambini e delle bambine l'idea che ogni luogo sia uno spazio in cui apprendere, magari utilizzando sguardi adeguati e diversi in momenti diversi, <b>non diamo loro la possibilità di interpretare il mondo come un luogo educante?<u><span style="color: blue;"> </span></u></b><u><span style="color: blue;">E non è che osservando i loro sguardi saremo più capaci di consentirgli di apprendere ciò che li interessa, di appassionarli all'apprendere, anziché imporgli apprendimenti che potrebbero allontanarli dal piacere dell'apprendere?</span></u><br />
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhgnTqPbHO6x0U3ZG3xJ51IQgPBA1WJWA4celROh4MeJhhDoBV-MTZ9sBUbCzraLSsu5oyUUkTThDmdjOSxPuzVzoYbplLqdUSa5dJbnv_XvWRsXA05pujc7DuA0VVi6mtmTwREj-cjc2w/s1600/klee-345135_1280.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="1120" data-original-width="1280" height="280" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhgnTqPbHO6x0U3ZG3xJ51IQgPBA1WJWA4celROh4MeJhhDoBV-MTZ9sBUbCzraLSsu5oyUUkTThDmdjOSxPuzVzoYbplLqdUSa5dJbnv_XvWRsXA05pujc7DuA0VVi6mtmTwREj-cjc2w/s320/klee-345135_1280.jpg" width="320" /></a></div>
Dico, forse, banalità, ma penso anche che per molti adulti cogliere questa prima opportunità potrebbe non essere facile. Questo perché per molti di noi significa affrontare una rivoluzione e uscire da schemi comodi propri dell'insegnamento e delle dinamiche di sostegno ai percorsi di apprendimento, perché <u>a guidare potrebbero essere le domande, talora non espresse a parole, dei bambini e non le nostre</u> (o quelle suggerite dai libri), perché molto spesso dovremmo rispondere "non lo so" e rimandare la risposta ad un altro momento, successivo allo studio che ci servirà, perché potremmo dover trovare modo di rispondere a domande ad oggi ritenute "inadeguate all'età" dei bambini e persino al nostro ruolo. La rivoluzione potrebbe consistere tutta nel dover rispondere alla domanda "perché è verde?" formulata da un cinquenne appena sceso dallo scivolo che guarda un quadrifoglio o una pianta di euforbia cresciuta in una fessura della pavimentazione. Di sicuro è più comodo mettere avanti le nostre domande adulte e lasciare che arrivino la terza o la quarta della scuola primaria per far sorgere quella domanda nei bambini, ma ha senso tutto questo? Ha senso chiudere gli apprendimenti in una stanza e in gabbie temporali? <u>Davvero non esistono parole per rispondere a quel bambino nel chilometro zero educativo?</u> Davvero vale la pena di escluderlo dalle sue opportunità educative? <b>Davvero vale la pena bloccare le nostre capacità di apprendimento per cristallizzarle nella pagina di un libro e in un certo giorno della vita condivisa con i più giovani che imparano con noi?</b> E non sarebbe <b><span style="color: blue;">un modo per apprendere ad apprendere</span></b> sostare al metro 412 del nostro primo chilometro, cogliere la domanda, connettersi a internet con uno smartphone e cercare insieme la risposta, magari facendosi interpreti per i nostri giovani interlocutori? Ecco che, forse, la prima opportunità ci presenta la seconda: <b><span style="color: blue;">nel chilometro zero educativo c'è la ricchezza per imparare modi nuovi di insegnare e di imparare.</span></b><br />
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhSfWVB_Wdp1pdawvGHib-8PB0sCLyaj-f0noURDr8kJpmg4MBLc24mZJ5Y9R8kICYOoqmjgFcn6SY8aW7vFm3EUyxNmpV-VSvfx5lzmFEBm7ZhaGhGF1UrzlWeW0CNiWQz3lh9IMPcNb0/s1600/11.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="274" data-original-width="206" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhSfWVB_Wdp1pdawvGHib-8PB0sCLyaj-f0noURDr8kJpmg4MBLc24mZJ5Y9R8kICYOoqmjgFcn6SY8aW7vFm3EUyxNmpV-VSvfx5lzmFEBm7ZhaGhGF1UrzlWeW0CNiWQz3lh9IMPcNb0/s1600/11.jpg" /></a></div>
Ancora, prendendo in prestito una prima idea a Laura Malavasi (1), nel chilometro zero educativo ci sono solo molti degli argomenti oggetto formale dei nostri percorsi di apprendimento, per esempio scolastico, c'è la <b>possibilità dell'esplorazione spontanea mossa dagli interessi e dagli stili di osservazione e apprendimento di ognuno</b>. Così l'euforbia citata poco sopra potrebbe incuriosire Marco per il colore, Monica per il modo di flettersi nel vento e Chiara perché quando di rompe ne esce un liquido biancastro. E di fronte a un ponte potrebbero agire l'architetto che c'è in Giulia, il fisico che cresce in Kevin, l'artista inconsapevole che vive in Marta e, complice il cielo di una certa giornata, la poetessa che spinge dall'interno di Giada. E tutti, ancora una volta, troverebbero a un passo da sé i luoghi dell'apprendere. Non solo: il chilometro zero educativo è popolato da persone straordinarie nascoste nell'ordinario. <u>L'incontro con persone capaci di esser testimoni del luogo e del tempo potrebbe trasformare un territorio a volte considerato banale in un museo vivente e popolato, dare ai bambini e ai ragazzi l'idea della fluidità del paesaggio, dello stratificarsi delle azioni umane, della bellezza di andare oltre, ma non in luoghi raggiungibili una volta nella vita, per scoprire il piacere della scoperta.</u> <b>In questo modo gli spazi di vita quotidiana potrebbero assumere una multifunzionalità che li rende spazi di svago, lavoro, apprendimento e tutto ciò che vogliamo senza ghettizzare i diversi momenti della vita</b>. Perché un parco dovrebbe essere adatto solo al gioco? E perché una stalla o una fabbrica solo al lavoro? E, ancora, perché il tempo per queste attività dovrebbe essere una gabbia? Perché nel parco in cui al mattino si va prevalentemente per imparare, nel pomeriggio non dovrebbe sorgere la domanda che rilancia gli apprendimenti la mattina seguente? Perché la domanda che nasce con i genitori o con gli amici non dovrebbe trovare spazio nel momento scolastico?<br />
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Gli spazi del chilometro zero educativo, senza che diventino ghettizzanti in quanto unici spazi di apprendimento, potrebbero offrire l'ulteriore opportunità di essere <b>spazi condivisi</b>. Certo non mancherà la gita nella città d'arte o nell'area protetta e altrettanto non si eviterà di valorizzare la domanda nata durante il viaggio con la famiglia, ma il luogo in cui viviamo è anche il luogo più facile da condividere. Anche quello in cui conoscere le persone nella propria interezza, facendo sì che l'esperta incontrata durante la visita al panificio possa essere, nella mente dei bambini, anche una mamma o un'appassionata di corsa.<br />
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Disturbo ancora Laura Malavasi (1) quando dice che "l'educazione locale accresce negli studenti il senso di responsabilità, la coscienza ambientale e l'attaccamento al territorio". E nel farlo penso a certi miei percorsi di apprendimento che sono rimasti distanti dai luoghi in cui vivo per troppi decenni. Penso alla Seconda Guerra Mondiale rimasta distante quando la Rivoluzione Francese o la scoperta delle Americhe, nonostante sia stata combattuta dove vivo. Penso alla mia passione per l'ambiente e allo studio dell'inquinamento dei fiumi senza conoscere quello che scorre a breve distanza da casa mia, allo studio delle fortificazioni medievali fatto senza visitare gli incastellamenti dei dintorni della mia abitazione. Con questo ricordo un modello educativo e didattico, quello in cui sono cresciuto, che rischia di porci in una situazione di equidistanza di argomenti a prossimità differenziata: le architetture romaniche della mia città rischiano di collocarsi nella stessa dimensione spaziale di quelle della cultura Inca. <br />
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Penso così che l'opportunità del chilometro zero educativo sia quella di <b><span style="color: blue;">restituire una dimensione spaziale al pianeta e una scala temporale alle possibilità di esplorazione</span></b>: il mio paese/quartiere da giovanissimo, la valle o la cima montana che vedo da casa da adolescente, un continente lontano da adulto fortunato. Intanto, il bosco che si trova a pochi chilometri da me, il brandello di palude dietro alla zona industriale e la foresta pluviale diventano tutti luoghi da conoscere e preservare, forse da difendere o, semplicemente, da valorizzare nei ruoli che ricoprirò nella società man mano che crescerò.<br />
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Cogliere le opportunità del chilometro zero educativo è anche l'occasione per coinvolgere professionalità diverse da quelle canoniche, rivolgersi a educatori ambientali, studiosi del territorio, guide, imprenditori e inserirli nella <b><span style="color: blue;">rete dei partner del servizio educativo o della scuola</span></b>. E' anche studiare modi per retribuire le loro prestazioni, per dar valore con gli strumenti della nostra società al loro impegno. <b>E' rivoluzionare il paradigma dei luoghi, dei tempi e dei soggetti facilitatori degli apprendimenti, è dare un ruolo sociale a spazi e persone del nostro quotidiano</b>. E per i genitori è l'occasione di mettersi in gioco e di ragionare anche sul valore dell'educazione dei propri figli, sull'esercizio pieno di un loro diritto, sul riconoscere, anche economicamente, un valore a chi nel chilometro zero può aiutarci nell'educare. Ma in quello spazio c'è anche l'opportunità di realizzare dei risparmi che derivano dalla fruibilità gratuita di alcune cose che ospita. Non ci sarà da comprare gli attrezzi per l'educazione motoria che già ci sono al parco o l'attrezzatura per l'esperimento di scienze che utilizziamo nel laboratorio di analisi di zona. Non ci saranno i costi di viaggio che spesso amputano le possibilità di apprendimento nella scuola. Nel frattempo, sarà più probabile che i bambini e le bambine crescendo acquisiscano un senso del valore delle cose che arricchiscono gli spazi in cui vivono e, di riflesso, una minor tendenza a vandalizzarle in un pomeriggio di noia adolescenziale.<br />
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Muoversi nel territorio che ci circonda, se non semplicemente nel nostro giardino o nel parco a noi immediatamente vicini, offre il vantaggio di una <b>quotidianità dell'osservazione, condizione che ci fa letteralmente viaggiare nel tempo</b>. Non è questo un modo straordinario per dare appigli alla percezione del tempo che scorre nei bimbi e nelle bimbe che crescono e per consolidare la conoscenza dei ritmi della natura scanditi dalle stagioni? Se è così, all'adulto può spettare il compito di puntare l'attenzione su alcuni elementi del paesaggio che sottolineano il fluire del tempo e la ciclicità dei fenomeni della natura. Porre l'attenzione sulle piante può dare il vantaggio di ritrovarle a distanza di giorni, settimane, mesi, anni. Se ne può seguire il cambiamento nelle stagioni ma anche, come nel caso degli alberi, l'accrescimento negli anni. Questo nostro uscire nelle stagioni che cambiano richiederà anche di mutare il nostro abbigliamento e di mostrare ai bambini che è in relazione ai fatti della natura che esso ha bisogno di essere adeguato e non per altri fenomeni legati alla nostra società. Coprirsi di più o di meno, proteggersi dal freddo o dal caldo, dalla pioggia o dal sole non è un qualcosa che segue i calendari delle mode, ma l'andamento delle stagioni, anche con le loro anomalie. <b><span style="color: blue;">Cosa è questo se non un apprendimento in cui le nostre percezioni, i movimenti del pianeta, i cicli biologici delle piante e la nostra cultura si intrecciano in una interdisciplinarietà del reale?</span></b><br />
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<b>Chilometro zero educativo - alcune pratiche possibili presentate per immagini</b></h2>
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L'agire educativo è un processo che deve rimanere nelle mani di chi padroneggia la pedagogia, al di là delle riflessioni di chi, come me, ha un percorso formativo in avvicinamento a quel mondo, ma non vi è cresciuto. Le riflessioni fatte fin qui, quindi, rimangono, ai miei occhi, pensieri da prendere in considerazione, niente di più. Se, però, avessero una qualche validità, può avere un senso chiedersi quali siano le pratiche che possono sostenere gli apprendimenti nel chilometro zero educativo. Anche per quest aspetto, come per le opportunità, ringrazio fin d'ora chi vorrà fornirmi contributi e suggerimenti scrivendomi a <a href="mailto:info@emiliobertoncini.com">info@emiliobertoncini.com</a>. Intanto, provo ad elencarle attraverso alcune immagini evocative.<br />
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<i><b><u>Semplicemente uscire</u></b></i></h3>
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<i><br /></i></div>
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<i><br /></i></div>
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<i><br /></i></div>
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<br /></div>
<i></i>
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<h3 style="text-align: center;">
<i><i><u><b>Visitare</b></u></i></i></h3>
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<span style="font-style: italic;"><br /></span></div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEirWihcP-SXY3y_SU3Tsqoij0kpm1NJJejg8t8oRuyjora3p7z5E-XKs4pbrgB7JmS9HditnOv3bwSiU6Xfi7U-82nkVDbmufV4AgaD7ZYCICAyZCGjv1yriLLDP5krVnuDipx9DGYYE7c/s1600/IMG-20170630-WA0007.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1200" data-original-width="1600" height="300" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEirWihcP-SXY3y_SU3Tsqoij0kpm1NJJejg8t8oRuyjora3p7z5E-XKs4pbrgB7JmS9HditnOv3bwSiU6Xfi7U-82nkVDbmufV4AgaD7ZYCICAyZCGjv1yriLLDP5krVnuDipx9DGYYE7c/s400/IMG-20170630-WA0007.jpg" width="400" /></a></div>
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<br /></div>
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<span style="font-style: italic;"><br /></span></div>
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<div style="text-align: center;">
<br /></div>
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<h3 style="text-align: center;">
<u><i><b><br /></b></i></u></h3>
<h3 style="text-align: center;">
<u><i><b>Raccogliere</b></i></u></h3>
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
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<i><br /></i>
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
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<i><br /></i>
<br />
<i></i><br />
<h3 style="text-align: center;">
<i><i><u><b>Fotografare, disegnare, rappresentare</b></u></i></i></h3>
<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgljSQRRRqqwNlWUpPMn0Elgf20ZKxt8YFCK7_pwsikgkqbMNqHTAoeQlQUW7ROgtltY_MaTFC47BVa_tXnr3ryjs23Wcq64uLrNO1ssmAykREUXRRkka8kvc49lApaV7R-xHcLLLgOUo4/s1600/20160326_174507.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1200" data-original-width="1600" height="300" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgljSQRRRqqwNlWUpPMn0Elgf20ZKxt8YFCK7_pwsikgkqbMNqHTAoeQlQUW7ROgtltY_MaTFC47BVa_tXnr3ryjs23Wcq64uLrNO1ssmAykREUXRRkka8kvc49lApaV7R-xHcLLLgOUo4/s400/20160326_174507.jpg" width="400" /></a></div>
<div style="text-align: center;">
<span style="font-style: italic;"><br /></span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiwQ88BhRuCwjVL3ImHo63b3bVbVR-iu2NQda7uWDbV44DiDApWVeWWA8pP1PdLAOuwRprAi7e30wK4aAzAsZG684q6okZxc3H2S0wmMgr7fafZ9bqHky62Nj0kVghChOZU1bdTB1h5is8/s1600/P_20160528_170922.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="900" data-original-width="1600" height="225" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiwQ88BhRuCwjVL3ImHo63b3bVbVR-iu2NQda7uWDbV44DiDApWVeWWA8pP1PdLAOuwRprAi7e30wK4aAzAsZG684q6okZxc3H2S0wmMgr7fafZ9bqHky62Nj0kVghChOZU1bdTB1h5is8/s400/P_20160528_170922.jpg" width="400" /></a></div>
<div style="text-align: center;">
<span style="font-style: italic;"><br /></span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhE9C1FgdOljrBdS6W7wBfWiGlgDidOjn3x46ax6OlPSYBlwy4-MORzjVxiD5UIggWJXrQWMYgsTSy42pOUe39v7Pr-kwJJuXhGNZgym8_qU_94xEcP9X83obBV-3O2CV-KMvy3bR_qIdU/s1600/2013-07-04+11.53.52.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1200" data-original-width="1600" height="300" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhE9C1FgdOljrBdS6W7wBfWiGlgDidOjn3x46ax6OlPSYBlwy4-MORzjVxiD5UIggWJXrQWMYgsTSy42pOUe39v7Pr-kwJJuXhGNZgym8_qU_94xEcP9X83obBV-3O2CV-KMvy3bR_qIdU/s400/2013-07-04+11.53.52.jpg" width="400" /></a></div>
<div style="text-align: center;">
<span style="font-style: italic;"><br /></span></div>
<i></i><br />
<h3 style="text-align: center;">
<i>
<i><u><b>Coltivare</b></u></i></i></h3>
<i>
</i>
<div style="text-align: center;">
<i><br /></i></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhK2zw1fabxj_n3TG5q-SMjhtI0H2Uv14l7BuOZi9nZSWX6ofBAn67dSBGlDOKjJcG9srI55agUuQIKuU4dgj14F2Ov8f4bBlJlWVbe8L4sQX_-H6WwLWZp2ISrZ9xL6RNl7E58UDI5Gws/s1600/49465008_2011208035634867_1064689871186034688_n.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="720" data-original-width="960" height="300" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhK2zw1fabxj_n3TG5q-SMjhtI0H2Uv14l7BuOZi9nZSWX6ofBAn67dSBGlDOKjJcG9srI55agUuQIKuU4dgj14F2Ov8f4bBlJlWVbe8L4sQX_-H6WwLWZp2ISrZ9xL6RNl7E58UDI5Gws/s400/49465008_2011208035634867_1064689871186034688_n.jpg" width="400" /></a></div>
<div style="text-align: center;">
<i><br /></i></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgst6PSwz2VsXmAmMJvWGOn6LTif4PUUZ3RVObGBzh27gg55fOKFBW4OulUb9O4DxFU-bt5EFuVvThDjZhmQYG1UXBQNV00GCOAmYWqpAVqoQvgVmNRMLshoZc5AYQK8C0LmhK3UiGN85Y/s1600/IMG_20170218_111934.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="900" height="640" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgst6PSwz2VsXmAmMJvWGOn6LTif4PUUZ3RVObGBzh27gg55fOKFBW4OulUb9O4DxFU-bt5EFuVvThDjZhmQYG1UXBQNV00GCOAmYWqpAVqoQvgVmNRMLshoZc5AYQK8C0LmhK3UiGN85Y/s640/IMG_20170218_111934.jpg" width="360" /></a></div>
<div style="text-align: center;">
<br /></div>
<h3 style="text-align: center;">
<i><u><b>Piantare o seminare alberi</b></u></i></h3>
<div style="text-align: center;">
<i><br /></i></div>
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEix1bkZcawdUrb3lp51Ewd37QOpyQrVTYeaTH6HpgXm_d8G3DwF-y8jVpZG8iF6wGAYgsyx0Y_LgMFeUXPg3t-4Ph9U1zuS3PU81sr28b9N4AGay_Dcn6r3xTctpFIyQ9e9dETtSuW93SQ/s1600/DSC_1328.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="611" data-original-width="913" height="267" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEix1bkZcawdUrb3lp51Ewd37QOpyQrVTYeaTH6HpgXm_d8G3DwF-y8jVpZG8iF6wGAYgsyx0Y_LgMFeUXPg3t-4Ph9U1zuS3PU81sr28b9N4AGay_Dcn6r3xTctpFIyQ9e9dETtSuW93SQ/s400/DSC_1328.JPG" width="400" /></a></div>
<div style="text-align: center;">
<span style="font-style: italic;"><br /></span></div>
<i></i><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<i><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi8hRUVbKwPlfa7in8Hy6uo3a7qputd9W9kiacHtaZfABI6Oeq6gC2WsJA5Zh0tPWEAVWkwhSUdqsdUmxrJeKZ6hQobwQmLI-naV1hbLJdIBkYPczdpyoJbjTDigmyRkyQROiCWB6y6XsQ/s1600/73.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1200" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi8hRUVbKwPlfa7in8Hy6uo3a7qputd9W9kiacHtaZfABI6Oeq6gC2WsJA5Zh0tPWEAVWkwhSUdqsdUmxrJeKZ6hQobwQmLI-naV1hbLJdIBkYPczdpyoJbjTDigmyRkyQROiCWB6y6XsQ/s400/73.jpg" width="300" /></a></i></div>
<i>
</i>
<div style="text-align: center;">
<i><i><br /></i></i></div>
<i>
<div style="text-align: center;">
<i><br /></i></div>
<h3 style="text-align: center;">
<i><u><b>Giocare</b></u></i></h3>
</i><br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjzePsOCqoiwVjAhyQSYQg_I0hg6UAtVHdeRz33u8JXxgRLbTOzInXVj8cT-6aos7MxDNmNgVUW34jJgEPaB7RUKhRECUFdubZ0ae7VUEuCG3JBtv-w_Zf1RNSkkbynHWyGXDWIkt_gMyY/s1600/20141028_162410.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1200" data-original-width="1600" height="300" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjzePsOCqoiwVjAhyQSYQg_I0hg6UAtVHdeRz33u8JXxgRLbTOzInXVj8cT-6aos7MxDNmNgVUW34jJgEPaB7RUKhRECUFdubZ0ae7VUEuCG3JBtv-w_Zf1RNSkkbynHWyGXDWIkt_gMyY/s400/20141028_162410.jpg" width="400" /></a></div>
<div style="text-align: center;">
<span style="font-style: italic;"><br /></span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgVUgEHeXre2Njk4lW5vhnpxNs-v6Yr622yV9VgMFnRSkQscr04SOK8TOeMGsRfgGiWjkIrYUrbyt76yo2afpJKw9kxPDnmB1QuON_Zxx80kRa0j0J3q1U-ff5epLHQZpJitPXvz7Duocc/s1600/2+%252822%2529.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1200" data-original-width="1600" height="300" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgVUgEHeXre2Njk4lW5vhnpxNs-v6Yr622yV9VgMFnRSkQscr04SOK8TOeMGsRfgGiWjkIrYUrbyt76yo2afpJKw9kxPDnmB1QuON_Zxx80kRa0j0J3q1U-ff5epLHQZpJitPXvz7Duocc/s400/2+%252822%2529.jpg" width="400" /></a></div>
<div style="text-align: center;">
<span style="font-style: italic;"><br /></span></div>
<i></i><br />
<h3 style="text-align: center;">
<i>
<i><u><b>Esplorare</b></u></i></i></h3>
<i>
</i>
