Ci sono cose che vorresti dire senza trovare il modo giusto per comunicarle. Poi un'amica e collega una mattina condivide sui social network proprio quello che avevi in testa e... decidi di pubblicare una bella riflessione di Roberta Papi, guida ambientale, consulente e formatrice. Pubblico la sua riflessione perché, pur imperniata sui temi della prevenzione dei rischi, è adatta ad un mondo nel quale mi muovo da anni: quello della formazione.
Buona lettura!
Il concetto che vorrei esplicitare in
questo breve articolo è tutto compreso nel titolo : il ruolo della
formazione nel sistema della prevenzione. Ogni parola ha un peso specifico
all’interno della frase, senza la quale la frase stessa non ha
senso, nella forma e nei contenuti.
Partiamo dalla parola ruolo. Alla
formazione bisogna chiedere ciò che può dare: non può risolvere
carenze strutturali, ne' può sostituire strumenti idonei al lavoro,
funzionanti e in perfetta efficienza. La formazione sull’utilizzo
degli strumenti di lavoro acquisisce senso e sostanza se quest’ultimi
sono adeguati e rispondenti ai requisiti su cui bisogna informare e
poi addestrare. Ciò significa che la formazione è inutile? No:
significa che funziona a patto che occupi la giusta casella e se è
preceduta e seguita da atti che la rendano generatrice di gesti e
comportamenti concretamente attivabili.
Passiamo poi alla parola formazione. Un
rappresentante dei lavoratori del comparto artigianato ci dice che
“la formazione è intesa dai lavoratori come spiegazione
sull’utilizzo dei dispositivi di protezione individuale e come
informazione sui rischi specifici del luogo di lavoro, e, quando non
è così, è vissuta come tempo perso”.
Ciò significa che le ore in aula
debbano essere ridotte ad illustrazione di meccanismi causa-effetto?
Ovviamente no, ma chi si occupa di formazione non può far cadere nel
nulla questa sollecitazione. Evidentemente dobbiamo meglio far
emergere le relazioni, dobbiamo meglio legare i concetti alla prassi
e soprattutto dobbiamo far vedere sempre i risultati pratici di ciò
che diciamo, compreso chi, come me, lavora su tematiche trasversali.
E’ Gianni, rappresentate dei
lavoratori in una azienda strutturata e con oltre 100 addetti, a
dirci che “negli anni con l’avanzare della crisi economica, anche
i lavoratori hanno perso interesse verso le tematiche della salute e
della prevenzione, a favore della garanzia e sicurezza del posto di
lavoro. La formazione, di conseguenza, è vissuta, a volte, come cosa
secondaria”.
Stimolo assolutamente interessante e da
cogliere. Forse proprio perché siamo ormai dentro una crisi
economica che non vede uscita, la formazione fatta ai lavoratori
merita meno riferimenti agli articoli di legge e più riferimenti
alle situazioni in cui il sistema della prevenzione inizia a cedere,
spiegando il come ed il perché. E già il sentirlo e percepirlo come
argomento secondario appare la prima premessa utile all’insinuarsi
di comportamenti scorretti o più semplicemente all’aumentare di
errori umani nello svolgimento delle mansioni. La letteratura sul
tema è ricchissima di esempi. E’ proprio quando si inizia a
istillare il dubbio che se ne può fare a meno che l’azione
formativa va stimolata e rafforzata, proprio come strumento e azione
preventiva.
Arriviamo alla parola sistema. A
introdurci l’argomento è Marco, responsabile di sito di una
multinazionale del settore energetico. Marco ci racconta che “nessun
lavoratore e/o contrattista della nostra azienda si azzarderebbe mai
a salire su una scala con altezza superiore ad un metro e mezzo senza
la dovuta informazione e gli specifici DPI o il dovuto aggiornamento
e - aggiunge - ovviamente questo è solo un esempio per dire che il
nostro è un lavoro ad alto rischio intrinseco e come tale
l’attenzione alla sicurezza è argomento prioritario e condizione
necessaria anche solo per accedere al sito”
Marco ci offre davvero molti spunti.
Intanto ha chiarito con un esempio la parola sistema. Ogni
lavoratore, indipendentemente dal suo inquadramento contrattuale e
ruolo nell’organigramma, sa che per svolgere una mansione,
strumenti, formazione ed addestramento sono collegati, e trasforma
questa consapevolezza in azione concreta e quotidiana. Aggiunge anche
che questo accade perché è un ambiente di lavoro classificato “ad
alto rischio”.
Ecco : la vera sfida è rendere
sistematico questo atteggiamento nel tempo, ed estenderlo anche nelle
aziende a rischio basso e medio, qualsiasi sia il numero di
lavoratori al suo interno. Sappiamo che tra le cause di infortuni c’è
l’approccio troppo confidente, distratto e ricco di automatismi,
alle situazioni di apparente “basso rischio”, o più
semplicemente di rischio per consuetudine non più avvertito come
tale.
Finiamo con la parola prevenzione. E’
Lucia, datrice di lavoro di una azienda del comparto manifatturiero,
a suggerirci un approccio: “ai miei collaboratori dico spesso di
fare tesoro di ciò che viene appreso in ambito formativo e di
portare quei concetti anche fuori dell’ambiente di lavoro”. Un
approccio interessante che vede la formazione come occasione per
sviluppare una forma mentis, un patrimonio da gestire anche fuori ed
oltre l’ambiente di lavoro. Quale maggiore e migliore stimolo per
noi che lavoriamo nel mondo della formazione? Ci viene offerta una
occasione per stimolare una rete di relazioni tra la propria visione
del mondo e la tutela della propria salute.
La formazione se è fatta bene e è
inserita in un sistema serve. Serve a tutti i portatori di interesse
all’interno dell’azienda, lavoratori e datori di lavoro
ovviamente per primi.
Un’ultima riflessione a questo punto
: la formazione deve essere fatta bene. Fortunatamente non è erogata
da volontari, ma da professionisti. Ciò significa che deve produrre
risultati in termini di conoscenze, competenze e consapevolezza per
cui si riceve lettera di incarico e conseguentemente si è
compensati. Se la formazione non produce il risultato dichiarato,
non dovrebbe essere pagata da coloro che ne usufruiscono. Esattamente
come non paghiamo un articolo mal confezionato o un cibo scaduto.
Se la formazione, come crediamo sia, fa
parte di un sistema complesso, articolato e interconnesso, ogni parte
in causa deve assumersi il suo pezzo di responsabilità e fare la sua
parte, altrimenti si perde la visione di insieme e i pezzi del puzzle
non solo non si incastrano ma rischiano di ostacolare la creazione
del disegno finale.
Roberta Papi
Contatti:
roberta.papi@yahoo.it
roberta.papi@yahoo.it
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