"Ciao, sono Anna Lisa e sono più socialista che social".
E' un torrido primo di luglio del 2024 e poche ore prima ho inviato un messaggio al numero di telefono che campeggia all'ingresso (chiuso) del Giardino dei Semplici di Pacentro, uno dei borghi più belli d'Italia e porta del Parco Nazionale della Majella, in provincia de L'Aquila. Quella che sta diventando un'amicizia per lo più a distanza è iniziata così nel bar posto all'ingresso del paese.
Spiego ad Anna Lisa chi sono e con una sua amica ci avviamo verso il Convento dei Frati Minori Osservanti, oltre la caserma dei Carabinieri e la scuola (oggi in parte trasferita in una nuova sede). So benissimo dove stiamo andando, ma davvero non riesco ad immaginare cosa sto per scoprire al di là del cancello e, soprattutto, del corpo di edificio che nasconde gran parte del Giardino. Seguo le mie due guide stupito, ma capace di qualche domanda che trova in Anna Lisa un fiume di risposte in piena. Mentre mi guardo attorno e scatto fotografie per un articolo che arriverà quasi un anno e mezzo dopo, lei mi racconta del progetto.
Tutto ha inizio nel giugno del 2020, mentre il nostro paese credeva di vedere la luce in fondo al tunnel del lockdown dovuto all'emergenza Covid-19. In un momento così delicato, quando la socialità era stata messa a dura prova per mesi, l'intento con cui prende il via il progetto è quello di "portare avanti una logica sociale e comunitaria all'interno di un'area pubblica". Così lo spazio pubblico che si apre tra il convento e la scuola, arricchito di questo importante intento, rinasce come giardino dei semplici. L'idea è antica e moderna al tempo stesso: situato presso conventi e monasteri, l'Hortus simplicium era il luogo in cui nel Medioevo venivano coltivate le erbe medicinali per la preparazione dei "semplici", cioè delle droghe grezze contenenti i principi curativi offerti dalla natura; oggi queste raccolte offrono tanto l'occasione di ri-scoprire le piante un tempo note alla stessa stregua dei farmaci moderni quanto quella di mantenere memoria di saperi e credenze che in pochi decenni sono scomparsi mentre il mondo diventava moderno. In un certo senso, il giardino conserva i medicamenti per la perdita di memoria collettiva che Anna Lisa cerca di contrastare con un costante esercizio didattico, divulgativo e culturale.
"Le piante del giardino, non imbrigliate all'interno di un progetto rigido, sono specie botaniche appartenenti a queste montagne e a queste genti, così da poter raccontare questo luogo attraverso la lente delle piante", mi dice Anna Lisa. Se è vero che ci sono spazi dedicati, aiuole costruite con materiali di recupero e pietrame del luogo, che permettono di riconoscere le piante sacre, quelle magiche, tintorie o vocate per la liquoristica (e tutte quelle che non ricordo), "nel giardino c'è un'alternanza di ordine e disordine, manifesto e non manifesto, semplice e complesso". Le prime piante sono arrivate da sole prima, durante e dopo la bonifica degli spazi, poi è iniziato un tentativo di incasellamento, di selezione tesa a creare le aree tematiche, di arricchimento di queste ultime, di accoglienza di ciò che via via è arrivato dall'esterno. "E' stato un dialogo", dirà Anna Lisa alla mia seconda visita, nel luglio del 2025, parlando con Silvia Mozzi, mia compagna e pedagogista che guarda con stupore a ciò che la natura ha da dare.
"L'intenzione non è tanto quella di riunire le piante per famiglie botaniche o utilizzi pratici, come potrebbe accadere in un orto botanico, ma quella di scrivere storie di erbe, di dee, sacerdotesse, guaritrici, streghe, popoli, pastori, conventi e monaci", dice ancora Anna Lisa. Come in un libro le parole tracciano una storia, nel giardino le piante funzionano come vocaboli e punteggiatura di nuove narrazioni, racconti a più chiavi di lettura. Proprio per questo il Giardino dei Semplici è uno spazio di divulgazione, di didattica e di cultura. E questa è anche la ragione per cui ci si può imbattere in Anna Lisa che, mentre lavora con un gruppo di bambini o racconta i segreti delle piante agli studenti o ai turisti del parco, cita Ovidio o racconta quello che spesso non sappiamo di Cleopatra. Non sarò certo io svelarti cosa c'entra questa grande donna dell'antichità col Giardino dei Semplici di Pacentro. Per questo ti consiglio di contattare Annalisa, ma di lei scriverò più avanti.
Se già nel biennio 2020/2021 il giardino è stato popolato da 120 specie, tra alberi e arbusti, oggi esso è ancora più ricco, ma la vera ricchezza è la rete di collaborazioni con altri giardini, enti, associazioni e, soprattutto, con le persone (nella foto a fianco Manfredo, custode dell'aglio di Sulmona incontrato ad un mercatino) e il territorio circostante, quella che quando entri in un bar e chiedi se conoscono chi coltiva il giardino potresti sentirti rispondere "Anna Lisa, ma quella è più socialista che social!". Credo si tratti di una forma di socialismo che si avvicina alla magia, quella che ti mette voglia di tornare più e più volte in quel giardino, per ascoltare storie nuove dal sapore antico, per sentirti Colin che ne Il giardino segreto dice: "Anche se non fosse una vera e propria magia, faremo finta che sia così. Perché là c'è di certo qualcosa!". Già, qualcosa di importante, che va ben oltre le piante che accoglie, qualcosa che ha a che fare con "quelle storie da cortile che facevano annoiare, ma che adesso sono aria buona pure da mangiare", con un'idea di comunità estesa dove davvero non si capisce se la voce narrante sia quella di Anna Lisa o di un territorio intero simbolicamente tradotto nel panorama di cui gode il giardino.
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Chi è veramente Anna Lisa, una socialista poco social? Può essere, ma possiamo conoscerla anche così:
Erborista, da oltre 35 anni si occupa di erbe e svolge attività di ricerca in etnobotanica ed ierobotanica, con particolare attenzione al ruolo della donna nella guarigione. Ha fatto diversi viaggi in centro-sud America incontrando donne medicina e frequentando istituti e centri che si occupano di utilizzo tradizionale delle erbe. E' coautrice di tre pubblicazioni sulle piante spontanee ed i loro utilizzi. Ha pubblicato diversi articoli in riviste settoriali riguardo la tradizione erboristica e ha partecipato a convegni e corsi di formazione in qualità di relatrice. Dopo aver gestito per 20 anni un negozio di erboristeria a Sulmona, ora raccoglie, cammina e racconta le erbe delle sue montagne.







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