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEglWGz8Pcaaf7G-7XwaSXf5l9YaT-7KOqwa9M0Inoqo1lJI7_J4GcJabmnawCY87gJ5_P1g4jqjbXTzEh4m7cqFjvSRaS0A77yLa2XgpDAhrneC5m6RI5ftBz-oFfluP4hSDumSYX5PiNI/s1600/IMG_20190721_162029.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1200" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEglWGz8Pcaaf7G-7XwaSXf5l9YaT-7KOqwa9M0Inoqo1lJI7_J4GcJabmnawCY87gJ5_P1g4jqjbXTzEh4m7cqFjvSRaS0A77yLa2XgpDAhrneC5m6RI5ftBz-oFfluP4hSDumSYX5PiNI/s400/IMG_20190721_162029.jpg" width="300" /></a></div>
<div style="text-align: center;">
<span style="font-style: italic;"><br /></span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh-_b6gjtvp0UaFXLRdbAwd2XCUL77F2Z1OBWnXzah0VdmCjh8eE_fMWzZgE5A0dTIYiKgK-KKq5qrdEPXMRGLWx1KuYxPtQOR3TkqeoA230chI5x9MCm6vn84Z_mygZl-7v4mXeAK6QeU/s1600/2014-06-008.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1200" data-original-width="1600" height="300" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh-_b6gjtvp0UaFXLRdbAwd2XCUL77F2Z1OBWnXzah0VdmCjh8eE_fMWzZgE5A0dTIYiKgK-KKq5qrdEPXMRGLWx1KuYxPtQOR3TkqeoA230chI5x9MCm6vn84Z_mygZl-7v4mXeAK6QeU/s400/2014-06-008.jpg" width="400" /></a></div>
<div style="text-align: center;">
<span style="font-style: italic;"><br /></span></div>
<div style="text-align: center;">
<br /></div>
<i></i><br />
<h3 style="text-align: center;">
<i>
<i><u><b>Camminare</b></u></i></i></h3>
<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgO98H_mj2ZYjWDkiQ-nZK8duiytr2ZuHlDxrf7KeGqlghOP_TMrZIBuLfpWmVMz2d3Zn5-_TLvbiUNtHKZUELgvj7wpuChj6sXJXnCaezaHROABcmuWkHOnnrwxYfy638EV2lXlD1zTVU/s1600/IMG_20190305_100430.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1200" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgO98H_mj2ZYjWDkiQ-nZK8duiytr2ZuHlDxrf7KeGqlghOP_TMrZIBuLfpWmVMz2d3Zn5-_TLvbiUNtHKZUELgvj7wpuChj6sXJXnCaezaHROABcmuWkHOnnrwxYfy638EV2lXlD1zTVU/s400/IMG_20190305_100430.jpg" width="300" /></a></div>
<div style="text-align: center;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjwPUTJKsU7yS-viny1ojyAxqmSpogArSPf7mreAdZSY0KjD6km4-g-WpjP8BnDafc7MXcFjRd8vmIG8k-gsZKr_Vt5_2eVBLEKKHSdavd8yVGb1_6mTwcvOGZfidb1WEEFFw4Wq_1nnJk/s1600/942594_10151381690997407_1634579808_n.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="494" data-original-width="640" height="308" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjwPUTJKsU7yS-viny1ojyAxqmSpogArSPf7mreAdZSY0KjD6km4-g-WpjP8BnDafc7MXcFjRd8vmIG8k-gsZKr_Vt5_2eVBLEKKHSdavd8yVGb1_6mTwcvOGZfidb1WEEFFw4Wq_1nnJk/s400/942594_10151381690997407_1634579808_n.jpg" width="400" /></a></div>
<div style="text-align: center;">
<span style="font-style: italic;"><br /></span></div>
<div style="text-align: center;">
<span style="font-style: italic;"><br /></span></div>
<i></i><br />
<h3 style="text-align: center;">
<i>
<i><b><u>Praticare sport</u></b></i></i></h3>
<i>
</i>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<br />
<div style="text-align: center;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjuTP0yZEa31n5KHpau16Clobxw_b-HauTCNQbL22z3g8ZJ-VRIAnH0mEo6R0y4pejkvoyZLRtHqZMmHfFYcv9Fm2IcWeSDy3FZWFlvJlNq7z5120w8cYn3PJjFsLn2K75AU27YO-pVhj0/s1600/IMG_20191025_074215.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1200" data-original-width="1600" height="300" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjuTP0yZEa31n5KHpau16Clobxw_b-HauTCNQbL22z3g8ZJ-VRIAnH0mEo6R0y4pejkvoyZLRtHqZMmHfFYcv9Fm2IcWeSDy3FZWFlvJlNq7z5120w8cYn3PJjFsLn2K75AU27YO-pVhj0/s400/IMG_20191025_074215.jpg" width="400" /></a></div>
<span style="font-style: italic;"><br /></span>
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEji0DcOja0EmCiAET5ymZbbOHeEvBrCwLW0ds1Vv-hK06sgzn07U5O3t5lzpaMXZD-SYWWSbPCAvyT1WKYacCkFOZ39LMK_gAWhhkD-kFMjq2VWdUKoPJOC-CptaZQ_p9Sj6sV-PHd2BdY/s1600/IMG_20171229_160111.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1200" data-original-width="1600" height="300" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEji0DcOja0EmCiAET5ymZbbOHeEvBrCwLW0ds1Vv-hK06sgzn07U5O3t5lzpaMXZD-SYWWSbPCAvyT1WKYacCkFOZ39LMK_gAWhhkD-kFMjq2VWdUKoPJOC-CptaZQ_p9Sj6sV-PHd2BdY/s400/IMG_20171229_160111.jpg" width="400" /></a></div>
<span style="font-style: italic;"><br /></span>
<span style="font-style: italic;"><br /></span></div>
<i></i><br />
<h3 style="text-align: center;">
<i>
<i><u><b>Incontrare</b></u></i></i></h3>
<i>
</i>
<div style="text-align: center;">
<i><i><br /></i></i></div>
<i>
</i><br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgS7RmaDPsO5wdX3NmadIC3fYOU0o-iPkVcq2r_JQo4H5P3mRT-QRiFPoOjVTXy253oscQMZpIWI_-dEvxyEMKjI1hsDPxWfOmNygkKSf_8hlNsr1Ie9fQXKd0-Y6AUkTFqtLQVN9kfhbY/s1600/emozioni.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="637" data-original-width="960" height="265" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgS7RmaDPsO5wdX3NmadIC3fYOU0o-iPkVcq2r_JQo4H5P3mRT-QRiFPoOjVTXy253oscQMZpIWI_-dEvxyEMKjI1hsDPxWfOmNygkKSf_8hlNsr1Ie9fQXKd0-Y6AUkTFqtLQVN9kfhbY/s400/emozioni.jpg" width="400" /></a></div>
<div style="text-align: center;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgvYemCHMjMnvj50XtamMgUrlLoaUodAdKJA1GCbAsnntVQhCIz7SQbJsT7kNwEQ4n7pWKrRqXvDWvnEhcpii5aMzeHaQwy0UmgMy3AF9sQlhyphenhyphencUUhITBkX37Nt-P2nFvGeuZMcYFv0CW8/s1600/20151024_152447.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1200" data-original-width="1600" height="300" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgvYemCHMjMnvj50XtamMgUrlLoaUodAdKJA1GCbAsnntVQhCIz7SQbJsT7kNwEQ4n7pWKrRqXvDWvnEhcpii5aMzeHaQwy0UmgMy3AF9sQlhyphenhyphencUUhITBkX37Nt-P2nFvGeuZMcYFv0CW8/s400/20151024_152447.jpg" width="400" /></a></div>
<div style="text-align: center;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjkuoJ4-qCLNohs0BGAd9BuYfaYMooWZ6hxBDwkFjH1ObpRI4yJ7eXqLdrlGgAq7dRrMEKHQyASjwDP8P5Qggj1uS2EzAQed3RD6cYnwDx7CsG7llMzEEuV1L7_CrPyiK-aWN5GjpO_Gpc/s1600/IMG_20180630_153226.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1200" data-original-width="1600" height="300" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjkuoJ4-qCLNohs0BGAd9BuYfaYMooWZ6hxBDwkFjH1ObpRI4yJ7eXqLdrlGgAq7dRrMEKHQyASjwDP8P5Qggj1uS2EzAQed3RD6cYnwDx7CsG7llMzEEuV1L7_CrPyiK-aWN5GjpO_Gpc/s400/IMG_20180630_153226.jpg" width="400" /></a></div>
<div style="text-align: center;">
<br /></div>
<i></i><br />
<h3 style="text-align: center;">
<i>
<i><u><b>Leggere</b></u></i></i></h3>
<i>
</i>
<div style="text-align: center;">
<i><i><br /></i></i></div>
<i>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjbIn-z0MeZKrdcta_v3tnMBUpZrV0mpvzAYWGqU3R2WvP3Ki8vHLy2CUvKL25bYZLfI5-jtLmurCmHPqByDtEpJSTKf-VXmdn9acSZZW8PUCr9NWRAgCEU0x1Iw0zk3Dq3znB11tzMJ7I/s1600/105.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="768" data-original-width="1024" height="300" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjbIn-z0MeZKrdcta_v3tnMBUpZrV0mpvzAYWGqU3R2WvP3Ki8vHLy2CUvKL25bYZLfI5-jtLmurCmHPqByDtEpJSTKf-VXmdn9acSZZW8PUCr9NWRAgCEU0x1Iw0zk3Dq3znB11tzMJ7I/s400/105.jpg" width="400" /></a></div>
<div style="text-align: center;">
<i><br /></i></div>
</i><br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEizHXXEAVAvZZ8ILrxnurR2SY966LQQizsEr358AflETbfFXadorqJRBL-cuIIIceGNSyCDpOuyB5ZLaEYioPp0cLcHklvxBBN8CPEbcsxKsn6VfOox9V7ATxeReTP89sQST3mzFYPf9FM/s1600/74.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="576" data-original-width="1024" height="225" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEizHXXEAVAvZZ8ILrxnurR2SY966LQQizsEr358AflETbfFXadorqJRBL-cuIIIceGNSyCDpOuyB5ZLaEYioPp0cLcHklvxBBN8CPEbcsxKsn6VfOox9V7ATxeReTP89sQST3mzFYPf9FM/s400/74.jpg" width="400" /></a></div>
<div style="text-align: center;">
<span style="font-style: italic;"><br /></span></div>
<div style="text-align: center;">
<span style="font-style: italic;"><br /></span></div>
<i></i><br />
<h3 style="text-align: center;">
<i>
<i><u><b>Mangiare</b></u></i></i></h3>
<i>
</i>
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh4cHKvwWSSgIjMg1z_pwOCUTwTGfiV4AY2jtjLkYjSUQG-tRo1roqTeg-ImH_e8ZNN9rfAdCe_ZKNN1QtqTShiVXyUzRrKUcdiXRRYfZR1OrqFgJX0Qcf8QtmmMRKJDdRYqvf0JMdCeHk/s1600/20151011_131242.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1200" data-original-width="1600" height="300" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh4cHKvwWSSgIjMg1z_pwOCUTwTGfiV4AY2jtjLkYjSUQG-tRo1roqTeg-ImH_e8ZNN9rfAdCe_ZKNN1QtqTShiVXyUzRrKUcdiXRRYfZR1OrqFgJX0Qcf8QtmmMRKJDdRYqvf0JMdCeHk/s400/20151011_131242.jpg" width="400" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div style="text-align: center;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgupUNBtgvuisHhngdZc2OwhPsT4r_Ds6RoF2MURBa3vLnh9OgYzct3VNBcs4GYUeSMcc1Fgpo0mv4ACvv4aabQQcrstQoZC-s3bSrd9f7_LYbdpHKUQrgJiWgxDxXhPZ20_hEabFvUeS0/s1600/89060466_10216079877491954_7279451589369135104_n.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="720" data-original-width="960" height="300" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgupUNBtgvuisHhngdZc2OwhPsT4r_Ds6RoF2MURBa3vLnh9OgYzct3VNBcs4GYUeSMcc1Fgpo0mv4ACvv4aabQQcrstQoZC-s3bSrd9f7_LYbdpHKUQrgJiWgxDxXhPZ20_hEabFvUeS0/s400/89060466_10216079877491954_7279451589369135104_n.jpg" width="400" /></a></div>
<div style="text-align: center;">
<span style="font-style: italic;"><br /></span></div>
<i></i><br />
<h3 style="text-align: center;">
<i>
<i><u><b>Osservare</b></u></i></i></h3>
<i>
</i>
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi5-icu-bf32tZlK0HmfGJJ9H2lndSB8DA_RvD2Gmvxi0om6Jk6ILzOeB52pN8AJAnXgPdXgXfyhVAYJjH282feYpWMwLU87_7Cd5jtgBBr4cAB6d2g4epHxfn7RfIZNVDeysXk4Mqslpg/s1600/10371712_760391924013419_3676824301701718125_n.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="792" data-original-width="768" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi5-icu-bf32tZlK0HmfGJJ9H2lndSB8DA_RvD2Gmvxi0om6Jk6ILzOeB52pN8AJAnXgPdXgXfyhVAYJjH282feYpWMwLU87_7Cd5jtgBBr4cAB6d2g4epHxfn7RfIZNVDeysXk4Mqslpg/s400/10371712_760391924013419_3676824301701718125_n.jpg" width="387" /></a></div>
<div style="text-align: center;">
<span style="font-style: italic;"><br /></span></div>
<div style="text-align: center;">
<span style="font-style: italic;"><br /></span></div>
<i></i><br />
<h3 style="text-align: center;">
<i>
<i><u><b>Curiosare</b></u></i></i></h3>
<i>
</i>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<i><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEimCSmKvAli6K-tIOMp689UOTgFqVicqOLo5x7uPjJ5mqr_qVccbx05kqh1gSOeVnbui87llBOdjR_dKa0IvBLTxTpoAh1ieiHal-uWB15U2gycLgChDbrIzZkLOgkgwVTxYPzA2u9uacE/s1600/13882164_10206639847377101_5478811851346457636_n.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="960" data-original-width="960" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEimCSmKvAli6K-tIOMp689UOTgFqVicqOLo5x7uPjJ5mqr_qVccbx05kqh1gSOeVnbui87llBOdjR_dKa0IvBLTxTpoAh1ieiHal-uWB15U2gycLgChDbrIzZkLOgkgwVTxYPzA2u9uacE/s400/13882164_10206639847377101_5478811851346457636_n.jpg" width="400" /></a></i></div>
<i>
<div style="text-align: center;">
<i><br /></i></div>
<div style="text-align: center;">
<br /></div>
<h3 style="text-align: center;">
<u><b>Prendersi cura dei luoghi del chilometro zero educativo </b></u></h3>
</i><br />
<i><br /></i>
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgkHfZXXOzK1Z7UQdhi9RTcideB110IAjK2MeLf4vOL1P3sk8TBk7CNPJPPoY7L2shNChrXmCLsJe1xaJ9BnUc5FA1C3Gq2oxrlIW7-zTdgE2t3ViIGzhzre4WkzFuXf2YU3m1_W96EXYE/s1600/ortocivico.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="643" data-original-width="960" height="267" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgkHfZXXOzK1Z7UQdhi9RTcideB110IAjK2MeLf4vOL1P3sk8TBk7CNPJPPoY7L2shNChrXmCLsJe1xaJ9BnUc5FA1C3Gq2oxrlIW7-zTdgE2t3ViIGzhzre4WkzFuXf2YU3m1_W96EXYE/s400/ortocivico.jpg" width="400" /></a></div>
<br />
<h3 style="text-align: center;">
e molto altro...</h3>
<div style="text-align: center;">
<span style="background-color: blue;"><i><span style="color: yellow;">[grazie per essere arrivat* fin qui]</span></i></span></div>
<div style="text-align: center;">
<br /></div>
<div style="text-align: center;">
<br /></div>
(1) Vedi il libro “L'educazione naturale nei servizi e nelle scuole dell'infanzia” di Laura Malavasi<br />
<br /></div>
Emilio Bertoncinihttp://www.blogger.com/profile/01203336544196143315noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1754300467097680827.post-22474143223003593222020-05-12T12:30:00.001+02:002020-05-12T12:30:39.610+02:00Tre letture di ispirazione durante il lockdownLeggere è crescere, formarsi, volare e molto altro. Nei primi giorni del lockdown per me è stato anche qualcosa di difficile, quasi impossibile. Credo sia stata una reazione a ciò che stava incombendo, con la sua componente di incertezza e paura. Pian piano, però, quella della vita casalinga, pur mitigata dalla <a href="http://emiliobertoncini.blogspot.com/2020/04/casa-con-giardino-per-un-eden-figlio.html" target="_blank">fortuna di avere un giardino</a>, è divenuta una dimensione accettabile e leggere è tornato possibile. Anzi, leggere è diventato tornare a formarsi, a modificare atteggiamento mentale, a cercare stimoli per modificare i miei comportamenti futuri, sebbene in un contesto dai contorni del tutto ignoti. La pila di libri che attendevano di essere letti da tempo mi ha dispensato tre belle letture, tre testi di ispirazioni per chi, come me, si occupa di piante, di ambiente e di educazione. Per questo li presento volentieri.<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhb2wRr37aHyqqWakiuhTWZYpgnOhYSi-ZyJZGwNuCST6LW_LD-65ueIa6lgJvZbkDDtFkyfn6awSkomybTlBkt7zHiNadqdVbzE5ZmlxA_A8niIiZoAWH4liPndR5mQYwLNXB6b0FdB-E/s1600/giorgio.png" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1500" data-original-width="1500" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhb2wRr37aHyqqWakiuhTWZYpgnOhYSi-ZyJZGwNuCST6LW_LD-65ueIa6lgJvZbkDDtFkyfn6awSkomybTlBkt7zHiNadqdVbzE5ZmlxA_A8niIiZoAWH4liPndR5mQYwLNXB6b0FdB-E/s320/giorgio.png" width="320" /></a></div>
Andando in ordine cronologico, la lettura con cui ho iniziato è "<a href="https://giorgiovacchiano.com/libro-la-resilienza-del-bosco/" target="_blank">La resilienza del bosco</a>" di <a href="https://giorgiovacchiano.com/" target="_blank">Giorgio Vacchiano</a>. Leggerlo è stato come mettere un punto al termine di una frase e ripartire. Per chi, come me, ha studiato agraria con un’insolita attenzione alle foreste, le ha frequentate per diletto, per lavoro (quante aree di saggio!) e per professione (sono pure sempre una guida ambientale!) è stata un’occasione per rispolverare tante cose note, ma anche per scoprirne di nuove. Questo anche perché negli ultimi decenni il mondo delle piante e delle foreste è stato oggetto di sguardi nuovi e di molte scoperte. Giorgio Vacchiano è molto bravo nel portare sul piano divulgativo le nuove scoperte, nel mescolare tratti di vita con approfondimenti scientifici, nel portarci nel proprio vissuto e nelle proprie osservazioni. Anche nel dimostrare come uno studioso, un pensatore, non possa mai distinguere tra un tempo di lavoro e uno di riposo. Ma c’è di più: leggendo diventa più chiara la fitta ragnatela che ci lega alla vita delle foreste, all'importanza del nostro sguardo verso di esse, alle conseguenze dei nostri gesti quotidiani sul destino del pianeta. Si fa più chiaro il ruolo della scienza che "non potrà mai dirci cosa fare, ma può e deve fornirci gli strumenti per leggere un mondo in costante cambiamento, in cui ogni elemento (compreso quello umano) è strettamente connesso a tutti gli altri", in cui "cultura e natura, uomo e ambiente, crisi climatica e diritti umani sono in realtà due facce di uno stesso, unico sistema".<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg-D6OEQb62VmISTTcyaz1UUj2MeEu8v2CJRKr2s6o3CTGnE3Cq7wNKZzmbp75D_uAf7JOSNi4mGumBwQ7BxwfX95b2uz9ruZTA4_BbvEUUxO7dUIhxuFDBfHCGeUX7-EYdj_uV2Tkae3A/s1600/nazione.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="500" data-original-width="329" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg-D6OEQb62VmISTTcyaz1UUj2MeEu8v2CJRKr2s6o3CTGnE3Cq7wNKZzmbp75D_uAf7JOSNi4mGumBwQ7BxwfX95b2uz9ruZTA4_BbvEUUxO7dUIhxuFDBfHCGeUX7-EYdj_uV2Tkae3A/s320/nazione.jpg" width="210" /></a></div>
Uscito dal bosco resiliente di Giorgio Vacchiano, mi sono avventurato ne "<a href="https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858135815" target="_blank">La Nazione delle piante</a>" di Stefano Mancuso. Ancora non so se si tratta di un libro sulle piante o scritto, per mano del suo autore, dalle piante. Di sicuro, leggendolo si impara molto sui vegetali, su come siano organizzati, individualmente e socialmente, in modo diverso dal nostro e tremendamente adeguato per sopravvivere sul pianeta ben più di <i>Homo sapiens</i> ("il nome della nostra specie", ci dice l'autore, "descrive immediatamente la principale caratteristica che ci contraddistingue: la presunzione"). I capitoli del libro sono una dissertazione ragionata e colta, ma sempre facile da leggere, degli articoli di una vera e propria costituzione scritta dalle piante. Si (ri)scopre, cos<span class="st">ì, come cloroplasti e mitocondri potrebbero essere nientemeno che organismi viventi indipendenti divenuti parti costituenti della cellula eucariote come esito finale di una simbiosi. Il tutto mentre le piante ci consigliano di cooperare e di lasciare le reti di comando verticistiche per passare a quelle diffuse, decentralizzate e reiterate secondo moduli capaci di mantenere un'autonoma efficacia. Come nel libro di Giorgio Vacchiano, anche in questo si viaggia, ma non solo sul pianeta: i licheni, per esempio, ci accompagnano nello spazio con un razzo Soyuz per dimostrare che un alga e un fungo cooperanti riescono a sopravvivere per due settimane del vuoto siderale. Intanto, vacilla anche qualche mia convinzione basata su un'idea di probabilità. Ciò perché, come dice in modo convincente Stefano Mancuso, quell'</span><span class="st">idea di vivere su uno dei tanti pianeti abitati dell</span><span class="st">’universo che da sempre mi accompagna potrebbe aver bisogno di una revisione. Tutti noi "potremmo benissimo essere dentro una bolla formata dai beneficiari di un enorme, incommensurabile, colpo di fortuna. La sola bolla formata da esseri viventi nell</span><span class="st">’universo. L</span><span class="st">’unica bolla, in altre parole". La più preziosa.</span><br />
<span class="st"><br /></span>
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjUOND-L1o8EElF-F1EaD_31y4QsqZzVVg_KcSqJe_06ZIByFjOjzde1Js36dQyCC8G-SO151oZBErxNd6DfugUnNUCkC9mXD5-uJl6jkFG-n2UHTdkzOW3Uazar-l1YvmZNfH-NPg5uGE/s1600/seconda.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="942" data-original-width="600" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjUOND-L1o8EElF-F1EaD_31y4QsqZzVVg_KcSqJe_06ZIByFjOjzde1Js36dQyCC8G-SO151oZBErxNd6DfugUnNUCkC9mXD5-uJl6jkFG-n2UHTdkzOW3Uazar-l1YvmZNfH-NPg5uGE/s320/seconda.jpg" width="203" /></a></div>
<span class="st">Se questi due libri sono contemporanei, ricchi di informazioni e generatori di nuovi sguardi sulla vita intesa in senso biologico, sulla natura, sulle foreste e sul futuro del pianeta, "<a href="https://www.adelphi.it/libro/9788845930737" target="_blank">Una seconda natura</a>" di Michael Pollan, unico non scienziato tra i tre autori, viene dal passato, dagli ormai lontani anni novanta, ma tra i tre è il libro che ti fa chiedere "perché non l</span><span class="st"><span class="st">’ho letto prima</span></span><span class="st"><span class="st"><span class="st">?". Pollan è avvincente anche quando sembra perdersi nella scrittura di un capitolo da cui riemerge con la forza di riflessioni che ti lasciano di stucco, che recuperano ogni infinitesimo particolare precedentemente descritto per catapultarti verso un radicale cambio di sguardo sul rapporto tra umanità e natura, tra cultura e natura. In questo modo, si sovverte la tradizionale contrapposizione per arrivare a capire che è solo un equivoco che è necessario superare per vedere natura e cultura come parte del medesimo racconto. Cos</span></span></span><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st">ì un catalogo di semi diventa la prova inconfutabile che, mentre siamo convinti di usare le piante nel nostro orto o giardino, in realtà siamo solo un mezzo che i vegetali usano per diffondere i propri geni sul pianeta, che nessuno, nemmeno nel mondo delle piante, è alieno e straniero, che siamo noi a coltivare ciò che definiamo erbaccia, che più che alla foresta dovremmo forse guardare al giardino per delineare un futuro in cui cultura e natura coesistono fuori da un possibile scontro tra umanità e natura. E, ancora, scopriamo come gli alberi siano divenuti simboli e depositari delle nostre metafore (allora perché non piantare un <a href="http://emiliobertoncini.blogspot.com/2020/04/gli-alberi-della-pandemia_7.html" target="_blank">albero della pandemia</a></span></span></span></span><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><a href="http://emiliobertoncini.blogspot.com/2020/04/gli-alberi-della-pandemia_7.html" target="_blank"><span class="st"><span class="st"><span class="st">?</span></span></span></a>) e che dovremmo chiederci se "stiamo parlando di natura o di cultura quando raccontiamo di una rosa (natura) che è stata selezionata (cultura) in modo che i suoi fiori (natura) inducano gli uomini a immaginare (cultura) il sesso delle donne (natura)", fino a comprendere che "è di questo genere di confusione che avremmo più bisogno" nel nostro cammino verso il futuro, un futuro nel quale "forse anche la natura incontaminata ha bisogno di una cornice, del contrasto con l</span></span></span></span><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st">’artificio umano".</span></span></span></span></span></span><br />
<br />
<span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st">Sono state tre letture che, al pari della pandemia e delle restrizioni alle libertà, lasceranno il segno nel mio agire quotidiano, nella vita e nella professione, proprio come dovrebbero fare i libri che, nel nostro piccolo universo personale, meritano un posto nella libreria che porteremmo con noi nel viaggio verso un nuovo pianeta. </span></span></span></span></span></span><br />
<span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><br /></span></span></span></span></span></span>
<span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"><br /></span></span></span></span></span></span>
<span class="st"><span class="st"><span class="st"><span class="st"> </span></span></span></span><br />
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<br />Emilio Bertoncinihttp://www.blogger.com/profile/01203336544196143315noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1754300467097680827.post-66986589723299332020-04-21T13:22:00.002+02:002020-10-16T17:27:59.510+02:00Casa con giardino - per un Eden figlio del lockdown<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjC1wKxsC1ki4SFPzZkbA5_BJmZBjOPCGNOCoOqT1NlN3shur-osPY0394OV5yLgepz45i2wYBCZq2fB-A0DQmEiQB5XnXhTqNDHlnM6jFU0Ho133HPbdEfQlABFJd1YllPaMI4C_tJS8g/s1600/2.jpg" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="269" data-original-width="411" height="209" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjC1wKxsC1ki4SFPzZkbA5_BJmZBjOPCGNOCoOqT1NlN3shur-osPY0394OV5yLgepz45i2wYBCZq2fB-A0DQmEiQB5XnXhTqNDHlnM6jFU0Ho133HPbdEfQlABFJd1YllPaMI4C_tJS8g/s320/2.jpg" width="320" /></a>Non mi è chiaro se questo post sia destinato ad avere una natura professionale o se sia una semplice riflessione personale condivisa nel web. E non so nemmeno in quale giorno abbia avuto inizio il ragionamento che cerco di mettere per iscritto.<br />
<br />
So che da bambino ho avuto la fortuna di crescere in una casa della campagna lucchese che aveva attorno un fazzoletto di terra malandato e fantastico per le mie <b>esperienze educative non scolastiche</b>. Era malandato perché la mia famiglia non aveva un'idea particolarmente evoluta di giardino, perché l'origine contadina e montanara dei miei genitori trovava negli spazi verdi utilità non troppo urbane, perché la casa stessa stava crescendo ed era in perenne costruzione, quindi le energie per il giardino non c'erano.<br />
<br />
Quel fazzoletto di terra, però, era ricco di opportunità e me ne resi conto molto presto. Era<b> un laboratorio in cui sperimentare situazioni che a scuola sarebbero diventate la fisica, la chimica, le scienze biologiche e motorie e molto altro</b>. Era uno spazio in cui scorrazzare con la bicicletta, in cui stare con gli amici, in cui si piantavano alberi senza una regola, in cui cresceva l'orto, in cui scorrazzavano amici e animali.<br />
<br />
Non era uno spazio esente da minacce per la sua stessa esistenza. Ero un bambino negli anni '70 e un ragazzino negli anni '80. Anni in cui si sognava e si soffriva, come in tutti decenni della storia, ma anche anni terribili in cui la modernità afferiva a molte delle cose da cui oggi prendiamo le distanze. E da ragazzino imparai che quello spazio aveva bisogno di essere difeso. Difeso dall'idea di asfaltare tutto per renderlo "bello, funzionale e facile da tenere pulito". Difeso dalla variante "autobloccanti", nient'altro che un nuovo modo di pavimentare e togliere di mezzo il prato che, anche quando incolto, richiedeva manutenzioni. Difeso dall'idea di costruire un piccolo annesso, un garage, un ampliamento dell'abitazione e chissà cos'altro non ricordo. Ricordo, però, lo sguardo incredulo di mio padre che sperava nel mio entusiasmo per le novità, per le opportunità e che mi trovava sempre in dissenso.<b> Una contrarietà che, di tanto in tanto, si esprimeva con un "avrò bisogno di un giardino per i miei bambini". In effetti, così è stato.</b><br />
<br />
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjhFVPHv_KZIB4yAZa0LKcNgpwZWkUKMOFDvGi8O3Aw7Dubgg8ToF1SM0Gz9yq4YsugsCbNA7l5mzw_Plaa2knTLhk2j-E9o34eQqjh2UGNkee7sgDtlyhhtRWiTIRscBnNAPxm3jeyDEY/s1600/IMG_20170606_095142.jpg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1200" data-original-width="1600" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjhFVPHv_KZIB4yAZa0LKcNgpwZWkUKMOFDvGi8O3Aw7Dubgg8ToF1SM0Gz9yq4YsugsCbNA7l5mzw_Plaa2knTLhk2j-E9o34eQqjh2UGNkee7sgDtlyhhtRWiTIRscBnNAPxm3jeyDEY/s320/IMG_20170606_095142.jpg" width="320" /></a>Intanto la mia vita, anche professionale, si è sviluppata in modi assai strani. Mi sono laureato in scienze agrarie, ho seguito un corso di perfezionamento in <i>Parchi, giardini e aree verdi</i>, ho accumulato tomi sulla progettazione e gestione del verde, mi sono avventurato nel mondo educativo arrivando ad essere un esperto di "<a href="http://www.ortiscolastici.it/" target="_blank">orto e giardino educativo</a>" e sono diventato padre. In tutto questo percorso ho amato e odiato il mio giardino, ho cercato di "correggerlo" facendo errori peggiori di quelli che cercavo di risolvere. Più cercavo di razionalizzarlo e più non riuscivo a cedere ad<b> una strana abitudine di famiglia: piantare alberi dove non c'è spazio per gli alberi</b>. Così ora in quel giardino ci sono due <i>ginkgo biloba</i> nati da semi raccolti dalle mie mani, un ciliegio trasportato nella sua gioventù in un'auto che non riusciva a contenerlo e un cipresso che sembra voler testimoniare l'unica scelta azzeccata e il passare del tempo. E poi tanta confusione agli occhi di chi spera in un giardino rispondente ad un qualche stile, ma nella quale leggo orgogliosamente <b>tanta biodiversità</b>. E, ancora oggi, tanta sperimentazione: è da lì che sono passati i miei tentativi di orticoltura urbana, dagli orti in contenitore a quello ispirato al sinergico.<br />
<br />
Insomma, il "mio" giardino rimane un luogo incerto e confuso di sperimentazione, dai primi passi dei miei figli ai miei tentativi di approcciarmi a cose che mi appassionano o che cerco solo di scoprire, di conoscere meglio, dall'attesa per gli esiti di un intervento progettato allo stupore della bellezza che scaturisce dall'azione imprevedibile della natura. E' lo spazio in cui spesso ho cercato di sperimentare le funzioni del verde urbano (sì, perché la "mia" casa è in campagna, ma la recinzione del giardino è il confine netto tra lo stile di vita urbano e quello rurale, tra mondi che non sempre dialogano) <a href="https://www.fritegotto.it/News-Funzioni%2C-analisi-e-classificazione-del-Verde-Urbano/" target="_blank">così come potete trovare inquadrate cliccando su queste parole</a>. Un laboratorio che da sempre considero importante, ma che in questi giorni di lockdown è diventato uno spazio prezioso in cui sperimentare le libertà residue nel regime di restrizioni imposte dal Governo Conte bis.<br />
<br />
Per ironia della sorte, mi trovavo in giardino intento ad osservare una merla con cui ho quasi fatto amicizia quando, facendo un po' di scroll sui social, quando mi sono imbattuto nell'immagine che si vede qui sotto.<br />
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgjVZMt3SeJk5ZVinELHOpeK6pATlI9TfYqHmQnYY5exulJsW1OiJy6L3uhyphenhyphenFZhb7vjfgRDxMP1BsVLyt0drzn0DRVuouDK4YEem8XZ8RCDQo73j_xraDyokhvnRMGwTpWla9yUQJ5hf2U/s1600/casa.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1200" data-original-width="1200" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgjVZMt3SeJk5ZVinELHOpeK6pATlI9TfYqHmQnYY5exulJsW1OiJy6L3uhyphenhyphenFZhb7vjfgRDxMP1BsVLyt0drzn0DRVuouDK4YEem8XZ8RCDQo73j_xraDyokhvnRMGwTpWla9yUQJ5hf2U/s320/casa.jpg" width="320" /></a></div>
<br />
In un attimo ho rivisto tutta la storia del "mio" giardino, ma soprattutto quella di una battaglia che vedevo persa e avevo affrontato in sospeso tra un certo animo ambientalista e il mio sforzo professionale. Sì, perché a quel corso di perfezionamento è seguito il tentativo di contribuire allo sviluppo di una cultura del verde nel mio paese, l'Italia, ma dopo alcuni anni ho dovuto desistere di fronte alle resistenze culturali della comunità in cui vivo, al <b>rifiuto generalizzato di far entrare le buone prassi del giardinaggio e delle scienze del paesaggio nel nostro quotidiano</b>. Dopo anni di corsi fruiti e di docenze svolte per i soggetti più disparati, di tentativi di portare all'interno di aziende, cooperative ed enti almeno quel poco che conoscevo, un giorno, di fronte all'ennesimo scempio di alberature eseguito da una potente motosega sotto l'egida di un'istituzione, ho deciso che il mio contributo a quella causa era ormai esaurito, non più utile. Forse è anche per quella cocente delusione che mi sono dedicato al mondo educativo, a <b>quei piccoletti che muovendosi in piccoli paesaggi e giardini potranno sviluppare una sensibilità nuova</b>, capace di indirizzare il futuro.<br />
<br />
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgkHfZXXOzK1Z7UQdhi9RTcideB110IAjK2MeLf4vOL1P3sk8TBk7CNPJPPoY7L2shNChrXmCLsJe1xaJ9BnUc5FA1C3Gq2oxrlIW7-zTdgE2t3ViIGzhzre4WkzFuXf2YU3m1_W96EXYE/s1600/ortocivico.jpg" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="643" data-original-width="960" height="214" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgkHfZXXOzK1Z7UQdhi9RTcideB110IAjK2MeLf4vOL1P3sk8TBk7CNPJPPoY7L2shNChrXmCLsJe1xaJ9BnUc5FA1C3Gq2oxrlIW7-zTdgE2t3ViIGzhzre4WkzFuXf2YU3m1_W96EXYE/s320/ortocivico.jpg" width="320" /></a>Ma quell'immagine ha fatto molto di più in me: ha risvegliato un Emilio che, salvatosi dalla crisi da lockdown proprio in giardino (è lì che ho riseminato una parte del prato, continuato a coltivare l'orto quasi sinergico, girato video-saluti per i bambini dei nidi in cui lavoro, seminato ortaggi in contenitori, letto libri, fatto amicizia con la merla, pranzato, parlato, piantato e giocato con i miei figli, sognato, osservato le stelle e l'arcobaleno, l'alba e il tramonto, pianto, fatto ginnastica, distrutto buoni propositi di inizio pandemia, ideato "<a href="https://emiliobertoncini.blogspot.com/2020/04/gli-alberi-della-pandemia_7.html" target="_blank">gli alberi della pandemia</a>" e molto altro), è tornato alla vecchia idea che la qualità del vivere non può essere mero rispetto di requisiti minimi, come le superfici riservate al verde negli strumenti urbanistici, ma fatto culturale. Sì, ora più che mai è tangibile il fatto che ci sia l'occasione per<b> far ripartire un pensiero deburocratizzato in cui le persone vengono prima di un comma di legge e di un'opportunità finanziaria</b>, per porre i fabbisogni delle persone alla base della piramide del benessere, per <b><span style="color: blue;">porre il giardino, un giardino per ognuno, tra i diritti inalienabili dei bambini di oggi e di domani</span></b>. Un giardino domestico, cittadino, scolastico che possa essere laboratorio per un nuovo modello culturale in cui le App dei dispositivi elettronici siano un complemento e uno strumento utile alla crescita culturale delle nuove generazioni, non il fine di un'esistenza o il sedativo di un cattivo vivere.<br />
<br />
In fondo, potrebbe essere un ritorno all'Eden da cui molte tradizioni lasciano intendere sia iniziata la storia dell'umanità.<br />
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<div style="text-align: center;">
+++++</div>
<div style="text-align: center;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
"<i>I giardini, in realtà, sono due: uno più o meno immaginario, l'altro pervicacemente reale. Il primo è il giardino dei libri e dei ricordi, quella vagheggiata utopia all'aria aperta, senza moscerini e sempre in fiore, dove la natura risponde ai nostri desideri e noi immaginiamo di sentirci perfettamente a nostro agio. Il secondo giardino è un luogo reale, a Cornwall, nel Coonecticut: circa due ettari di terreno collinare roccioso e difficile da gestire, per coltivare il quale mi sto arrabattando ormai da sette anni. Molto separa questi due giardini, tuttavia ogni anno li porto un po' vicini a coincidere.</i>"</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: right;">
Michael Pollan in "Una seconda natura"</div>
<br />
<br />
<br />
<br />Emilio Bertoncinihttp://www.blogger.com/profile/01203336544196143315noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1754300467097680827.post-14955752174032705352020-04-15T14:43:00.000+02:002020-04-15T15:01:50.244+02:00Si torna nell'orto, almeno in Toscana!<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjE4H6wOfXKfjXyr2alXS_YQC2EkHw4z3cT5aixbLfNhdr9ToCGKLAgSEllGQ5FxWi9ielLJdcV_USHGr88DOHdy1gCP9vLVjXK5N9lHqkNtBV5K_R1pFHhh_blkHofcSiDl54ON9dd28c/s1600/orto.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><b></b></a><br />
<div style="text-align: justify;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi66yriIbxov8zleVwvmCHWnj6WSpgOqRcO_GHI0zD6q6_luhw-QfU3mfGT3_e9QHiwQi98ifkCNHPLxDpYW-6Da9KeuylcOmpf-LPWLW0Wg1rq2qmptgQuAeuaCrFU-usxoxcfc9R-UsM/s1600/marzo+2004+040.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="1200" data-original-width="1600" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi66yriIbxov8zleVwvmCHWnj6WSpgOqRcO_GHI0zD6q6_luhw-QfU3mfGT3_e9QHiwQi98ifkCNHPLxDpYW-6Da9KeuylcOmpf-LPWLW0Wg1rq2qmptgQuAeuaCrFU-usxoxcfc9R-UsM/s320/marzo+2004+040.jpg" width="320" /></a><b>Cosa cambia</b></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Con un'<a href="https://www.toscana-notizie.it/documents/735693/1398893/Ordinanza_del_Presidente_n.36_del_14-04-2020.pdf/4443a128-7a15-2210-78f8-f8eb696c3146" target="_blank">ordinanza</a> la Regione Toscana, "preso atto che, soprattutto in questa fase primaverile, lo spostamento dalla propria abitazione per lo
svolgimento delle attività di coltivazione del fondo agricolo può essere giustificato facendolo
rientrare nelle situazioni di necessità di assoluta urgenza, in quanto il mancato svolgimento in
questo periodo dell’anno di alcune pratiche agricole indifferibili può compromettere tutta la
produzione, con conseguenti ricadute negative non solo per il singolo produttore ma anche con
ricadute negative di carattere generale in termini di rischio idrogeologico e rischio di incendi
boschivi", ha restituito ai propri cittadini il diritto di raggiungere l'orto per le esigenze indifferibili di coltivazione. </div>
<br />
<div style="text-align: justify;">
<b>Cosa si può fare</b></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
La Regione Toscana ha ritenuto "opportuno prevedere, in via precauzionale, che lo spostamento all'interno
del proprio comune o verso altri comuni giustificato per motivi di assoluta necessità correlati allo
svolgimento di <u>attività agricole amatoriali</u> possa essere effettuato esclusivamente alle seguenti
condizioni: </div>
<div style="text-align: justify;">
a) che avvenga non più di una volta al giorno,</div>
<div style="text-align: justify;">
b) che sia effettuato da massimo due componenti per nucleo familiare,</div>
<div style="text-align: justify;">
c) che le attività da svolgere siano limitate a quelle necessarie alla tutela delle produzioni vegetali e
degli animali allevati, consistenti nelle minime, ma indispensabili operazioni colturali che la
stagione impone".</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<b>Cosa fare nell'orto in questo momento</b></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Come abbiamo appena visto, l'ordinanza consente di svolgere nell'orto le <u>operazioni colturali essenziali e indispensabili in questo momento</u>. Oltre a un criterio di stagionalità dei lavori, se abbiamo rispettato le disposizioni precedentemente vigenti, si deve tener conto di ciò che non abbiamo fatto fino ad ora.<br />
<br />
<iframe allowfullscreen="" class="YOUTUBE-iframe-video" data-thumbnail-src="https://i.ytimg.com/vi/jP7mozCmrSQ/0.jpg" frameborder="0" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/jP7mozCmrSQ?feature=player_embedded" style="clear: left; float: left;" width="320"></iframe>Tra le cose da fare, per chi coltiva l'orto secondo tecnica tradizionale, c'è sicuramente <u>preparare il terreno per le nuove semine e piantagioni</u>. Che lo si faccia con attrezzi manuali vangando, zappando e rastrellando o con l'ausilio di qualche mezzo tecnico motorizzato dal punto di vista agronomico poco cambia, se non nei tempi, nello sforzo e nell'impatto ambientale delle nostre operazioni. Ricordo che la vangatura o l'aratura possono essere precedute dalla <u>dispersione in superficie di fertilizzanti</u> minerali o organici, inclusi gli ammendanti, quali il compost da rifiuto organico o, se avete la fortuna di disporne, del letame di stalla. Durante la lavorazione questi materiali verranno interrati a favore dell'assorbimento radicale. Ricordo anche che non tutti gli ortaggi gradiscono una concimazione organica abbondante immediatamente prima della piantagione, come accade per le cipolle.<br />
<br />
Una volta preparato il letto di semina, si procede con i <u>trapianti</u> delle piante già disponibili e con la <u>semina</u> delle altre. Tra le semine direttamente a dimora possibili d'ora in poi ricordo <span style="color: #38761d;">le angurie, i poponi, il basilico, le bietole, le carote, i fagioli e altri legumi primaverili - estivi, i ravanelli, le lattughe da taglio, le zucche e le zucchine, il prezzemolo e molti altri ortaggi</span>. E', inoltre, possibile trapiantare vari tipi <span style="color: #38761d;">cavoli, le cipolle, i porri, le lattughe e varie "insalate"</span> e, man mano che cresceranno le temperature notturne o in presenza di adeguate protezioni dal freddo, ortaggi primaverili - estivi, quali pomodori, peperoni e melanzane.<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjfscSqt02cTVAQpspkErIzy5n6-_Saw1QaAkCgx5zAXqg-Uf1xp7MqBW7tNRdo-ZXibQc5QD-QlBaBaGnmW5qoMfHNNoqh_SCfXc6N4CxcaBFJOTcdc-SRJjByyfRlnYnqvV0yFF9nji4/s1600/IMG_20170218_111934.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="900" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjfscSqt02cTVAQpspkErIzy5n6-_Saw1QaAkCgx5zAXqg-Uf1xp7MqBW7tNRdo-ZXibQc5QD-QlBaBaGnmW5qoMfHNNoqh_SCfXc6N4CxcaBFJOTcdc-SRJjByyfRlnYnqvV0yFF9nji4/s320/IMG_20170218_111934.jpg" width="180" /></a></div>
Per chi, nel rispetto delle norme di lockdown, ancora non lo avesse fatto, è possibile procedere alla <span style="color: #38761d;">piantagione delle patate</span>. In questo caso, nel terreno precedentemente lavorato si praticano dei solchi in cui si distribuiscono i tuberi eventualmente tagliati in due o più parti.<br />
<br />
Per chi intende sperimentare un po' o ne ha già l'abitudine, questo è il momento buono per <span style="color: #38761d;">seminare il mais, incluso quello da pop-corn, e il girasole</span>. Col consolidarsi delle temperature primaverili potremo seminare anche le arachidi e piantare il topinambur.<br />
<br />
Tra le altre attività da svolgere, figurano <u>la raccolta</u> di ciò che rimane di produttivo dell'orto invernale e l'inizio della lotta alle piante indesiderate che cominciano anche nella loro versione primaverile. <u>Sarchiature e scerbature</u> cominciano, quindi, a rendersi necessarie dove non siano state utilizzate idonee pacciamature. La stagione incredibilmente arida che stiamo vivendo nel lockdown può richiedere, soprattutto nei terreni più drenanti, interventi di <u>irrigazione</u>, sia per piante appena messe a dimora o seminate, sia per quelle derivanti dalla coltivazione invernale. In tutti i casi, è bene ricordare che a dover essere inumidito è il terreno, non la pianta. Le bagnature fogliari potrebbero, infatti favorire lo sviluppo di malattie. Proprio per prevenire queste ultime, per chi ha voglia di cambiare un po', potrebbe essere utile ricorrere a <i>consociazioni</i>, cioè ad abbinamenti di piante, che sfavoriscono la diffusione di patogeni e parassiti. In tempi più tranquilli di questi, in tal senso, potrebbe essere utile ispirare il nostro coltivare ai principi dell'<i>orto sinergico</i>.<br />
<br />
Gioverà ricordare che l'abbruciamento dei residui colturali in questo momento è vietato per l'elevato rischio legato agli incendi e sconsigliabile perché si tratta di una pratica dannosa per la conservazione della sostanza organica nei terreni. Per fugare il timore di perpetuare delle malattie nell'orto, è possibile farne un cumulo e compostarli.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgQSxUowmvj3Rg9mlOVlbkUVfvdpAUwQYnMkmXkRNQeN3UMqn79wZR7QAzV27p8ZiSS5mXc6H7ub5MS4oXjnUFiP_f9Ef3aGGDPjjI12BqYVUKnb4n9w93G3wAWppCY-Wa3Yxwcgyin9pw/s1600/DSC_1401.JPG" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="1065" data-original-width="1600" height="212" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgQSxUowmvj3Rg9mlOVlbkUVfvdpAUwQYnMkmXkRNQeN3UMqn79wZR7QAzV27p8ZiSS5mXc6H7ub5MS4oXjnUFiP_f9Ef3aGGDPjjI12BqYVUKnb4n9w93G3wAWppCY-Wa3Yxwcgyin9pw/s320/DSC_1401.JPG" width="320" /></a><b>Cosa fare a casa per evitare di recarsi all'orto</b></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Molti orticoltori hanno l'abitudine di svolgere tutte le operazioni nell'orto. Del resto, farle altrove sembra un controsenso o pone qualche difficoltà tecnica in più. Tuttavia, alcune cose possono essere fatte senza muoversi troppo da casa. </div>
<div style="text-align: justify;">
Per esempio, se abitualmente non si ricorre all'acquisto delle piante, ma si procede con la <u>semina in ambiente protetto</u>, e si dispone di uno spazio domestico esterno da utilizzare come <i>semenzaio</i>, per alcuni ortaggi è possibile procedere alla semina in vasetti e altri contenitori. Dopo la semina li potremo mettere in un ambiente riparato dalle intemperie e dal freddo notturno e solo quando saranno pronti per il trapianto si porteranno all'orto. Dal momento che i bambini non sono a scuola, questa circostanza potrebbe essere una ghiotta occasione per <u>coinvolgere figli e nipoti, purché conviventi, in questa fase di lavoro</u>. Non me ne vogliano gli amici produttori e rivenditori di piante, ma questa sarebbe sia una grossa occasione di apprendimento per molti bambini, sia un'opportunità per limitare gli spostamenti sul territorio. Per chi avesse voglia di abbinare le semine utili per l'orto ad un momento di <i>home schooling agricolo</i> e di <i>scambio intergenerazionale di saperi</i>, metto qui sotto un paio di video pensati per i bambini che vanno a scuola e per quelli del nido. Ci sono anche proposte non proprio canoniche per chi fa l'orto in modo serio(so), ma sono un'opportunità di scoperta e, forse, un'occasione per riportare alla memoria qualche bella narrazione, almeno da parte dei nonni e delle nonne.</div>
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<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
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<iframe allowfullscreen="" class="YOUTUBE-iframe-video" data-thumbnail-src="https://i.ytimg.com/vi/5ZjO2_i4l0Q/0.jpg" frameborder="0" height="415" src="https://www.youtube.com/embed/5ZjO2_i4l0Q?feature=player_embedded" width="500"></iframe></div>
<div style="text-align: justify;">
<div style="text-align: center;">
tutorial per le semine con bambin* di età fino a 6 anni<br />
<br /></div>
<div style="text-align: center;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<iframe allowfullscreen="" class="YOUTUBE-iframe-video" data-thumbnail-src="https://i.ytimg.com/vi/j_jmZg5HXow/0.jpg" frameborder="0" height="415" src="https://www.youtube.com/embed/j_jmZg5HXow?feature=player_embedded" width="500"></iframe></div>
<div style="text-align: center;">
il compito green per bambin* e ragazz* di scuola primaria e secondaria</div>
</div>
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<br /></div>
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<br /></div>
Emilio Bertoncinihttp://www.blogger.com/profile/01203336544196143315noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1754300467097680827.post-77422090250288417712020-04-10T21:44:00.000+02:002020-04-10T21:44:50.407+02:00Laboratorio prima infanzia - orto e giardino in cassetta ai tempi del lockdown<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhCwJMAIIEMWmiANq8NTgXBDX7YqouH62jOoJRttSuzTJdEbAGkO5nYgfmCNxCnpomObaBOiqMn4VOlt28xy0CwSbMVchHpeG3gOK27uNOmQJqCaK3Z1slYJjpFbkJTp_l_IqfmCOye0YE/s1600/114.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="576" data-original-width="1024" height="180" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhCwJMAIIEMWmiANq8NTgXBDX7YqouH62jOoJRttSuzTJdEbAGkO5nYgfmCNxCnpomObaBOiqMn4VOlt28xy0CwSbMVchHpeG3gOK27uNOmQJqCaK3Z1slYJjpFbkJTp_l_IqfmCOye0YE/s320/114.jpg" width="320" /></a></div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Aprile 2020 - Le scuole e i servizi
educativi sono chiusi a causa dell'epidemia di Covid-19 e molt* bimb*
di età compresa tra 1 e 6 anni sono a casa con i genitori, privat*
di un'esperienza educativa fondamentale. </div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Per questo ho deciso di realizzare un nuovo video che intende aiutare
i genitori nello svolgimento di un laboratorio che mira a mantenere
una connessione tra bambin* e natura. </div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Buona visione!</div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<iframe allowfullscreen="" class="YOUTUBE-iframe-video" data-thumbnail-src="https://i.ytimg.com/vi/D-jr5rbQp8U/0.jpg" frameborder="0" height="320" src="https://www.youtube.com/embed/D-jr5rbQp8U?feature=player_embedded" width="500"></iframe></div>
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Il tutorial "Laboratorio prima
infanzia - seminiamo e piantiamo ai tempi del lockdown" citato
nel video è disponibile all'indirizzo <a href="https://youtu.be/5ZjO2_i4l0Q" target="_blank">https://youtu.be/5ZjO2_i4l0Q </a></div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
++++++++</div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Per saperne di più sulle attività di
Emilio Bertoncini, autore del video, è possibile consultare i
seguenti link:</div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<a href="http://www.emiliobertoncini.com/">www.emiliobertoncini.com</a></div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<a href="http://www.ortiscolastici.it/">www.ortiscolastici.it</a></div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<a href="http://www.ortoalnido.it/">www.ortoalnido.it</a></div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<a href="http://www.giardinoingiro.it./">www.giardinoingiro.it.</a></div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Potrebbero interessarti anche il
tutorial di "Semina un Albero con Emilio", che si trova a
questo all'indirizzo <a href="https://youtu.be/nx9MJH5ooKw">https://youtu.be/nx9MJH5ooKw</a>, o #ilcompitogreen,
che si trova all'indirizzo <a href="https://youtu.be/j_jmZg5HXow">https://youtu.be/j_jmZg5HXow</a>.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
Emilio Bertoncinihttp://www.blogger.com/profile/01203336544196143315noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1754300467097680827.post-10672554379264981772020-04-07T00:46:00.004+02:002020-04-08T00:27:17.370+02:00Gli alberi della pandemia<div style="text-align: justify;">
[<a href="https://emiliobertoncini.blogspot.com/2020/04/the-trees-of-pandemic.html" target="_blank">english version here]</a><br />
<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhb4MZAyPm-QhPGBTFMkyXIw5kNS06w850IIPB7F-8KMpgJxMxu7QHPbf0EVUU4HPYcuulDcBkAsrXy1S6PkzsvdrLPzk5Acm6cxSMucD2TxrD9_igQ5wqqFnUGgKwLkvrB3GTKyRrZEqE/s1600/1.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="540" height="166" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhb4MZAyPm-QhPGBTFMkyXIw5kNS06w850IIPB7F-8KMpgJxMxu7QHPbf0EVUU4HPYcuulDcBkAsrXy1S6PkzsvdrLPzk5Acm6cxSMucD2TxrD9_igQ5wqqFnUGgKwLkvrB3GTKyRrZEqE/s320/1.jpg" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Immagine tratta da www.who.int</td></tr>
</tbody></table>
Finirà la pandemia Covid-19, ma non accadrà né presto, né senza aver segnato duramente la vita di quasi tutti gli esseri umani. Qualcuno se ne sarà andato, qualcuno avrà visto i propri cari andarsene, tutti noi avremo vissuto una situazione senza precedenti, unica nella storia recente dell'umanità. Si tratta di uno di quegli eventi di cui si leggerà nei libri di storia tra molti decenni, se non nei secoli a venire, sia per l'evento in sé, sia per come cambierà il nostro modo di vivere, dalla scala locale e quella globale. Forse, soprattutto per questo secondo aspetto.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgyGsYVujDRdFy879U2Eym2rVWtHou91sOwCJJC1xvc2sSIhcCbm2suCnkGa6muPooHIE6Lu2CmGAR5tJMT7nT5JKND27EdG_ZSDA2-7SueS1OCKRoifiV8A1stzg1UUuFBRCE1cg5Qe1U/s1600/IMG_20200405_143030.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="899" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgyGsYVujDRdFy879U2Eym2rVWtHou91sOwCJJC1xvc2sSIhcCbm2suCnkGa6muPooHIE6Lu2CmGAR5tJMT7nT5JKND27EdG_ZSDA2-7SueS1OCKRoifiV8A1stzg1UUuFBRCE1cg5Qe1U/s320/IMG_20200405_143030.jpg" width="179" /></a></div>
Per non dimenticare quanto sta accadendo, ma anche per trasformare il ricordo in un segno di speranza e in un gesto positivo verso il pianeta, potremmo fare qualcosa che lasci una traccia di questo tempo davvero eccezionale. Uno dei gesti adatti a questo scopo potrebbe essere <b><u><i><span style="color: #38761d;">piantare un albero della pandemia</span></i></u></b>.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<b>Perché proprio un albero </b>- Perché è una forma di vita, perché lascerà la testimonianza vivente per decenni o secoli, perché contribuirà a migliorare l'ecosistema pianeta e ad aiutare nella lotta al cambiamento climatico, azione che rimane una delle più grandi sfide dell'umanità.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<b>Quale tipo di albero </b>- Un albero che possa avere sia la funzione di <i style="font-weight: bold;">testimone della pandemia</i>, sia una utilità diretta per chi lo pianta o per la comunità in cui vive. Potrebbe trattarsi di un albero da frutto, di un albero ornamentale, di un'essenza forestale o di un esemplare arboreo con qualsiasi altra funzione. Per sceglierlo, se non abbiamo idee, è consigliabile rivolgersi a qualche esperto locale che sappia indicarci una o più specie di sicuro successo e che non costituiscano una minaccia per l'ecosistema locale. In particolare, non dovrà trattarsi di una specie che potrebbe comportarsi da <i>aliena invasiva</i>, cioè da pianta originaria di altre zone del pianeta che invade gli ecosistemi sottraendo spazio alle specie native.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjASebRpH3F4upVt7ik6_MxIF4plgyG2rAJh-NtKbD8YWWpZ-xbSP-zLIffNy0bQbEcgvFLTBdfnNNLBnsy5pmjHkCNdx9XTRy7EINDCy1hJcUeHtlPH9biOBBiGAZwL719Zrwj1a-n5k0/s1600/IMG_20180226_152517.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="1200" data-original-width="1600" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjASebRpH3F4upVt7ik6_MxIF4plgyG2rAJh-NtKbD8YWWpZ-xbSP-zLIffNy0bQbEcgvFLTBdfnNNLBnsy5pmjHkCNdx9XTRy7EINDCy1hJcUeHtlPH9biOBBiGAZwL719Zrwj1a-n5k0/s320/IMG_20180226_152517.jpg" width="320" /></a></div>
<b>Dove piantare l'albero</b> - Questa è una scelta molto importante. L'albero, infatti, dovrà trovarsi in un luogo che si ritiene possa consentirne la vista in futuro, così da svolgere il ruolo di testimone della pandemia. Non solo: dovrà trovarsi in un contesto appropriato dal punto di vista naturalistico e ecologico. Alberi da frutto e ornamentali potrebbero andare in giardini, orti, cortili e altri spazi di paesi e città, incluse aree in abbandono o degrado. Una pianta forestale potrebbe essere piantata lungo un sentiero di boschi e foreste. In tal caso, dovrà appartenere alla flora arborea locale. Di particolare importanza potrà essere piantare l'albero in asili nido e scuole. In tutti i casi, dovremo assicurarci che siano rispettate le leggi locali e di avere titolo o permesso, se necessario, per piantare l'albero proprio in quel luogo.<br />
<br />
<b>Dove trovare l'albero</b> - Dipende da dove viviamo. Potremmo comprarlo da un vivaista che pratica agricoltura sostenibile, farlo nascere da un seme, riceverlo da una banca del germoplasma o da un orto botanico (potrebbe essere il caso delle scuole) e così via. In nessun caso dovremo prelevare l'albero in natura danneggiando un ecosistema.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<b>Quando piantare</b> - In un momento compatibile con il buon esisto tecnico della piantagione (o della <a href="https://youtu.be/nx9MJH5ooKw" target="_blank">semina</a>, che non è esclusa) durante la pandemia o alla sua fine. Soprattutto, in un giorno in cui potremo eseguire la piantagione nel pieno rispetto delle norme sanitarie e di pubblica sicurezza.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiZWyhJmKgp3nW7Uwdef2rfSfvPvptK1Uo35fmum-lTwLny70BvsUySIOfaAPtkOPq3g9i8drQ8KruCuKFo5WSmAbjO3InEDLMoEv2Egr3liBYNDGNfAT7IgYju-Q_YUdVhW_sSmsb__HI/s1600/DSC_1328.JPG" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="611" data-original-width="913" height="214" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiZWyhJmKgp3nW7Uwdef2rfSfvPvptK1Uo35fmum-lTwLny70BvsUySIOfaAPtkOPq3g9i8drQ8KruCuKFo5WSmAbjO3InEDLMoEv2Egr3liBYNDGNfAT7IgYju-Q_YUdVhW_sSmsb__HI/s320/DSC_1328.JPG" width="320" /></a></div>
<b>Come piantare</b> - Seguendo le buone regole dell'arboricoltura, i consigli di esperti locali o di manuali che forniscono indicazioni specifiche sulle modalità di piantagione di quella specie. In generale, si tratterà di scavare una buca abbastanza grande da ospitare le radici dell'albero, mettere un po' di fertilizzante organico sul fondo della buca, ricoprirlo con un po' di terra, quindi posizionare la pianta e ricoprire la buca. Un tutore, cioè un sostegno, potrebbe accompagnare l'albero nei primi mesi o anni di vita. Periodiche somministrazioni di acqua ne garantiranno l'attecchimento.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<b>Come segnalarlo</b> - Possiamo lasciare spazio alla fantasia, ma un cartellino o una targa che specifichi il motivo della piantagione, la data della messa a dimora e chi lo abbia piantato potrebbe essere molto utile. Condividere sui social network l'azione potrà favorirne la diffusione su scala globale. Potremmo usare l'hashtag #pandemictree.<br />
<br />
<b>Cosa fare subito</b> - Prima di tutto rispettare le regole stabilite dalle autorità locali, quali quelle di lockdown. Poi condividere questa idea fino a renderla patrimonio di tutti. Infine, cominciare a progettare la nostra piantagione.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
Emilio Bertoncinihttp://www.blogger.com/profile/01203336544196143315noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1754300467097680827.post-67332915233318191512020-04-07T00:45:00.002+02:002020-04-07T00:51:53.643+02:00The trees of the pandemic<div style="text-align: justify;">
[<a href="https://emiliobertoncini.blogspot.com/2020/04/gli-alberi-della-pandemia_7.html" target="_blank">versione italiana qui]</a><br />
<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhb4MZAyPm-QhPGBTFMkyXIw5kNS06w850IIPB7F-8KMpgJxMxu7QHPbf0EVUU4HPYcuulDcBkAsrXy1S6PkzsvdrLPzk5Acm6cxSMucD2TxrD9_igQ5wqqFnUGgKwLkvrB3GTKyRrZEqE/s1600/1.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="540" height="166" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhb4MZAyPm-QhPGBTFMkyXIw5kNS06w850IIPB7F-8KMpgJxMxu7QHPbf0EVUU4HPYcuulDcBkAsrXy1S6PkzsvdrLPzk5Acm6cxSMucD2TxrD9_igQ5wqqFnUGgKwLkvrB3GTKyRrZEqE/s320/1.jpg" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="font-size: 12.8px; text-align: center;">picture from www.who.int</td></tr>
</tbody></table>
<div class="western" style="margin-bottom: 0cm;">
<div class="western" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"><span style="font-size: 12pt;">Covid-19
pandemic will end, but it won’t happen soon or without scarring
forever the lives of nearly all human beings. Someone will be gone,
someone will see his/her loved ones pass away, all of us will have
experienced an unprecedented situation, unique in the recent history
of humankind. The pandemic is one of those events that will be
covered by history books for many decades, if not in centuries to
come, both for the event itself and for how our way of life will
change from the local and global perspectives. Perhaps, especially
for this latter aspect.</span></span></div>
</div>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgyGsYVujDRdFy879U2Eym2rVWtHou91sOwCJJC1xvc2sSIhcCbm2suCnkGa6muPooHIE6Lu2CmGAR5tJMT7nT5JKND27EdG_ZSDA2-7SueS1OCKRoifiV8A1stzg1UUuFBRCE1cg5Qe1U/s1600/IMG_20200405_143030.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="899" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgyGsYVujDRdFy879U2Eym2rVWtHou91sOwCJJC1xvc2sSIhcCbm2suCnkGa6muPooHIE6Lu2CmGAR5tJMT7nT5JKND27EdG_ZSDA2-7SueS1OCKRoifiV8A1stzg1UUuFBRCE1cg5Qe1U/s320/IMG_20200405_143030.jpg" width="179" /></a></div>
<div class="western" lang="en-US" style="margin-bottom: 0cm;">
<div class="western" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"><span style="font-size: 12pt;">Not
to forget what is happening, but also to convert the memory into a
sign of hope and an encouraging act towards the planet, we could do
something to leave a mark of these truly exceptional times. One of
the most suitable actions could be <b><span style="color: #38761d;"><u>planting a “<span style="color: #38761d;">pandemic tree</span>”</u></span></b>.</span></span></div>
</div>
<br />
<div class="western" style="margin-bottom: 0cm;">
<span lang="en-US"><b>Why
a tree </b>– </span><span style="font-family: "times new roman" , serif; font-size: 12pt;">Because
a tree is a form of life, because it will leave a living testimony
for decades or centuries to come, because it will help improving the
planet ecosystem and help fighting climate change as well, one of
greatest challenges the humankind has still to deal with.</span></div>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<div class="western" style="margin-bottom: 0cm;">
<span lang="en-US"><b>Which type of tree</b> - </span><span style="font-family: "times new roman" , serif; font-size: 12pt;">You
should choose a tree having both the function of <i><b>witnessing the
pandemic</b></i> and a straightforward value either for those who plant it or
for the community in which he/she lives. It could be a fruit tree, an
ornamental tree, a forest essence, or an arboreal specimen with any
other function. Should you have no ideas, it would be wise to get in
touch with some local experts who will suggest one or more species
with a high success rate and not posing a threat to the local
ecosystem. </span><span style="font-family: "times new roman" , serif; font-size: 12pt;">In
particular, your choice shouldn't fall upon an invasive species, that
is a plant native to other areas of the planet which invades your
local ecosystems by taking away room from your local native species.</span></div>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjASebRpH3F4upVt7ik6_MxIF4plgyG2rAJh-NtKbD8YWWpZ-xbSP-zLIffNy0bQbEcgvFLTBdfnNNLBnsy5pmjHkCNdx9XTRy7EINDCy1hJcUeHtlPH9biOBBiGAZwL719Zrwj1a-n5k0/s1600/IMG_20180226_152517.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="1200" data-original-width="1600" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjASebRpH3F4upVt7ik6_MxIF4plgyG2rAJh-NtKbD8YWWpZ-xbSP-zLIffNy0bQbEcgvFLTBdfnNNLBnsy5pmjHkCNdx9XTRy7EINDCy1hJcUeHtlPH9biOBBiGAZwL719Zrwj1a-n5k0/s320/IMG_20180226_152517.jpg" width="320" /></a></div>
<div class="western" style="margin-bottom: 0cm;">
<span lang="en-US"><b>Where
to plant the tree</b> - </span><span style="font-family: "times new roman" , serif; font-size: 12pt;">This
is a very important choice. The tree should be planted in a spot that
will be seen easily by many in the future, so to play the role of a
pandemic witness. Not only that, it must be in an appropriate context
from a naturalistic and ecological points of view. Fruit and
ornamental trees could grow into gardens, vegetable gardens,
courtyards, and other spaces in towns and cities, including neglected
and decayed areas. Planting in a forest could be done by planting
along a path through the woods. In this case, your variety should
belong to the local arboreal flora. Most of all, it could be planted
in nursery schools and primary schools. All things considered,
therefore, we must make sure that local laws are implemented and that
we have the permission, if required, to plant a tree there.</span></div>
<br />
<div class="western" style="margin-bottom: 0cm;">
<span lang="en-US"><b>Where
to find the tree</b> - It depends on where you live. You could buy from a
nursery who practices sustainable agriculture, start it from a
seed, receive it from a germplasm bank or a botanical garden (this
could be the case for schools) and so on. In no case you should dig it
from an existing natural area and risk damaging an established
ecosystem.</span></div>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<div class="western" style="margin-bottom: 0cm;">
<span lang="en-US"><b>When
to plant </b><i>- </i></span><span style="font-family: "times new roman" , serif; font-size: 12pt;">At
a time well-suited with the normal planting times of your zone (or
sowing, which is not excluded) during the pandemic or at its end.
Above all, we should plant a tree when we are able to carry out
planting in full compliance with public health and safety
regulations.</span></div>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiZWyhJmKgp3nW7Uwdef2rfSfvPvptK1Uo35fmum-lTwLny70BvsUySIOfaAPtkOPq3g9i8drQ8KruCuKFo5WSmAbjO3InEDLMoEv2Egr3liBYNDGNfAT7IgYju-Q_YUdVhW_sSmsb__HI/s1600/DSC_1328.JPG" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="611" data-original-width="913" height="214" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiZWyhJmKgp3nW7Uwdef2rfSfvPvptK1Uo35fmum-lTwLny70BvsUySIOfaAPtkOPq3g9i8drQ8KruCuKFo5WSmAbjO3InEDLMoEv2Egr3liBYNDGNfAT7IgYju-Q_YUdVhW_sSmsb__HI/s320/DSC_1328.JPG" width="320" /></a></div>
<div class="western" style="margin-bottom: 0cm;">
<span lang="en-US"><b>How
to plant</b> - </span><span style="font-family: "times new roman" , serif; font-size: 12pt;">Follow
the good rules of arboriculture and the advice of local experts or
manuals and instructions on how to plant the species you chose. In
general, it is just a matter of digging a hole large enough to
accommodate the root ball, putting some organic fertilizer at the
bottom, covering it with a little soil, then placing the plant
upright and covering the hole. A stake could support the tree in the
first months or years of life. Periodic watering will ensure its
rooting.</span></div>
<div class="western" lang="en-US" style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
</div>
<div style="-webkit-text-stroke-width: 0px; color: black; font-family: "Times New Roman"; font-size: medium; font-variant-caps: normal; font-variant-ligatures: normal; letter-spacing: normal; orphans: 2; text-align: justify; text-decoration-color: initial; text-decoration-style: initial; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; widows: 2; word-spacing: 0px;">
<div class="western" style="margin-bottom: 0cm;">
<span lang="en-US"><b>How
to label it</b> - </span><span style="font-family: "times new roman" , serif; font-size: 12pt;">Give
room to imagination, but a tag or plaque with the reason for the
planting of the tree, maybe the choice of the tree type, the
specifics of the planting day, and the name of the person who planted
it could be very useful. Sharing this action on social networks could
promote dissemination on a global scale. We could use the hashtag #pandemictree.</span></div>
<div style="font-style: normal; font-weight: 400; margin: 0px;">
<br /></div>
<div style="margin: 0px;">
</div>
<div class="western" style="margin-bottom: 0cm;">
<span lang="en-US"><b>What
to do now</b> - </span><span style="font-family: "times new roman" , serif; font-size: 12pt;">First,
comply with rules set by local authorities, such as stay-home orders
and social distancing. Then share this idea until it becomes
everyone's heritage. Last of all, start planning the tree planting!</span></div>
<br /></div>
Emilio Bertoncinihttp://www.blogger.com/profile/01203336544196143315noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1754300467097680827.post-59653110207082871672020-04-02T12:09:00.000+02:002020-04-02T13:03:38.844+02:00Seminiamo e piantiamo con i bimbi più piccoli ai tempi del lockdown<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgOo2TbvpsB9WmWaFZXG2B5j60NN0Q8HxkwMCfTLiSMjSRwRHwV38g1ZgiliY0A6ngHBATKh_sNEN95DUKU9iRcnOVWf0V5_fKpjQFwJX3cDkGBGXHJvj7FdKWrYUBWNHLDvipfe62cfvI/s1600/video+new.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="566" data-original-width="850" height="213" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgOo2TbvpsB9WmWaFZXG2B5j60NN0Q8HxkwMCfTLiSMjSRwRHwV38g1ZgiliY0A6ngHBATKh_sNEN95DUKU9iRcnOVWf0V5_fKpjQFwJX3cDkGBGXHJvj7FdKWrYUBWNHLDvipfe62cfvI/s320/video+new.jpg" width="320" /></a></div>
Aprile 2020 - Le scuole e i servizi educativi sono chiusi a causa dell'epidemia di Covid-19 e molt* bimb* di età compresa tra 1 e 6 anni sono a casa con i genitori, privati di un esperienza educativa fondamentale.<br />
<br />
Per questo motivo ho realizzato un video - tutorial che intende aiutare i genitori nello svolgimento di un laboratorio che mira a mantenere una connessione tra bambin* e natura.<br />
<br />
Chi vuole può mettersi all'opera!<br />
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<iframe allowfullscreen="" class="YOUTUBE-iframe-video" data-thumbnail-src="https://i.ytimg.com/vi/5ZjO2_i4l0Q/0.jpg" frameborder="0" height="415" src="https://www.youtube.com/embed/5ZjO2_i4l0Q?feature=player_embedded" width="500"></iframe></div>
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<span style="background-color: #f9f9f9; color: #030303; font-family: "roboto" , "arial" , sans-serif; font-size: 14px; white-space: pre-wrap;">- - - o o o - - - </span></div>
<span class="style-scope yt-formatted-string" dir="auto" style="background: rgb(249 , 249 , 249); border: 0px; color: #030303; font-family: "roboto" , "arial" , sans-serif; font-size: 14px; margin: 0px; padding: 0px; white-space: pre-wrap;">
</span>
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<div style="text-align: justify;">
<span class="style-scope yt-formatted-string" dir="auto" style="background: rgb(249 , 249 , 249); border: 0px; color: #030303; font-family: "roboto" , "arial" , sans-serif; font-size: 14px; margin: 0px; padding: 0px; white-space: pre-wrap;">Per saperne di più sulle attività di Emilio Bertoncini, autore del video, è possibile consultare i seguenti link:</span></div>
<span class="style-scope yt-formatted-string" dir="auto" style="background: rgb(249 , 249 , 249); border: 0px; color: #030303; font-family: "roboto" , "arial" , sans-serif; font-size: 14px; margin: 0px; padding: 0px; white-space: pre-wrap;"><a href="http://www.emiliobertoncini.com/">www.emiliobertoncini.com</a></span><br />
<span class="style-scope yt-formatted-string" dir="auto" style="background: rgb(249 , 249 , 249); border: 0px; color: #030303; font-family: "roboto" , "arial" , sans-serif; font-size: 14px; margin: 0px; padding: 0px; white-space: pre-wrap;"><a href="http://www.ortiscolastici.it/">www.ortiscolastici.it</a></span><br />
<span class="style-scope yt-formatted-string" dir="auto" style="background: rgb(249 , 249 , 249); border: 0px; color: #030303; font-family: "roboto" , "arial" , sans-serif; font-size: 14px; margin: 0px; padding: 0px; white-space: pre-wrap;"><a href="http://www.ortoalnido.it/">www.ortoalnido.it</a></span><br />
<span class="style-scope yt-formatted-string" dir="auto" style="background: rgb(249 , 249 , 249); border: 0px; color: #030303; font-family: "roboto" , "arial" , sans-serif; font-size: 14px; margin: 0px; padding: 0px; white-space: pre-wrap;"><a href="http://www.giardinoingiro.it./">www.giardinoingiro.it.</a>
</span><br />
<div style="text-align: justify;">
<span class="style-scope yt-formatted-string" dir="auto" style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial; border: 0px; margin: 0px; padding: 0px;">Potrebbero interessarti anche il tutorial di "Semina un Albero con Emilio", che si trova a questo all'indirizzo </span><a class="yt-simple-endpoint style-scope yt-formatted-string" dir="auto" href="https://www.youtube.com/watch?v=nx9MJH5ooKw" spellcheck="false" style="cursor: pointer; display: inline-block; text-decoration-line: none;">https://youtu.be/nx9MJH5ooKw</a><span class="style-scope yt-formatted-string" dir="auto" style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial; border: 0px; margin: 0px; padding: 0px;">, o </span><a class="yt-simple-endpoint style-scope yt-formatted-string" dir="auto" href="https://www.youtube.com/results?search_query=%23ilcompitogreen" spellcheck="false" style="cursor: pointer; display: inline-block; text-decoration-line: none;">#ilcompitogreen</a><span class="style-scope yt-formatted-string" dir="auto" style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial; border: 0px; margin: 0px; padding: 0px;">, che si trova all'indirizzo </span><a class="yt-simple-endpoint style-scope yt-formatted-string" dir="auto" href="https://www.youtube.com/watch?v=j_jmZg5HXow" spellcheck="false" style="cursor: pointer; display: inline-block; text-decoration-line: none;">https://youtu.be/j_jmZg5HXow</a><span class="style-scope yt-formatted-string" dir="auto" style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial; border: 0px; margin: 0px; padding: 0px;">.</span></div>
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Emilio Bertoncinihttp://www.blogger.com/profile/01203336544196143315noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1754300467097680827.post-81538236625034294092020-03-25T23:18:00.001+01:002020-03-25T23:19:23.846+01:00Il compito green!<br />
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Marzo 2020 - Le scuole sono chiuse a
causa dell'epidemia di Covid-19 e molti insegnanti mi chiedono
consigli per affidare a bambin* e ragazz* della propria scuola un
#compitogreen. </div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Ad alcuni ho mandato un messaggio, con altri ho fatto
una riunione via Skype. Alla fine mi sono detto che un video avrebbe
potuto funzionare sia da strumento con cui affidare il compito, sia
da tutorial per bambin* e ragazz*. </div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Così è nato questo video che
qualsiasi insegnante potrà usare a supporto della propria attività
didattica.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<iframe allowfullscreen="" class="YOUTUBE-iframe-video" data-thumbnail-src="https://i.ytimg.com/vi/j_jmZg5HXow/0.jpg" frameborder="0" height="374" src="https://www.youtube.com/embed/j_jmZg5HXow?feature=player_embedded" width="450"></iframe></div>
<div style="text-align: center;">
<br /></div>
<div class="" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<div class="" style="clear: both; text-align: left;">
Buona visione!<br />
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Emilio Bertoncinihttp://www.blogger.com/profile/01203336544196143315noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1754300467097680827.post-84991202755046477352020-03-05T21:31:00.003+01:002020-03-16T11:31:16.783+01:00Scuole chiuse? Stiamo in natura!<div style="text-align: justify;">
<i>Questo post e il relativo video sono stati realizzati in occasione della chiusura delle scuole per l'emergenza Covid19. L'invito che essi forniscono tornerà ad essere valido quando saranno rimosse le restrizioni alla possibilità di muoversi sul territorio nazionale. Ad oggi (11/03/2020) molti dei suggerimenti sono contrari alle disposizioni dei vari decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri e non devono essere seguiti.</i><br />
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<div style="text-align: center;">
++++++</div>
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Dopo che nei giorni scorsi alcune regioni del nord del nostro paese avevano sperimentato la chiusura delle scuole, ieri è arrivato il DPCM che ha decretato la sospensione della didattica in tutta Italia. Si tratta di uno scenario senza precedenti che bambini e genitori si trovano ad affrontare in modo improvviso.</div>
<div style="text-align: justify;">
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjZAEYa3y_f6c5MdXkIJqpTud1bUIXXCYZIgwQt8WR_yVvh6MiOYWThBTcX1m4y4TvtfxsDVbpCGYI-1Ne3AbQn-GcBU0QhDkoiTWC4WVBEqDJYyK5JX-H4JjJKWfFqkK5YZ5HZJtIo7Rs/s1600/dpcm.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="609" data-original-width="585" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjZAEYa3y_f6c5MdXkIJqpTud1bUIXXCYZIgwQt8WR_yVvh6MiOYWThBTcX1m4y4TvtfxsDVbpCGYI-1Ne3AbQn-GcBU0QhDkoiTWC4WVBEqDJYyK5JX-H4JjJKWfFqkK5YZ5HZJtIo7Rs/s320/dpcm.jpg" width="307" /></a>Sono genitore e so bene quanto sia difficile riorganizzare la vita quotidiana da un momento all'altro. Personalmente, lavorando con assoluta prevalenza in scuole, servizi educativi e agenzie formative, godo di un non invidiabile vantaggio, cioè quello di trovarmi improvvisamente disoccupato, quindi in grado di gestire al meglio i miei figli liberi dagli impegni scolastici, ma so bene quanto il rischio sia quello di vederli trascorrere giornate intere in casa con la tentazione di smartphone, console per videogiochi e dispositivi affini.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Per questo ho provato a riunire qualche suggerimento in un breve video attingendo sia dalla mia esperienza professionale, sia da quella di genitore. Non c'è la pretesa di esaustività, né l'idea che "fuori" sia per forza la soluzione migliore. Rimane l'invito a provare a vivere questo tempo sospeso valorizzando il "chilometro zero educativo" che si trova oltre la soglia di casa.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Per chi ne avrà voglia, il mio augurio di una buona visione!</div>
<br />
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<iframe allowfullscreen="" class="YOUTUBE-iframe-video" data-thumbnail-src="https://i.ytimg.com/vi/n6a5gTqQ9p4/0.jpg" frameborder="0" height="353" src="https://www.youtube.com/embed/n6a5gTqQ9p4?feature=player_embedded" width="500"></iframe></div>
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<br />Emilio Bertoncinihttp://www.blogger.com/profile/01203336544196143315noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1754300467097680827.post-85780746905923290772020-01-31T23:22:00.000+01:002020-03-16T11:25:46.765+01:00Oltre la soglia - pratiche di outdoor education<h3>
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiAsesFyz03KDWtUT8wfbtPzc-4Nkx1hRghYWEcmY7qXMi32SHJO_K-DBZhiZJO-sbU1sIldP5lG9B_XhbNItWenpbynNDRCEYYz2yGsTPKpAEU5zZWZSYNKSOh0rRptWPpIsYtkLR7oQ7b/s1600/DSC_0738.JPG" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; font-size: 18.72px; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="683" data-original-width="1024" height="213" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiAsesFyz03KDWtUT8wfbtPzc-4Nkx1hRghYWEcmY7qXMi32SHJO_K-DBZhiZJO-sbU1sIldP5lG9B_XhbNItWenpbynNDRCEYYz2yGsTPKpAEU5zZWZSYNKSOh0rRptWPpIsYtkLR7oQ7b/s320/DSC_0738.JPG" width="320" /></a><span style="color: blue;"><h3>
<span style="color: red;"><u>A causa del protrarsi dell'emergenza e dell'assoluta inopportunità di effettuare spostamenti sul territorio nazionale, l'evento viene rinviato a data da destinarsi.</u></span></h3>
<h3 style="color: blue;">
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<h3 style="color: blue;">
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<span style="color: blue;"><h3 style="color: blue;">
Si svolgerà a Lucca il <strike>21 marzo 2020</strike> la giornata formativa dal titolo "<b>Oltre la soglia - pratiche di outdoor education</b>".</h3>
</span></h3>
<br />
<div style="text-align: justify;">
La tematica proposta si inserisce nel filone dell’<i>outdoor education</i> e riguarda la possibilità di cogliere le opportunità educative offerte dai <b>materiali naturali</b>, con particolare attenzione a quelli rinvenibili nei giardini dei servizi, nei parchi cittadini e nella natura di prossimità. Tutto questo invitando all'uso dei suddetti spazi all'aperto come <b>luoghi di esperienza</b> e a sostenere dinamiche di <b><span style="color: #38761d;">apprendimento e auto-apprendimento “in” e “con” la natura</span></b> e i suoi materiali, sia in momenti di vita al nido/scuola/servizio, sia in attività con le famiglie.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Saranno trattati i seguenti argomenti:</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
- i luoghi di natura e la loro esplorazione con i bambini e le famiglie – strategie d’ingaggio dell’utenza tra sicurezza e avventura vissute in chiave pedagogica;</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
- i materiali naturali: incontro, scoperta, raccolta, uso e conservazione – dal magazzino creativo all’atelier diffuso, passando attraverso la biblioteca oggettuale a cielo aperto.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<b>CARATTERISTICHE DEL CORSO</b></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
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<u>Destinatari</u>: educatori e educatrici di nido e altri servizi educativi della fascia 0-6, insegnanti della scuola dell'infanzia; il corso è aperto anche ai coordinatori e alle coordinatrici pedagogiche e a chiunque interessato ai temi trattati.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<u>Durata</u>: 8 ore nella giornata di sabato <strike>21 marzo</strike> 04 aprile 2020.</div>
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<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<u>Orari</u>: dalle 9.00 alle 18.30 con pausa pranzo tra le 13.00 e le 14.30.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<u>Modalità:</u> didattica frontale, momenti di discussione in plenaria, esperienze in esterno e laboratori pratici.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<u>Sede</u>: <strike>Nido d'infanzia "Il nido" - Via Nottolini, 350</strike> Sede in corso di individuazione per evitare ogni rischio per i bambini del nido - Lucca <strike> (a poche decine di metri dalla stazione ferroviaria)</strike></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<u>Costi di partecipazione</u>: <strike>€ 90,00 (novanta/00) a persona</strike>. Per chi effettua la pre-iscrizione entro il 25/03/2020 la quota è ridotta a € 80,00 (ottanta/00) a persona. Per tutti coloro che abbiano già partecipato a un'edizione del corso dedicato a "orto e giardino educativo" erogato da Emilio Bertoncini è previsto uno sconto di € 10,00 (dieci/00) cumulabile col primo. La quota comprende: partecipazione al corso, dispensa, documenti e materiali utili per il lavoro forniti su pen drive del partecipante (da portare in occasione del corso) e rilascio dell'attestato di partecipazione. Sono esclusi dalla quota vitto, alloggio e quanto non specificamente menzionato. I pranzi sono a cura dei partecipanti.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgQW31eXXqfTAiHi-TB-gb1NQ3fz-8PzXyLLDYwwTeyODu_7z2_VjOADOiTdJxhoyXClNyyTun-NqyvyQnzmDa6RwNP_DgFeifSZ59xDcFNv1a8bcfu_7FuNlKZo7qljrMLwfsGVifniy9T/s1600/14670710_10207228766019699_5814573195161965070_n.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em; text-align: justify;"><img border="0" data-original-height="960" data-original-width="960" height="319" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgQW31eXXqfTAiHi-TB-gb1NQ3fz-8PzXyLLDYwwTeyODu_7z2_VjOADOiTdJxhoyXClNyyTun-NqyvyQnzmDa6RwNP_DgFeifSZ59xDcFNv1a8bcfu_7FuNlKZo7qljrMLwfsGVifniy9T/s320/14670710_10207228766019699_5814573195161965070_n.jpg" width="320" /></a><br />
<div style="text-align: justify;">
Docente: Emilio Bertoncini, Agronomo e guida ambientale, ha vinto una menzione speciale dell'Agricoltura Civica Award 2013, il premio per le agricolture del futuro di AiCARE. Ha collaborato con la Regione Marche per il progetto Ortoincontro riguardante i temi degli orti urbani e scolastici. E’ stato coinvolto in vari progetti formativi e educativi connessi all'orto e al giardino per le Conferenze Zonali dell'Istruzione di Lucca, Pistoia e Valdinievole e per i comuni di Montale (PT), Quarrata (PT) e San Giuliano Terme (PI), nonché nella formazione delle educatrici dei nidi privati del Comune di Prato (PO) per il tramite di CEMEA Toscana. Negli scorsi anni educativo ha collaborato con i seguenti nidi: “Il nido” di Lucca, “Pinco Pallino” 1 e 2, “Arcobalocco” e "Le piccole canaglie" di Quarrata (PT), "I piccoli gufi" di Scandicci (FI) e "Golgi Redaelli" di Milano. E’ autore dei libri “Orticoltura (eroica) urbana” e “L'orto delle Meraviglie” e curatore di “Evviva l’orto che ci fa sporcare – la biodiversità agraria delle Marche entra a scuola” edito dalla Regione Marche. Collabora stabilmente con la rivista “Bambini” di Spaggiari editore.</div>
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<u>Iscrizioni</u>: da perfezionare entro le ore 20:00 del 25/03/2020 mediante versamento anticipato della quota di iscrizione. Il pagamento della quota avverrà tramite bonifico bancario al raggiungimento del numero minimo di iscritti.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<u>Recapiti per informazioni e iscrizioni</u>: per richiedere informazioni, ricevere il programma didattico dettagliato o effettuare le preiscrizione è sufficiente scrivere all'indirizzo <a href="mailto:info@emiliobertoncini.com">info@emiliobertoncini.com</a></div>
Emilio Bertoncinihttp://www.blogger.com/profile/01203336544196143315noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1754300467097680827.post-11104629139641808342019-12-15T22:50:00.000+01:002019-12-15T22:50:25.708+01:00Breve viaggio in alcuni orti (eroici) urbani del Veneto<div style="text-align: justify;">
Quando posso mi prendo del tempo per visitare orti urbani in varie parti d'Italia. L'organizzazione di queste "missioni impossibili" in cerca di orti "eroici" è quantomai fantasiosa e, a volte, accade che le mie visite avvengano in momenti singolari o legati in modo assai strano al momento in cui ho scelto di farle. Il caso degli orti veneti di cui racconterò nelle prossime righe è uno di quelli. L'opportunità della visita è nata, infatti, durante una delle estate più torride e siccitose degli ultimi decenni, ma il mio tour si è svolto in giorni caratterizzati da nebbia, pioggia e freddo nel mese di novembre. Si obietterà che non si tratta del momento dell'anno in cui gli orti danno il meglio di sé, ma io credo che sia quello in cui può emergere con maggior forza l'intenzione che si cela dietro ogni orto, al di là dei fasti che primavera ed estate sanno regalare.</div>
<br />
<div style="text-align: center;">
*** *** ***</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhuodc_c5fzW5cZ0VIElTGcPVGzTqXmkzOWVtucd6r3TIfeOneN9PYWWyi4RHVnL3tT8cxzLCPyLQzoJRC_iX2vwlWBPOolzmu3hb-lOgKHiExINX2OTlgvfpWiOci0n7SPe_JRIFfscm4/s1600/orti_solidali_montebelluna.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="801" data-original-width="1280" height="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhuodc_c5fzW5cZ0VIElTGcPVGzTqXmkzOWVtucd6r3TIfeOneN9PYWWyi4RHVnL3tT8cxzLCPyLQzoJRC_iX2vwlWBPOolzmu3hb-lOgKHiExINX2OTlgvfpWiOci0n7SPe_JRIFfscm4/s320/orti_solidali_montebelluna.jpg" width="320" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
Raggiungo Montebelluna, in provincia di Treviso, dopo circa quattro ore di viaggio in solitaria autostradale e quando scendo dall'auto comprendo in un sol momento la differenza tra i 14°C della mia soleggiata Toscana e i 9°C delle nebbie venete. Solo la mia determinazione nel fare quattro passi negli <span style="color: #38761d; font-weight: bold;">Orti Solidali </span>prima che il cielo si faccia buio evita la ricerca immediata di un luogo e di una bevanda calda. Purtroppo, come accaduto altre volte, nei giorni precedenti non sono riuscito a stabilire un contatto con chi anima l'orto e mi aggiro per i suoi spazi con poche e scarne informazioni, sebbene la mente sia animata dal ricordo di una bellissima <a href="https://www.youtube.com/watch?v=b6emkEGlRGk" target="_blank">ripresa aerea dell'orto</a>. In ogni caso, mi sono messo a passeggiare andando man mano alla scoperta, non senza chiedermi se la forma dell'orto.</div>
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Un ringraziamento particolare va a chi mi ha aiutato nell'incursione in terra veneta che ha reso possibili queste visite, vale a dire Costantina Righetto, che ringrazio per l'ospitalità e i preziosi suggerimenti, Francesca Meneghello, che mi ha permesso tante belle scoperte all'Ospedale San Camillo, e Elena Schiavon, che mi ha aperto la strada e gli occhi per dar vita ad una prossima visita agli orti (eroici) urbani di Venezia.</div>
Emilio Bertoncinihttp://www.blogger.com/profile/01203336544196143315noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1754300467097680827.post-82504186901762072082019-12-15T22:33:00.003+01:002023-07-29T14:05:56.094+02:00Se un trifoglio rivela limiti e opportunità nel mondo della formazione in campo ambientale e agricolo<div style="text-align: justify;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgZOBOkKbhldmgz_QyGDqhLC96_7lpxgay9E8wpz14W-KPDX0lhIF7ldG8RQTWVPmA4t18RXF67HXRQGaYjRM8naKFa99ZKNi2m2BCw1YZF_vpHizNbfX6fTIhRntp3y1l6eInvYuXqQMQ/s1600/IMG_20181023_155258.jpg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1200" data-original-width="1600" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgZOBOkKbhldmgz_QyGDqhLC96_7lpxgay9E8wpz14W-KPDX0lhIF7ldG8RQTWVPmA4t18RXF67HXRQGaYjRM8naKFa99ZKNi2m2BCw1YZF_vpHizNbfX6fTIhRntp3y1l6eInvYuXqQMQ/s320/IMG_20181023_155258.jpg" width="320" /></a></div>
Negli ultimi anni, lavorando come <b><a href="http://www.emiliobertoncini.com/" target="_blank">formatore</a></b>, mi trovo ad affrontare una difficoltà di non poco conto. Mi riferisco alla presenza nei corsi di formazione finanziati dal <i>Fondo Sociale Europeo</i> di persone provenienti da altri continenti e, in particolare, dall'Africa. Mi correggo: la difficoltà è averli insieme ad altri partecipanti nati e vissuti in Italia o almeno in Europa. Questa promiscuità, se per certi versi è un'enorme ricchezza, da altri punti di vista genera una situazione comunicativa assai complessa perché, spesso, è come lavorare con due o più gruppi di persone presenti nella stessa aula.<br />
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La prima difficoltà da affrontare è, ovviamente, linguistica. Gli africani spesso parlano più lingue, ma il loro italiano, soprattutto se si tratta di richiedenti asilo o di persone arrivate da pochi anni, non è adeguato a seguire un corso in materia di agricoltura e ambiente. Se con loro risulta relativamente facile conversare dei fatti del quotidiano, seguire una lezione su temi tecnici, anche non troppo approfonditi, alza nuovamente la barriera linguistica. Io provo ad aiutarmi con l'inglese, ma a quel punto quello deficitario in termini di lingua diventa il docente. Stendiamo un velo pietoso sul fatto che non parlo il francese, mentre molti di loro lo parlano benissimo. Fin qui tutto bene, ma le difficoltà non mancano mai e quello che accade è che, quando semplifico e rallento il mio italiano, divento una sorta di robot stupido agli occhi degli italiani. Spesso questi ultimi accettano di buon grado la situazione che viene a crearsi e, anzi, mi danno una mano, ma è del tutto evidente che la loro partecipazione al corso si snatura e che <b>per tutti diventa difficile raggiungere gli standard di preparazione</b> richiesti per superare test ed esami <b>che certificano le competenze</b>. Insomma, la situazione è complessa e richiede non solo degli adattamenti comunicativi, ma anche una <span style="color: blue;"><b>complessiva revisione delle strategie di accompagnamento del gruppo in formazione</b></span>.<br />
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Una delle domande che mi faccio è questa: <span style="color: #38761d;"><b><u>il sistema della formazione professionale finanziata non dovrebbe interrogarsi sull'origine di queste difficoltà e su possibili strategie per risolverle a monte?</u></b></span></div>
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<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjRcwCNxTGXYA5txzTIWGMiqWu3es1THBjuLFiMbvsswNt9haC6WuUy9N8rrmYA4qSDkXbWEfSG0AvDJ9AnMpXhH6MMYyeR_gVfmD96XZZwx6Pr9nkomI7cvFViuu7bgmCmpNZRuNEdQ8Y/s1600/Rotklee_Trifolium_pratense.jpg" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="700" data-original-width="597" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjRcwCNxTGXYA5txzTIWGMiqWu3es1THBjuLFiMbvsswNt9haC6WuUy9N8rrmYA4qSDkXbWEfSG0AvDJ9AnMpXhH6MMYyeR_gVfmD96XZZwx6Pr9nkomI7cvFViuu7bgmCmpNZRuNEdQ8Y/s320/Rotklee_Trifolium_pratense.jpg" width="272" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">(Trifoglio pratense - CC BY-SA 2.5,<br />
<a href="https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=196821">https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=196821</a>)</td></tr>
</tbody></table>
Dei vari corsi in cui ho svolto docenze negli ultimi due - tre anni ce ne è stato uno, però, che ha avuto la capacità di spingere oltre il mio pensiero. Ciò grazie ad una circostanza apparentemente fortuita. Parlando di colture foraggere ho utilizzato la parola <i>trifoglio</i>. Uno dei ragazzi africani, in particolare dell'Africa occidentale, mi ha chiesto di spiegare cosa fosse il trifoglio. In aula si è immediatamente attivato un sistema di aiuto reciproco e gli smartphone sono stati canali di accesso ai vari traduttori per trasporre la parola <i>trifoglio</i> in inglese, francese e qualche altra lingua, ma il problema non si è risolto. Qualcuno ha cercato le immagini, ma anche questo non è stato di alcun aiuto. Solo durante una pausa abbiamo risolto il problema cerando il trifoglio in un prato posto nelle vicinanze dell'aula. Dico che abbiamo risolto, ma, in realtà, abbiamo capito che quella pianta era del tutto ignota ai ragazzi africani presenti in aula. A quanto pare,<span style="color: #666666;"><b> nei loro ambienti di origine non ci sono trifogli di alcun tipo</b></span> o loro non hanno avuto occasione di conoscerli. In quel momento, però, è successa anche un'altra cosa, cioè alcuni dei ragazzi italiani hanno dimostrato di conoscere il trifoglio, ma di non sapere che si potesse coltivare e che potesse essere una pianta da foraggio. Terminata la lezione mi sono messo in viaggio e non riuscivo a non pensare a quanto accaduto. In realtà, c'è voluto qualche giorno per articolare un ragionamento più complesso.</div>
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Sulle prime mi sono detto che se la situazione si fosse ribaltata geograficamente, cioè se fossimo stati in un paese dell'Africa occidentale a parlare di piante da foraggio, anche io avrei avuto difficoltà poiché ignoro quali piante crescano in quelle zone e siano adatte allo scopo, quindi mi è parsa naturale la difficoltà dei miei studenti africani. Però <b><span style="color: #666666;">a stonare in aula era la conoscenza degli italiani</span></b>. Mi sono chiesto cosa sarebbe successo se, anziché chiedere del trifoglio, il mio studente avesse chiesto lumi sul loietto o sulla <i>Poa pratensis</i>. Ragionevolmente, anche gli studenti italiani si sarebbero trovati in difficoltà.</div>
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<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><span style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><a href="https://www.eticamente.net/61139/ecco-perche-il-quadrifoglio-ha-una-foglia-in-piu.html?cn-reloaded=1" target="_blank"><img border="0" data-original-height="1120" data-original-width="1280" height="280" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgjNDV-J9kah0DGYOBXvLJq3gcBa6X-cXtZvt50ZTnvmZu0AHkT1JMgABw3AGB6AAukBNeKznlf0SOZPdtahlj7kMF5b80vAKoBxLkVi1Os0-yrZ3N6QAnT_gA_lt98OLO-UXCFUJQeCcg/s320/klee-345135_1280.jpg" width="320" /></a></span></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><a href="https://www.eticamente.net/61139/ecco-perche-il-quadrifoglio-ha-una-foglia-in-piu.html?cn-reloaded=1" target="_blank">(foto tratta da www.eticamente.net -<br />clicca sull'immagine per leggere l'articolo)</a></td></tr>
</tbody></table>
Perché? Perché solo qualche specialista del settore studia quelle due graminacee e sa come sono fatte e a cosa servono, mentre per il trifoglio le cose cambiano completamente. <span style="color: #666666;"><b>La maggior parte delle persone nate e cresciute in Italia sanno riconoscere il trifoglio perché fin da bambine sono state invitate a cercare i quadrifogli.</b></span> Motivo? Se li trovi, portano fortuna! Cioè <b>una</b> <b>credenza popolare è motivo di indagine botanica e questa ci rende competenti</b> anche se nella vita studiamo cose completamente diverse. In sintesi, chi nasce e cresce in Italia conosce il trifoglio perché nei nostri ambienti, spontaneamente o coltivate, ne crescono numerose specie e perché il contesto culturale italiano spinge ciascuno da noi a conoscere e saper riconoscere le piante appartenenti a quel gruppo di specie.</div>
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Se proviamo a far evolvere la riflessione, <b>possiamo dire che chi nasce e cresce in Italia riceve una sorta di alfabetizzazione legata al contesto ambientale che lo rende competente e capace di muoversi</b>, anche competenze generiche e di base,<b> nel mondo dell'agricoltura e dell'ambiente</b>. La stessa cosa accade a chiunque nasca e cresca in un qualsiasi ambiente, ma quando la persona si sposta altrove, le difficoltà non sono solo linguistiche o di cultura generale, bensì di<b> <u>alfabetizzazione legata al contesto ambientale</u></b>.</div>
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Questo si traduce nel fatto che, <b><u><span style="color: blue;">per accogliere efficacemente nei nostri corsi persone vissute altrove, risulta necessario progettare percorsi formativi ad hoc o, almeno, fare una formazione propedeutica che supplisca al deficit di alfabetizzazione agli ambienti italiani</span></u></b>, più che alla lingua italiana.</div>
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Si tratta di una riflessione avente natura prettamente provvisoria, ma proprio non riuscivo a non condividerla con chi ha la pazienza di leggere questo mio blog.</div>
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Emilio Bertoncinihttp://www.blogger.com/profile/01203336544196143315noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1754300467097680827.post-66109940296221768932019-07-30T17:21:00.002+02:002019-07-30T21:35:26.649+02:00Orto o museo?<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiKdaWp0bp-ipLnoEvWqdeyggNxjpjlBVKft7yqxQ_-3uvAZonVMFDY2UZtYofV0uAM6jVmq4huSu78nPDgLdfAbhRv4M0LShfDS_jAJBQ20QQK6KIqdaJauaDNDfDM2Fw5cYhJYJohR4c/s1600/1.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="559" data-original-width="960" height="186" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiKdaWp0bp-ipLnoEvWqdeyggNxjpjlBVKft7yqxQ_-3uvAZonVMFDY2UZtYofV0uAM6jVmq4huSu78nPDgLdfAbhRv4M0LShfDS_jAJBQ20QQK6KIqdaJauaDNDfDM2Fw5cYhJYJohR4c/s320/1.jpg" width="320" /></a></div>
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Le vacanze, si sa, sono un periodo interpretabile in molti modi. Per molti sono un momento di riposo, ma io non sono mai arrivato al loro termine riposato, anzi. Sono, però, un periodo in cui la mente riesce a distaccarsi dall'ordinario e a prestare attenzione al resto. Quest'anno le mie vacanze sono state guidate soprattutto dalla passione di mia figlia Luna per l'arte e dalla sua voglia di scoprire Amsterdam. Mi sono, così, detto che il tema portante della mia attività professionale, cioè l'orto visto in chiave educativa, didattica e sociale, avrebbe dovuto starsene alla larga dalle nostre intenzioni di visita.</div>
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E' andato tutto piuttosto bene finché non sono entrato nella reception di un albergo, per altro scelto sulla base di criteri assai lontani dal mondo degli orti. Mentre salutavo il signore che ci stava accogliendo, il mio sguardo è caduto su un volantino che ha immediatamente cambiato le successive 24 ore della vacanza. Si trattava del flyer promozionale del "<a href="https://www.natuurenbos.be/museumgarden" target="_blank">Museum Garden Gaasbeek</a>", posto a mezz'ora d'auto da Bruxelles.</div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiUI_HMzJLxbhU5ESSmqZtJPDy3dBDO7SvsLq5VyMjtBiFLDbNKeZ45AiUpH_0bYuUe7KuV-TrCVOReT1uGoJNMF9d2kZRw55z5YQxC4bGipEgauZiZ7iqcfq1EY56LkfFctokzNXPEs2s/s1600/2.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="640" data-original-width="960" height="213" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiUI_HMzJLxbhU5ESSmqZtJPDy3dBDO7SvsLq5VyMjtBiFLDbNKeZ45AiUpH_0bYuUe7KuV-TrCVOReT1uGoJNMF9d2kZRw55z5YQxC4bGipEgauZiZ7iqcfq1EY56LkfFctokzNXPEs2s/s320/2.jpg" width="320" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
L'orto/giardino in questione occupa uno spazio che già in passato ospitava i giardini del Castello di Gaasbeek, ma ciò che stupisce è la finalità per cui, qualche anno fa, è tornato a nuova vita: "This is a completely newly built garden, specially designed
to suit its purpose as a museum garden". Sì, l'orto/giardino che possiamo visitare oggi è di nuova realizzazione e il suo scopo è quello di essere un museo. Un museo vivente!</div>
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Come recita il volantino, uno degli scopi del <i>Museum Garden</i> è quello di <i>rendere consapevole</i> la popolazione belga del ruolo e dell'importanza avuti dal Belgio nel campo dell'orticoltura e della coltivazione di alberi da frutto nel XIX secolo e fino alla Seconda Guerra Mondiale. Proprio per questo motivo, nel <i>museum garden</i> vengono coltivate varietà orticole e frutticole antiche e caratteristiche e, per gli alberi da frutto, come vedremo, le forme di allevamento sono davvero molto particolari e caratteristiche di epoche passate.</div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgmbsRYmq6c2l1BUYxEVDwGgBy_83xiOe5-dqmi0GP2GUg4CMO6tLaC5iFNW-VNm9E-Kf_FUkNnf8cusil1TLCTuU4PV5UWHjqHI6LpBssybnFwv4jyaM7IJHUlF9gbswlrakz_RBZonuE/s1600/3.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="486" data-original-width="831" height="187" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgmbsRYmq6c2l1BUYxEVDwGgBy_83xiOe5-dqmi0GP2GUg4CMO6tLaC5iFNW-VNm9E-Kf_FUkNnf8cusil1TLCTuU4PV5UWHjqHI6LpBssybnFwv4jyaM7IJHUlF9gbswlrakz_RBZonuE/s320/3.jpg" width="320" /></a></div>
Per raggiungere i propri scopi documentativi e didattici il <i>Museum Garden </i>è articolato in varie aree funzionali che provo a descrivere secondo il mio percorso di visita evidenziando, caso per caso, gli aspetti che più mi hanno colpito. In tal senso, il primo e più importante elemento è il fatto che le specie orticole e frutticole sono coltivate e presentate in un contesto di vero e proprio giardino, quindi tenendo conto di aspetti estetici e di comfort, condizione che invoglia alla visita anche chi non ha un interesse specifico, come può essere il mio.</div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiQ7lNZh65Q6nVLmw5tAQo9Nx56uSucQS8pooRv3Vzsk7_ggk25ACDI2kQiCtvS2ytkOD0SCK53CHbBYXS6iq9G0C2JEuUbiPQjf-tMu5gCSw32CV5fX88q8q4WVCXelO6GW4OIelzD0sw/s1600/4.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="640" data-original-width="960" height="213" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiQ7lNZh65Q6nVLmw5tAQo9Nx56uSucQS8pooRv3Vzsk7_ggk25ACDI2kQiCtvS2ytkOD0SCK53CHbBYXS6iq9G0C2JEuUbiPQjf-tMu5gCSw32CV5fX88q8q4WVCXelO6GW4OIelzD0sw/s320/4.jpg" width="320" /></a></div>
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Subito dopo l'ingresso, svoltando a destra, si entra nell'ampia zona del <i>kitchen garden</i>. Qui troviamo in coltivazione un gran numero di ortaggi e fiori, soprattutto varietà di dalie, che sono mostrati nelle loro caratteristiche e che possiamo vedere, secondo l'epoca della visita, nella tipologia e nello stadio di sviluppo propri del momento. Questo ci parla di <i>stagionalità</i> di produzione, ma ci racconta anche che quando fu realizzato il giardino precedente fu fatta un'importante scelta in termini di localizzazione e sistemazione dello stesso. Il <i>museum garden</i>, infatti, si trova in una zona in cui le temperature invernali, a dispetto di ciò che si potrebbe pensare, sono abbastanza miti e il sito scelto ha temperature mediamente superiori di alcuni gradi alla media della zona. Inoltre, i muri perimetrali del vecchio giardino assicurano protezione dai venti e riescono a funzionare come volani termici che accumulano calore durante le ore diurne per cederlo durante la notte. Vi si trovano, così, ortaggi comuni in coltivazione anche nelle zone mediterranee, sebbene di <i>varietà adatte alle condizioni locali</i>. E' possibile v<i>edere a confronto alcune tecniche di coltivazione</i>, come quella su terreno sarchiato, cioè regolarmente sottoposto a lavorazioni per controllare le erbe infestanti e rompere la crosta superficiale, e quella con pacciamatura di paglia, cioè ricoperto per ostacolare le malerbe e trattenere l'umidità. Sono, inoltre, mostrati alcuni accorgimenti tradizionali per proteggere le piante nelle prima fasi di sviluppo, come le mini-serre che si vedono nella fotografia qui sopra.</div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhwIxd2aPOZZQ96AZJmv8FM1NSHrHU_KMb6nYwXWtC_C83D8-rMYFsmCem7MdPM20hVOzt4KYh6cSZXmr4FotEnv69A0thrNVG8bXX5p8LioxMO-5DXJXZZrc9S0dCFQbN3k5jH354YjiY/s1600/66432663_1421246438015538_8099457014788259840_n.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="640" data-original-width="960" height="213" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhwIxd2aPOZZQ96AZJmv8FM1NSHrHU_KMb6nYwXWtC_C83D8-rMYFsmCem7MdPM20hVOzt4KYh6cSZXmr4FotEnv69A0thrNVG8bXX5p8LioxMO-5DXJXZZrc9S0dCFQbN3k5jH354YjiY/s320/66432663_1421246438015538_8099457014788259840_n.jpg" width="320" /></a></div>
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Un altro aspetto che spicca nella "collezione ortiva" è la <i>biodiversità nel mondo degli ortaggi</i>. Essa può essere apprezzata a vari livelli. In alcuni casi, ciò richiede una certa competenza nell'individuare, anche attraverso i cartellini esplicativi presenti nell'orto, le varietà di appartenenza di ortaggi appartenenti a una singola specie. In altri casi, come quello illustrato nella fotografia a lato, il colpo d'occhio ci racconta che dietro la parola "cavolo" ci sono piante diverse, vere e proprie specie distinte, e anche varietà diverse in seno alla stessa specie. Le forme e le colorazioni di queste piante rendono molto bene l'idea. In questo modo, anche chi non ha particolari competenze può apprezzare proprio l'idea di <i>biodiversità agraria</i>.</div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhX5XWBR76qRfUTQcVS_JSHlfnja5IBMto-T-IFbsEcEhLss7crAcQEwakqW3HTwu3Ta10v9uBXFg0hYgbIJ11tasVDG_YZAEcJOcOrD1DFMyx2E-ySoOM7UxSER099rkTwBQhAwV3FBdY/s1600/8.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="640" data-original-width="960" height="213" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhX5XWBR76qRfUTQcVS_JSHlfnja5IBMto-T-IFbsEcEhLss7crAcQEwakqW3HTwu3Ta10v9uBXFg0hYgbIJ11tasVDG_YZAEcJOcOrD1DFMyx2E-ySoOM7UxSER099rkTwBQhAwV3FBdY/s320/8.jpg" width="320" /></a></div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj-t9Lyq_YqIp5YkBS10v1pDyw4uKSUWZExy7mafQaxGqc9UPFq7wQ42XXUjQmyDVbsCwRFmeR1CqmQYuqGo0Io7lfgylvXm_xSSeViIC8Z90hgNtyzAjNTid1GFes6KjuIhBccTgIOMW8/s1600/7.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="960" data-original-width="640" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj-t9Lyq_YqIp5YkBS10v1pDyw4uKSUWZExy7mafQaxGqc9UPFq7wQ42XXUjQmyDVbsCwRFmeR1CqmQYuqGo0Io7lfgylvXm_xSSeViIC8Z90hgNtyzAjNTid1GFes6KjuIhBccTgIOMW8/s320/7.jpg" style="cursor: move;" width="213" /></a>I pomodori sono per lo più protetti da una struttura temporanea che li copre per ridurre le bagnature dovute alle rugiade notturne e alla pioggia. E' lì che faccio una delle scoperte della mia mattinata di visita. Mentre osservo le diverse varietà, infatti, mi imbatto in un "tomato lichi": una pianta di pomodoro con le spine! Benedico Google e scopro che si tratta di <i>Solanum sisymbriifolium</i> Lam., una solanaceea (famiglia botanica cui appartengono patate, peperoni, melanzane e pomodori) affine al pomodoro che matura i frutti dentro una sorta di involucro spinoso. Nonostante sia segnalata una possibile tossicità di alcune sue parti e dei suoi frutti non maturi, i motivi di interesse sono altri. Il primo è che contiene una sostanza che li protegge da alcuni parassiti e che sono coltivabili in <i>consociazione</i>, cioè in abbinamento, con le patate per proteggerle dai nematodi (parassiti radicali). Il secondo è che sono anche coltivati come siepe stagionale spinosa e capace, quindi, di costituire un ostacolo per alcuni animali. Non male per essere "un pomodoro"! Ma c'è un aspetto interessante sul piano didattico: si propongono alcune soluzioni tecniche, come la copertura, e un nutrito set di varietà che forniscono anche al visitatore meno preparato e attento l'idea che dietro al gesto del coltivare ci sia, anzi ci debba essere, una competenza importante che è vera e propria cultura.</div>
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Superato il <i>kitchen garden</i>, si entra in una nuova grande "stanza" in cui il tema dominante sono i frutti. Vi si trovano sia alberi da frutto di specie diverse, dai peri ai fichi, dalle prugne ai meli, e piante a bacca o piccoli frutti. La loro collezione riprende un tema che ci ha già accompagnati del <i>kitchen garden</i>, così il <i>berry garden</i> e il frutteto danno spettacolo con le forme di allevamento degli alberi, cioè con i modi in cui le piante sono fatte crescere e vengono conformate. E' un tripudio di sostegni, potature fatte ad arte, legature. E' vera e propria arte associata alle piante. Gli alberi da frutto sono presentati in soluzioni in cui l'estetica ha un valore assoluto dimostrando che si possono coltivare frutti donando bellezza e stupore al giardino.</div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiV5LEto676FioOcNaFgDHtbGqidPlIucVWXhr-8p8HcgmpaZF8RjIBlEfhqnR2zgtb9HyaLcwy8PU0-2ED7Xnsf_QPeiU9TTQKybizROjSgm8vdWLeB6BYac-pVjbmETupWv40kDwDiOk/s1600/12.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="640" data-original-width="960" height="213" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiV5LEto676FioOcNaFgDHtbGqidPlIucVWXhr-8p8HcgmpaZF8RjIBlEfhqnR2zgtb9HyaLcwy8PU0-2ED7Xnsf_QPeiU9TTQKybizROjSgm8vdWLeB6BYac-pVjbmETupWv40kDwDiOk/s320/12.jpg" width="320" /></a></div>
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I due temi, quello dei frutti e quello delle forme di allevamento, ci accompagnerà anche in altre "stanze" del <i>museum garden</i>, sebbene con chiavi diverse. Intanto, passando dai settori più <i>formali</i> del giardino a quelli che ci restituiscono il senso paesaggistico che possono assumere i frutteti, si incontra lo <i>shadow garden</i>, il giardino ombreggiato. Siamo nel mondo delle hosta e di altre piante adatte a spazi poco luminosi, come la pachysandra, la waldsteinia, la pulmonaria, gli ellebori e gli aconiti, e, soprattutto, il giardino assume una fisionomia e un'estetica nuova, improvvisamente piacevole e paesaggistica.</div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgFwO9_z_oXUYy14fH9NWz1_EPDtlXS1ReoR4nzc291tfaKgveH9ZS6Z4l4BMVZEJKECk_Ksst72XmtFKDzT7c6lB8_8pbSq9zStEQaQpfmol4Q4fqEbi4y4MLYfsqHKPdBBBOMghGhW3E/s1600/14.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="640" data-original-width="960" height="213" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgFwO9_z_oXUYy14fH9NWz1_EPDtlXS1ReoR4nzc291tfaKgveH9ZS6Z4l4BMVZEJKECk_Ksst72XmtFKDzT7c6lB8_8pbSq9zStEQaQpfmol4Q4fqEbi4y4MLYfsqHKPdBBBOMghGhW3E/s320/14.jpg" width="320" /></a>E' quasi un diversivo che ci porta agli spazi improvvisamente aperti, curati e colorati in cui agli alberi da frutto di grandi dimensioni, tra cui dei saporitissimi meli, fanno paesaggio. Colpiscono la disposizione geometrica accurata e le <i>protezioni poste alla base degli alberi</i>. Qui sarà davvero difficile vedere le macchine per il taglio dell'erba urtare contro i fusti e danneggiarli irrimediabilmente, come spesso accade nei giardini nostrani. Ma gli alberi da frutto, si sa, hanno bisogno di impollinatori. Allora, quasi a volerci scaraventare in un quadro di Monet, tra i filari compaiono fiori che attraggono e alimentano gli<i> insetti pronubi</i> (impollinatori).</div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgKF3fyfuqqxGl6A-rt_Uo0ZsyRxjTsFJnaTDrPwN5RdLl1lUGyq3H6z5mxnJ-UNPX3gQEXK2ckkuMwEK4dUVBSShWV8NnEwKIbzZmI4M11s4hNlQwb_p-Yx-niCO1l4p5MCsgg94TLIzk/s1600/16.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="640" data-original-width="960" height="213" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgKF3fyfuqqxGl6A-rt_Uo0ZsyRxjTsFJnaTDrPwN5RdLl1lUGyq3H6z5mxnJ-UNPX3gQEXK2ckkuMwEK4dUVBSShWV8NnEwKIbzZmI4M11s4hNlQwb_p-Yx-niCO1l4p5MCsgg94TLIzk/s320/16.jpg" width="320" /></a>Ancora una volta, sono incanto e bellezza a far da padroni, a testimonianza della capacità dell'agricoltura di produrre paesaggio di pregio estetico quando il suo obiettivo economico non è strettamente connesso al solo raccolto dei prodotti. L'Unione Europea inserisce questa capacità nella <i>multifunzionalità</i> <i>dell'agricoltura</i> (1) e molte aziende agricole che svolgono attività agrituristica e didattica potrebbero trovare ispirazione in questi spazi.</div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhuDzlbPjTd_IUyJ87CIPvk1bo34u9WaSvswJu_AVrvTytd01en34NzisNcea7X5qLnB5xqHs0UsfJgVS5DAEet8du0fTHtgq5lUlrubB5ZtkO66p2JwpT3BbM2-pEgRrcaVIAHXHFYckU/s1600/17.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="640" data-original-width="960" height="213" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhuDzlbPjTd_IUyJ87CIPvk1bo34u9WaSvswJu_AVrvTytd01en34NzisNcea7X5qLnB5xqHs0UsfJgVS5DAEet8du0fTHtgq5lUlrubB5ZtkO66p2JwpT3BbM2-pEgRrcaVIAHXHFYckU/s320/17.jpg" width="320" /></a></div>
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La visita non è finita e il tema degli alberi da frutto torna con prepotenza alla ribalta nella "stanza" in cui entriamo per tornare verso l'ingresso. Qui le forme di allevamento più diverse e disparate sono messe a confronto e descritte tramite un'apposita cartellonistica e, soprattutto, alle forme di allevamento tradizionali sono messe a confronto quelle più moderne, con le piante ridotte in dimensione grazie ai portinnesti nanizzanti (2) e la conformazione della pianta vocata alla riduzione dei costi di produzione. Entrare nel dettaglio tecnico, ancora una volta, richiede competenza, ma il confronto visivo diretto spiega molte cose anche a chi è in visita per godersi lo spettacolo del <i>museum garden</i>. Addossate al <i>fruit shed</i>, una sorta di capanno in cui si vede come venivano conservati in passato i frutti raccolti, campeggiano nuovamente tre piante da frutto offrendoci un nuovo spettacolo. E' difficile non pensare che mani sapienti possano guidare le piante nell'assumere le forme più disparate.</div>
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<br /></div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhrn_RHpj6icnPnBCYggoMsoHvNWoJW5nPHhSrErwjPgJGKIUN0k5ct-2AngXHK0k24hpz3-Km67SOGk5a47AvgwKv9yQ74fF5XaE6wO0fsiKX2aQ4GD1NZkT0ECL_htPA7IwvPbhbx2qU/s1600/20.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="640" data-original-width="960" height="266" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhrn_RHpj6icnPnBCYggoMsoHvNWoJW5nPHhSrErwjPgJGKIUN0k5ct-2AngXHK0k24hpz3-Km67SOGk5a47AvgwKv9yQ74fF5XaE6wO0fsiKX2aQ4GD1NZkT0ECL_htPA7IwvPbhbx2qU/s400/20.jpg" width="400" /></a>Tornando verso l'ingresso, proprio quando sembra di esser giunti alla fine della visita, si viene irrimediabilmente catapultati verso il <i>giardino all'italiana</i> vivendo la strana sensazione di potersi trovare nella campagna toscana o laziale. La voglia di scendere le scale e di muoversi tra i ricami del giardino quasi impedisce di apprezzare l<i>'orangerie</i>, in cui vengono ricoverati gli agrumi. Impossibile, invece, non apprezzare l'originale vigneto sulle superfici erbose in pendio. I polmoni si riempiono d'aria mite e lo sguardo vaga all'orizzonte. La visita è finita, ma nascono i propositi. Chissà cosa ne scaturirà. Di sicuro, l'idea che questo museo sia un luogo, un orto, in cui tornare per imparare ancora.</div>
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<br /></div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjnzBAhyphenhyphen8L2vq6v7EH1nYhw3dr7kKei5LQ7gEmxadUROsB0gv1KJMANcPGM_NxbmHBF1SDymgk86Oiz2-Ua4iMbkYHTsvz0pevCjNDGMuE9NcVNrtQeBODuHj3Q2kcFGRdn6F16kYS6YTU/s1600/19.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="640" data-original-width="960" height="266" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjnzBAhyphenhyphen8L2vq6v7EH1nYhw3dr7kKei5LQ7gEmxadUROsB0gv1KJMANcPGM_NxbmHBF1SDymgk86Oiz2-Ua4iMbkYHTsvz0pevCjNDGMuE9NcVNrtQeBODuHj3Q2kcFGRdn6F16kYS6YTU/s400/19.jpg" width="400" /></a></div>
<br />
<div style="text-align: center;">
***NOTE AL TESTO***</div>
<span style="text-align: center;"><br /></span>
<br />
<div class="MsoNormal">
(1) “Oltre alla sua funzione primaria di produrre cibo e fibre,
l’agricoltura può anche disegnare il paesaggio, proteggere l’ambiente e il
territorio e conservare la biodiversità, gestire in maniera sostenibile le
risorse, contribuire alla sopravvivenza socio-economica delle aree rurali,
garantire la sicurezza alimentare. Quando l’agricoltura aggiunge al suo ruolo
primario una o più di queste funzioni può essere definita multifunzionale.”
(Oecd 2001).<br />
<br />
(2) La pratica dell'innesto consiste nell'unire parti di due piante a formare un unico individuo funzionale. Una delle due piante, detta <i>nesto</i>, fornisce la parte che si sviluppa in altezza dà origine ai frutti. L'altra, detta <i>portinnesto</i>, dà luogo ad una parte del fusto e alle radici. Alcuni portinnesti, detti <i>nanizzanti</i>, riducono l'accrescimento del nesto inducendo un nanismo che nell'agricoltura moderna è considerato vantaggioso per le semplificazioni e i risparmi dovuti alla ridotta dimensione della pianta.<br />
<br /></div>
</div>
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<br /></div>
<div style="text-align: center;">
***ALCUNE FOTOGRAFIE DI PARTICOLARI CHE MI HANNO COLPITO***</div>
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<br /></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi4TrAMia3jZOIzbH2n0BLFExIpeRadrS5vlI8FZRzZzmLaLQFkQXlF8bUquCsgwBOWP-UR0ZYTgvYMs24eyS0voMQjw-uzbws1afIQqnMJ9oqvBArnh2dLmUlq2w35IOWr71gWuIOe4v8/s1600/DSC_0577.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="683" data-original-width="1024" height="266" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi4TrAMia3jZOIzbH2n0BLFExIpeRadrS5vlI8FZRzZzmLaLQFkQXlF8bUquCsgwBOWP-UR0ZYTgvYMs24eyS0voMQjw-uzbws1afIQqnMJ9oqvBArnh2dLmUlq2w35IOWr71gWuIOe4v8/s400/DSC_0577.jpg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Comunicare 1 - bacheca esplicativa</td></tr>
</tbody></table>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhShlQ68XZKv_LIqE82rCkwppJXRsEPXn88qyyYrpGHS32RRw1YZCEk1YTIC8xt4zM5wZkDMMOmz1Da_9nih_n74ZEOFAmDZKaYj15yf5dC-P5dvMZT79wq1pxmYbBPRkLPUTKl710cy5Y/s1600/DSC_0432.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="683" data-original-width="1024" height="266" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhShlQ68XZKv_LIqE82rCkwppJXRsEPXn88qyyYrpGHS32RRw1YZCEk1YTIC8xt4zM5wZkDMMOmz1Da_9nih_n74ZEOFAmDZKaYj15yf5dC-P5dvMZT79wq1pxmYbBPRkLPUTKl710cy5Y/s400/DSC_0432.jpg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Comunicare 2 - cartello esplicativo</td></tr>
</tbody></table>
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjHsD_6SGU4re67_Tiy1KxBJPxTMDW6U7yaNYXzBmH6_fpSc-xYL1wfpI0RwXCwCLURO3AN1ZXqptxz8zVQekb-Bf9-hZSYzZaX22dSFbJSaFHywy8HShQ2jYeNCtYiSSuHc4YMm2jqu7M/s1600/DSC_0662.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="683" data-original-width="1024" height="266" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjHsD_6SGU4re67_Tiy1KxBJPxTMDW6U7yaNYXzBmH6_fpSc-xYL1wfpI0RwXCwCLURO3AN1ZXqptxz8zVQekb-Bf9-hZSYzZaX22dSFbJSaFHywy8HShQ2jYeNCtYiSSuHc4YMm2jqu7M/s400/DSC_0662.jpg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Comunicare 3 - cartello esplicativo</td></tr>
</tbody></table>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjJEd943IIZw9csmG-xHnSPt-P8UBELwx2VxvD6oXgftRRu9SwXGLGNtUN3GuWQ7Xbx8GxkQv_kADVnsXNZveDwfWA7U3r0tYbYBCK-hAGjtdVzSjtgtlmUFizAIBfOVMB-0TwyGneBGf8/s1600/DSC_0666.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1024" data-original-width="683" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjJEd943IIZw9csmG-xHnSPt-P8UBELwx2VxvD6oXgftRRu9SwXGLGNtUN3GuWQ7Xbx8GxkQv_kADVnsXNZveDwfWA7U3r0tYbYBCK-hAGjtdVzSjtgtlmUFizAIBfOVMB-0TwyGneBGf8/s400/DSC_0666.jpg" width="266" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Comunicare 4 - cartello esplicativo multilingue girevole</td></tr>
</tbody></table>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhujmMS17jp6VsqMoLt9l76z-BYgWiALyiziTbRdct0h3xzUFIwAkh8gPKEgDnwKkr-e2E-P9L8CjjlLiJZFm2Rg_YU37QAKICzGVJhj87s302YL_I9f1d0wl9dqZDWETt7of7nl4y3Ccg/s1600/DSC_0665.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1024" data-original-width="683" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhujmMS17jp6VsqMoLt9l76z-BYgWiALyiziTbRdct0h3xzUFIwAkh8gPKEgDnwKkr-e2E-P9L8CjjlLiJZFm2Rg_YU37QAKICzGVJhj87s302YL_I9f1d0wl9dqZDWETt7of7nl4y3Ccg/s400/DSC_0665.jpg" width="266" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Comunicare 5 - cartello esplicativo multilingue girevole</td></tr>
</tbody></table>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiNvJQFSl1HZmVOmvUB1Iwg_HSxvVkLv8_r9CGU-QGIrVUMIu_BYiS_lrCKH0jDoCqzOWA028m6lqmU6S0NcVE-KwbiwckcmvSBHOUT5RCBetLIm_OX3bYxOyhyFUPSGBPRYRvJ5AebMME/s1600/DSC_0684.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1024" data-original-width="683" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiNvJQFSl1HZmVOmvUB1Iwg_HSxvVkLv8_r9CGU-QGIrVUMIu_BYiS_lrCKH0jDoCqzOWA028m6lqmU6S0NcVE-KwbiwckcmvSBHOUT5RCBetLIm_OX3bYxOyhyFUPSGBPRYRvJ5AebMME/s400/DSC_0684.jpg" width="266" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Comunicare 6 - cartello descrittivo delle forme di allevamento</td></tr>
</tbody></table>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhwACbEhqjbWsLQp6Teobo9_Iwn6pxlSwRGjrmPOzgEeOGGqBJAYxNH3km5NN5X7eelrG7dHMY4J28iaTzUAYhIU3RGaAPmr5UANIwPp3ECUCM0al5RD3g2MxD8S1VJ2cpfcmKrf09cw-k/s1600/DSC_0487.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1024" data-original-width="683" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhwACbEhqjbWsLQp6Teobo9_Iwn6pxlSwRGjrmPOzgEeOGGqBJAYxNH3km5NN5X7eelrG7dHMY4J28iaTzUAYhIU3RGaAPmr5UANIwPp3ECUCM0al5RD3g2MxD8S1VJ2cpfcmKrf09cw-k/s400/DSC_0487.jpg" width="266" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Bottiglia entro cui viene fatto crescere un frutto.<br />
L'imbiancatura serve per evitare danni da calore al frutto.</td></tr>
</tbody></table>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEic502Knh39QghqN4NVyCT3UbDuvMiGyrfKMSop0evLxA94T479HFsJ9ad3mODgyPPpJg8FdEgTF8PjVWbIs5PXVbsaRtrNGN56t_rEFmuVobS4TztAMwE5fnDVOfOQsZ0cvXQ7J4vKvkw/s1600/DSC_0670.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1024" data-original-width="683" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEic502Knh39QghqN4NVyCT3UbDuvMiGyrfKMSop0evLxA94T479HFsJ9ad3mODgyPPpJg8FdEgTF8PjVWbIs5PXVbsaRtrNGN56t_rEFmuVobS4TztAMwE5fnDVOfOQsZ0cvXQ7J4vKvkw/s400/DSC_0670.jpg" width="266" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Punto di innesto di melo allevato su portinnesto nanizzante</td></tr>
</tbody></table>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEifx_KiwAfiZr1WfB7vN39OJNGfmGvAPCanNGidwzOC5NWMcL9RCnMlUhnb0K2_Ll8CIw8ppS6bnasOsoHyXeR6hX0qj5lYt1dOhRj6F3CY9_CxIUlZ-Gp9es7vkLGUVxzNBEuNDUpzPWU/s1600/DSC_0521.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="683" data-original-width="1024" height="266" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEifx_KiwAfiZr1WfB7vN39OJNGfmGvAPCanNGidwzOC5NWMcL9RCnMlUhnb0K2_Ll8CIw8ppS6bnasOsoHyXeR6hX0qj5lYt1dOhRj6F3CY9_CxIUlZ-Gp9es7vkLGUVxzNBEuNDUpzPWU/s400/DSC_0521.jpg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Alcune piante suscettibili di malattie fungine sono coperte<br />
per evitare le bagnature di rugiada e pioggia.</td></tr>
</tbody></table>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiJ2RK4nZ_7dwL5dwzAxvoaIw-fDgK3IxmC02weOpduIfrxKojf44Sm1gzaSDlUhP_mPay7vkhrhkM8J3b76nAL-IHhbyqtox3HFPqKzjo8flUifp7ThcRJys2yAtmV5Mt9k9zznaWd-FA/s1600/DSC_0611.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="683" data-original-width="1024" height="266" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiJ2RK4nZ_7dwL5dwzAxvoaIw-fDgK3IxmC02weOpduIfrxKojf44Sm1gzaSDlUhP_mPay7vkhrhkM8J3b76nAL-IHhbyqtox3HFPqKzjo8flUifp7ThcRJys2yAtmV5Mt9k9zznaWd-FA/s400/DSC_0611.jpg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Protezione alla base degli alberi da frutto</td></tr>
</tbody></table>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEinwEwo97qk3zAZPukNp3m_8EF1AebDIU_6YGAI5Bh1f2G-1FZ04Z6JjevSkHNWn_WWNa2vsB23LYu8tNDOTAy57cMw0kk8f5wpnxD7g7T86fJmzW-mClJcNPvrd-oizoIz44b_sota-tw/s1600/DSC_0673.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1024" data-original-width="683" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEinwEwo97qk3zAZPukNp3m_8EF1AebDIU_6YGAI5Bh1f2G-1FZ04Z6JjevSkHNWn_WWNa2vsB23LYu8tNDOTAy57cMw0kk8f5wpnxD7g7T86fJmzW-mClJcNPvrd-oizoIz44b_sota-tw/s400/DSC_0673.jpg" width="266" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Terreno lavorato alla base degli alberi da frutto</td></tr>
</tbody></table>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhNHtqG-v_q94Uk2CQspsYeiAtHy3hQpw-vBJRlMNgWken90tdZCaKD59_KDdu81h9LlYw5fOVhOprwcJrlHzpPjQe4-2yFUyqbog6S5MFzy14AZ2DUeTp4KrGWU78ZD9HgL5k2GPp70NM/s1600/DSC_0589.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="683" data-original-width="1024" height="266" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhNHtqG-v_q94Uk2CQspsYeiAtHy3hQpw-vBJRlMNgWken90tdZCaKD59_KDdu81h9LlYw5fOVhOprwcJrlHzpPjQe4-2yFUyqbog6S5MFzy14AZ2DUeTp4KrGWU78ZD9HgL5k2GPp70NM/s400/DSC_0589.jpg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Protezioni contro gli uccelli per le piante a bacca piccola</td></tr>
</tbody></table>
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiZWamICI4836IOsvJVshWXdRZmDKCKbAnrH0ybjUs91dVWZROaV8ae1pDYLXXOsE3pt7LA45jsq7lnDASKqI4a5FLggn9xX4hNZIYVqWdvlAjlq9cCxdxZruMt1Hdl_uhGPV-P1G-HNFY/s1600/DSC_0693.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="683" data-original-width="1024" height="266" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiZWamICI4836IOsvJVshWXdRZmDKCKbAnrH0ybjUs91dVWZROaV8ae1pDYLXXOsE3pt7LA45jsq7lnDASKqI4a5FLggn9xX4hNZIYVqWdvlAjlq9cCxdxZruMt1Hdl_uhGPV-P1G-HNFY/s400/DSC_0693.jpg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Oblò con bacheca esplicativa che consente di affacciarsi<br />
sullo spazio che ospita le arnie (irraggiungibili dal pubblico)</td></tr>
</tbody></table>
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
Emilio Bertoncinihttp://www.blogger.com/profile/01203336544196143315noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1754300467097680827.post-16602269670667533632019-04-28T19:03:00.001+02:002019-04-29T19:46:24.257+02:00Una luce che brilla negli occhi<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiE5nTzCthyA8XT5gijOcr53QHcCtb1mKYk_Mi1yytJfYEgAIqGwMcx4DhaUoNoZpFrd0nWHowr4rsaLjnf3xi5cUo_bVWobAgvDGC-3Ya5dez2Aa0Bpsl1dUh0cf7FtRW5QImGiRu2tN4/s1600/ifp1.jpeg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="346" data-original-width="461" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiE5nTzCthyA8XT5gijOcr53QHcCtb1mKYk_Mi1yytJfYEgAIqGwMcx4DhaUoNoZpFrd0nWHowr4rsaLjnf3xi5cUo_bVWobAgvDGC-3Ya5dez2Aa0Bpsl1dUh0cf7FtRW5QImGiRu2tN4/s320/ifp1.jpeg" width="320" /></a></div>
Lavoro nel mondo della formazione professionale da quando lavoro. Anzi, il mio primo vero incarico è stato proprio relativo ad un corso di formazione. Eravamo negli anni '90, sul finire, e io dovevo ancora mettere in atto tutti gli errori possibili per un formatore. Giuro che ci misi un grande impegno e riuscii a portarmi avanti su questa strada. Per correggere il tiro o, almeno, per stare lungo il sentiero migliore, nel tempo ho partecipato a varie iniziative in cui a formarsi, nella qualità di formatore, ero io. Tra queste un bellissimo corso organizzato da ARSIA e Kiosco nel lontano 2002. Gli obiettivi del corso, formare <i>tecnici addetti al tutoraggio degli imprenditori agricoli</i>, andarono completamente falliti, anche perché non fu mai attivata la misura del Piano di Sviluppo Rurale che avrebbe dovuto finanziare l'uso dei tutor, ma <i>da quelle 80 ore io uscii<b> tras-formato</b></i>.<br />
<br />
In particolare, portai con me molti strumenti inerenti la comunicazione tra formatore e aula, intesa come gruppo di persone che hai davanti. Quegli apprendimenti hanno modificato il mio modo di impostare una relazione con chiunque. Ancora più importante, però, fu un altro concetto, cioè quello secondo cui <span style="color: #6aa84f;"><b>l'obiettivo della formazione è cambiare i comportamenti</b> </span>di chi segue il corso. Cito questa cosa all'inizio di quasi tutte le mie docenze e per farlo uso un esempio chiarificatore, anche se non mi coinvolge direttamente, cioè il seguente: se alla fine di un corso sulla sicurezza sentiamo il bisogno intimo di agire riducendo il rischio, per esempio non riusciamo a <u>non</u> indossare i dispositivi di protezione individuale (d.p.i.), il corso ci ha formati; se, viceversa, sappiamo cosa dovremmo fare, per esempio indossare i d.p.i., ma non lo facciamo, il corso ci ha solo istruiti. Per dirla più direttamente, il corso è stato un fallimento, come spesso accade per questo tipo di corsi.<br />
Senza che questo mi riesca sempre e a costo di risultare impopolare e finanche antipatico, il mio tentativo è sempre questo: <b><u><span style="color: blue;">cambiare i comportamenti di chi partecipa ai corsi in cui sono docente</span></u></b>.<br />
<br />
Quel corso disse anche qualcosa di diverso:<b> i miei occhi si illuminavano e io vivevo di entusiasmo</b> <b>e partecipazione </b>in certi momenti, mentre arrivavo a sbadigliare in altri. Fu così che decisi che, da formatore, avrei sempre cercato di carpire negli occhi di chi mi sta di fronte quella scintilla. Devo ammettere che capita davvero raramente, soprattutto perché non è facile essere all'altezza come docente e perché molte persone partecipano ai corsi senza motivazione (vogliamo parlare dello spirito con cui si affronta la "formazione obbligatoria"?) o nella convinzione di sapere già tutto sull'argomento (vogliamo parlare della nostra presunzione quando facciamo un corso obbligatorio?).<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgIFPg4e7EAxDEh-BNAXee1IiBFYPI96IrG4dnBW8PJ8RSepvaXHtzaVdGQoMfDcBxD3pd6zAnQXnKUW9MC1SgAaCjvbRQRG32Auol51j4n5HDddy7MDCT4Dyh7SNb7JWEQxuiYoo-xnuA/s1600/49465008_2011208035634867_1064689871186034688_n.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="720" data-original-width="960" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgIFPg4e7EAxDEh-BNAXee1IiBFYPI96IrG4dnBW8PJ8RSepvaXHtzaVdGQoMfDcBxD3pd6zAnQXnKUW9MC1SgAaCjvbRQRG32Auol51j4n5HDddy7MDCT4Dyh7SNb7JWEQxuiYoo-xnuA/s320/49465008_2011208035634867_1064689871186034688_n.jpg" width="320" /></a></div>
Negli oltre 20 anni in cui ho svolto docenze ho toccato gli argomenti più disparati (vorrei dire anche "disperati"), spesso su contenuti standard decisi da terzi, dal legislatore al progettista annoiato che fa copia - incolla da un corso all'altro. Fortunatamente,<i> negli ultimi anni godo del privilegio di lavorare come formatore in corsi in cui porto le mie esperienze nel mondo dell'educazione</i>. Spesso si tratta di corsi in cui ho la possibilità di progettare ed agire esattamente come voglio. A volte ne sono anche il venditore, altre mi è riconosciuta l'autorevolezza dell'esperto e mi si dà carta bianca. Si tratta di un privilegio che ha il suo prezzo, naturalmente, e ogni errore brucia esattamente come la peggiore delle escoriazioni. C'è, però, l'ebbrezza del cavalcare l'imprevedibilità che si sovrappone alle tue scelte, ai tuoi progetti, alle tue idee. E c'è lo sguardo di chi ti sta davanti con o senza la scintilla.<b> E' una delle parti più belle del mio lavoro</b>. Fanno eccezione i momenti in cui lavoro con i bambini, soprattutto con quelli del nido. Con loro a tutto questo si aggiunge <b><span style="color: #6aa84f;">lo stupore dell'esperienza prima e unica </span></b>(fino a quel momento) di quegli esseri che <a href="http://ilblog.circololettori.it/2016/10/13/ringraziare-poesia-mariangela-gualtieri/" target="_blank">Mariangela Gualtieri</a> definisce <i><b>nostre divinità domestiche</b></i>. Quei momenti sono insuperabili e possono essere disturbati solo dagli adulti presenti.<br />
<br />
Ci sono casi in cui la committenza, nel caso specifico di cui parlo il Comune di Prato (PO) per il tramite di <a href="http://www.cemeatoscana.org/" target="_blank">Cemea Toscana</a>, si fida fin troppo di me e, dopo la fortuna di un primo corso sul tema degli <b>orti e giardini educativi</b>, mi chiede di fare una nuova proposta per la formazione delle educatrici e degli educatori dei servizi privati. Io decido così di avventurarmi fuori dall'orto e dal tema del coltivare in chiave educativa e vado <b>oltre la soglia</b>, cercando di realizzare un corso capace di mostrare le <b><span style="color: #6aa84f;">opportunità educative offerte dalla natura e dai suoi materiali</span></b>. Si sa come vanno certe cose: in fase di progettazione uso espressioni come <i>outdoor education</i>, <i>magazzino creativo</i>, <i>atelier diffuso </i>e <i>biblioteca oggettuale</i>. In quel momento, le prendo in prestito da autori di libri come "<a href="https://www.francoangeli.it/Ricerca/scheda_libro.aspx?Id=23081" target="_blank">Fuori</a>", "<a href="http://www.edizionijunior.com/schedalibro.asp?ID=5096" target="_blank">Materie intelligenti</a>" e "<a href="http://www.edizionijunior.com/schedalibro.asp?ID=5019" target="_blank">Outdoor education</a>". Poi, nel tempo che intercorre tra la proposta e la realizzazione (di ben due edizioni parallele!) la testa ci lavora su e rielabora, adatta e plasma tanto quelle parole, quanto i modi in cui dare sostanza e sviluppo ai buoni propositi progettuali. Fortuna vuole che nelle settimane precedenti l'inizio del corso mi passi per la testa di visitare una mostra e vedere un film.<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiPcJEXaUG-8NLnoMKY_SH3lw5reDtaOdcD6cSdnrgFeMGvbuAvCrlLzLXUeCi8c3pX3MmiblsLb_fGboiZVJR5_YgNPUDThlnXxrcskubVR6PHbqnThcdFD9Xt5_jq5Jn2k1A6XNZf55Q/s1600/IMG_20181209_135745.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="768" data-original-width="1024" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiPcJEXaUG-8NLnoMKY_SH3lw5reDtaOdcD6cSdnrgFeMGvbuAvCrlLzLXUeCi8c3pX3MmiblsLb_fGboiZVJR5_YgNPUDThlnXxrcskubVR6PHbqnThcdFD9Xt5_jq5Jn2k1A6XNZf55Q/s320/IMG_20181209_135745.jpg" width="320" /></a></div>
La prima è dedicata allo street artist Banksy è mi porta a proporre una provocazione educativa mutuata da una sua celebre frase, che è questa: "<b>Molti genitori sarebbero disposti a fare qualsiasi cosa per il loro figli, tranne lasciarli essere se stessi</b>". Io la trasformo in "<b><span style="color: #6aa84f;">molte delle persone che lavorano in educazione sarebbero disposte a fare qualsiasi cosa per i bambini con cui lavorano, tranne lasciare che apprendano ciò che vorrebbero</span></b>". La provocazione mi serve per spostare il soggetto dell'agire educativo, almeno in alcuni frangenti e in relazione ai materiali naturali, dall'adulto al bambino, pur con tutte le implicazioni organizzative e di altro ordine che ne derivano.<br />
<br />
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi_bKDKvtagwKqEfJ0kt_vhERdESt7DMWonqb7CvIzeuYjBEMoil3AQt-AcmQm34EBHIh-9w5SNm5dRagbQHnKdVorpyPGg8gX9XrJ7SqN_AyMMGxuy5s1nlibUdsCJLLCZrGHOYlQs_Cg/s1600/gauguin.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="493" data-original-width="880" height="179" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi_bKDKvtagwKqEfJ0kt_vhERdESt7DMWonqb7CvIzeuYjBEMoil3AQt-AcmQm34EBHIh-9w5SNm5dRagbQHnKdVorpyPGg8gX9XrJ7SqN_AyMMGxuy5s1nlibUdsCJLLCZrGHOYlQs_Cg/s320/gauguin.jpg" width="320" /></a></div>
L'altro incontro fortunato è quello con un dialogo tra Gauguin e Van Gogh nel film "<a href="https://www.mymovies.it/film/2018/at-eternitys-gate/" target="_blank">Sulle soglie dell'eternità</a>" dedicato alla vita del secondo. In quel dialogo Gauguin risolve, almeno in parte e in via funzionale, una domanda che mi attanaglia da anni quando mi confronto, da persona con una formazione scientifica e agronomica quale sono, con il mondo educativo. Quest'ultimo vede natura laddove io vedo l'artificio prodotto dall'uomo sulla o con la natura. E io vedo natura dove quel mondo non la vede. Ecco che con "<b><span style="color: blue;">senza i nostri occhi non esiste natura e nessuno vede il mondo allo stesso modo</span></b>" Paul Gauguin mi dà un buon strumento per presentarmi davanti alle educatrici iscritte ai corsi e dir loro "la natura è una cosa diversa per ciascuno di noi". Se è chiaro questo, non esiste equivoco sulla naturalità di spazi e materiali e possiamo andare avanti.<br />
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Non rimane che fare delle proposte concrete, ma fin dalla prima lezione non sono certo che la formula possa funzionare. Del resto, non l'ho mai collaudata. In una vita attraversata dal rischio e caratterizzata solo dalla certezza della sua fine, almeno per come la definiamo molti di noi esseri terreni, non mi rimane che rischiare.<br />
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Il primo incontro, oltre all'introduzione, verte sui concetti appena espressi e guida le partecipanti fuori dalla struttura che ci ospita, prima in giardino, poi verso i parchi urbani vicini e nel fiume Bisenzio. L'obiettivo, svelato col contagocce, è raccogliere materiali naturali e farne una collezione, forse un piccolo museo, da mostrare e raccontare agli altri. La mattinata è evidentemente piacevole, ma gli occhi non brillano. E' un copione che va in scena in entrambe le edizioni del corso. E' chiaro che quel mio lasciare delle cose in sospeso, come l'obiettivo finale, dopo le provocazioni descritte in precedenza crea aspettativa, ma questa sta andando delusa. Credo che nel calcio si parli di <i>zona Cesarini</i> e per me sono davvero gli ultimi minuti dell'incontro a risultare decisivi: all'improvviso, mentre raccontiamo quelle raccolte di materiali materiali che esponiamo in modi che io ho appreso da <a href="https://www.behance.net/user/?username=saravincet90f0" target="_blank">Sara Vincetti</a> nel mondo di <a href="https://www.bambinienatura.it/" target="_blank">Bambini e Natura</a>, succede qualcosa.<br />
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La maggior parte degli occhi iniziano a brillare perché, oltre a suggerire delle modalità operative inusuali e a dare uno sguardo diverso su quelle mani, secchiellini e tasche piene di materiali naturali prodotte dai bambini, emerge il potere degli oggetti di natura nel fissare ricordi dell'infanzia nella mente adulta. <i>La maggior parte delle educatrici non riesce a dissociare ciò che ha raccolto dai ricordi d'infanzia o della propria vita.</i> Emergono i volti dei nonni, degli amici, dei genitori da giovani, del vicino di casa e così via. Ecco che<b> i materiali naturali divengono mediatori nel generare ricordi</b> e la funzione dell'educatrice viene nobilitata nel proprio agire. <i>Gli occhi che brillano producono un effetto che stravolgerà il corso</i>: io, il docente, scopro che vale la pena di osare di più e il power point preparato con tanto impegno vola via per tornare solo in occasione dell'ultimo incontro, ma stampato su carta e usato per sottolineare i momenti topici di una mattinata di formazione in cammino.<br />
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Nel mezzo <a href="https://www.facebook.com/822142311259290/photos/?tab=album&album_id=1348077581999091" target="_blank">accade di tutto</a>: si collezionano materiali, si scavano buche per ospitarli, nascono montagnole, si dà vita a isole ortive e <a href="https://www.facebook.com/pg/bertonciniemilio/photos/?tab=album&album_id=1361751933964989" target="_blank">così via</a>. Gli occhi continuano a brillare fino alla fine e io capisco che sto vivendo <b>uno di quei corsi in cui a formarsi è (anche) il formatore</b>, ma c'è una mattinata che, in entrambi i corsi, produce qualcosa di davvero speciale. Cogliendo la disponibilità del <i>coordinamento pedagogico del Comune di Prato</i>, decido di svolgere una delle mattinate di formazione nel Parco di Galceti, un parco molto speciale alle porte della città. Alla base della mattinata ci sono due o tre idee. La prima è quella che <i>fuori, oltre la soglia, si può fare anche quello che per tradizione e abitudine si fa dentro,</i> basta accogliere l'imprevedibilità e imparare a stare fuori, togliere questa esperienza dallo straordinario per portarla nel quotidiano. La seconda è quella che <i>per stare bene fuori è necessario organizzarsi un po'</i>. La terza è che <i>i luoghi di natura hanno una propria attitudine a guidarci nel da farsi</i>. La scommessa è grande e fare queste cose in gennaio e febbraio alza decisamente l'asticella della sfida. Tuttavia, per entrambi i corsi, le mattinate sono soleggiate e tiepide, addirittura più calde di quanto previsto dai vari servizi meteo.<br />
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La mattinata inizia camminando per il parco in cerca di materiali naturali. Ci sono, però, delle prescrizioni. Per esempio, devono stare all'interno di una scatola da scarpe che le partecipanti hanno portato con sé e, alla fine, non potranno essere più di dieci. Serviranno poi nelle successive lezioni. Salendo sulla collina si raggiunge una sorta di anfiteatro pietroso e disordinato. E' un luogo che invita a sedersi chi, come noi, va li per fare delle letture condivise, ma che per alcuni potrebbe costituire una perfetta latrina. A noi accade di nobilitarne l'uso. Alla <i>richiesta di portare delle cose da leggere ad alta voce</i>, infatti, la risposta è meravigliosa e persone che a malapena si conoscono leggono cose che le investono anche sul piano personale. Questa volta non tutti gli occhi luccicano perché molti lacrimano. Succede per due volte, in entrambe le edizioni del corso. Io sono stupefatto e incredulo. Avevo trovato quel luogo durante un fugace sopralluogo e, proprio lì, avevo sentito l'impulso della lettura. Così era nata l'idea. Quello che è successo ha lasciato un segno in molti dei presenti.<br />
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Non basta: si sale un po' fino a raggiungere un luogo da cui si vede la città viva e pulsante che stride con la morte che ha portato via la pineta. Siamo in un vero e proprio cimitero degli alberi che sembra esser stato bombardato da una pioggia di pietre di varie dimensioni. E' lì che dal mio zaino escono biscotti e un thermos di tè caldo. Gli occhi si illuminano di nuovo, ma questa volta è semplice gratitudine che io accompagno dicendo che "per star fuori basta organizzarsi". I sorrisi mi ripagano.<br />
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Arriva, quindi, l'invito ad agire: i materiali disponibili in loco diventano oggetti per realizzare un'installazione, un gioco o lanciare un messaggio. I luoghi sanno fare grandi cose e così accadono fatti abbastanza speciali. C'è chi si trova inventore dell'aratro mentre trasporta un grande pezzo di legno, chi evoca episodi legati alle religioni, chi fa apparire animali moderni e preistorici. Soprattutto, nessuno si tira indietro e gli occhi continuano a brillare.<br />
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Il rientro a valle si divide tra silenzi di riflessione e considerazioni su ciò che è accaduto e non ci sono più un docente e delle educatrici (e un educatore!), ma persone che dialogano sulla relazione con i luoghi, sull'unicità di alcune esperienze e sui modi nuovi di agire sia nella vita privata, sia in quella educativa.<br />
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Dopo i saluti faccio caso ai miei occhi: brillano e io da quel momento non sarò più lo stesso nel fare formazione, almeno su quei temi.<br />
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<br />Emilio Bertoncinihttp://www.blogger.com/profile/01203336544196143315noreply@blogger.com0